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Doveva occuparsi dell'ospedale e oggi si occupa di migranti

Nata per assistere i pazienti del Civico, oggi la Fondazione Comunità Solidale gestisce migranti, laboratori scolastici, Emporio Solidale e progetti comunali. Con la delibera 255/2025 il Comune delega ancora, mentre i costi crescono e la missione originaria scompare.

Doveva occuparsi dell'ospedale e oggi si occupa di migranti

Elena Piastra

Con una delibera di Giunta dell’11 novembre 2025 si è ufficialmente riaperto il bando per l’Emporio Settimo Solidale, ridisegnando l’accesso al servizio per l’anno 2026. Un atto amministrativo apparentemente ordinario, un aggiornamento tecnico di un progetto nato nel 2022 e ormai diventato una parte stabile del welfare settimese. Ma, dietro il linguaggio neutro, riemerge l’ennesima conferma di un modello politico preciso: a Settimo Torinese il Comune continua ad affidare a una galassia di enti esterni ciò che altrove fa direttamente l’amministrazione.

La delibera stabilisce che il nuovo bando verrà pubblicato a novembre 2025, con ingresso dei beneficiari entro il primo quadrimestre 2026, quando scadrà il biennio dei nuclei entrati in precedenza. I posti restano 150, numero fisso e immodificabile. La partecipazione dura due anni, con possibilità di rinnovo per chi ha svolto solo una annualità. I requisiti vengono aggiornati: ISEE fino a 10.140 euro, nessun contatto con il Servizio Sociale oppure contatti da massimo cinque anni, un “evento critico” (perdita del lavoro, lutto, separazione, malattia, nascita di un figlio) e la disponibilità a seguire un progetto di autonomia.

Se le domande superano i posti disponibili, scatterà una graduatoria ferrea: prima nuclei monogenitoriali con figli minori, poi nuclei con minori sotto i 16 anni, poi tutti gli altri in ordine di ISEE. Alcuni beneficiari potranno ottenere una proroga eccezionale se il Servizio Sociale riterrà necessario completare il percorso. È sempre l’Unione Net a selezionare, valutare, decidere: dai colloqui all’assegnazione della card punti che consente la spesa gratuita all’Emporio.

Fin qui, carta e numeri.
Ma la parte realmente interessante di questa delibera è ciò che non dice. L’Emporio Solidale continua a essere gestito — come sempre — anche dalla Fondazione Comunità Solidale ETS, uno dei tanti enti esterni cui Settimo affida, pezzo dopo pezzo, funzioni che un tempo erano pienamente comunali. Insieme a Fondazione ECM per la cultura, Patrimonio Città di Settimo per strade, marciapiedi e cimitero, e SAT per le progettazioni, la Fondazione Comunità Solidale è un tassello di un sistema che cresce e si espande, assorbendo risorse e competenze che l’Ente non gestisce più in casa.

Ed è qui che arriva la domanda cruciale: cos’è oggi la Fondazione Comunità Solidale?
E soprattutto: che cosa avrebbe dovuto essere?

Per capirlo bisogna tornare alle origini. La Fondazione nasce nel 2012, dentro l’Ospedale Civico di Settimo Torinese, con una missione semplice e limpida: assistere i pazienti e le loro famiglie durante la degenza. Prossimità, cura, accompagnamento nelle corsie, supporto socio-sanitario durante momenti delicati. Un ruolo chiaro, un perimetro netto. Sullo sfondo, neppure troppo nascosto, l’obiettivo di garantirsi qualche sostegno attraverso il 5 per mille.

Poi è arrivata la sindaca Elena Piastra.
Ed è lì che la Fondazione è stata completamente destrutturata, indirizzata altrove, riplasmata fino a diventare ciò che, in politichese, si definisce “il sistema”.

Oggi di quella missione originaria non resta nulla.

La Fondazione non opera più in ospedale. Non entra più nelle stanze di degenza. Non lavora con i degenti. È diventata altro: una cabina di regia del sociale cittadino. Gestisce l’accoglienza SAI con 13 appartamenti e un’équipe multidisciplinare; organizza laboratori scolastici su razzismo, migrazioni, intercultura; porta avanti la Scuola dei Genitori per l’alfabetizzazione delle famiglie straniere; promuove iniziative simboliche come “Un albero, una vita”; coordina eventi, campagne, percorsi educativi. E naturalmente è uno dei cardini dell’Emporio Settimo Solidale.

Una trasformazione totale: da fondazione ospedaliera a gestore di funzioni comunali, in settori non sanitari e sempre più estesi.

E tutto questo ha un costo.
Non un costo marginale, ma un costo pesante.

Nel 2024, la Fondazione ha gestito:

  • 399.732 euro di costi per servizi,

  • 291.064 euro di costi del personale,

  • 34.798 euro di materie prime.

Oltre mezzo milione di euro.
Per un ente nato per i degenti del Civico.
Una struttura che impiega un direttore, un responsabile dell’Emporio, un’équipe SAI di dieci operatori, educatori, formatori, collaboratori. Un’organizzazione stabile, complessa, professionale.
A Settimo, fare beneficenza è diventato un lavoro.
Un lavoro strutturato. E un lavoro che costa.

Qui si colloca la riflessione più ampia: quante funzioni il Comune ha ormai delegato all’esterno?
E con quale disegno?
Con quali controlli?
Con quali garanzie di trasparenza, visione, coordinamento?

Settimo Torinese è oggi una città in cui quasi ogni ambito — cultura, manutenzione, rigenerazione urbana, servizi sociali, accoglienza — ha una fondazione, una partecipata o una cooperativa che se ne occupa. Una costellazione di soggetti che si sovrappongono, si intrecciano, ricevono fondi, progettano, gestiscono, sostituiscono il Comune in ampie porzioni dell'amministrazione della cosa pubblica.

E torniamo alla domanda di fondo.

Una fondazione nata per accompagnare i degenti dell’Ospedale Civico — un compito definito, puntuale, sanitario — doveva davvero trasformarsi in un soggetto che oggi gestisce l’integrazione dei migranti, l’alfabetizzazione scolastica, il supporto linguistico, l’empowerment genitoriale, l’educazione civica, i laboratori nelle scuole e la distribuzione alimentare?

Era questa la necessità del territorio?
Era inevitabile?
Era opportuno?

Forse sì.
Forse no.
Ma è impossibile non vedere la distanza enorme tra ciò che la Fondazione era e ciò che oggi è diventata.
Ed è ancora più difficile ignorare che, mentre quella distanza cresce, i soldi pubblici continuano ad alimentare una struttura che ha cambiato pelle, ruolo e missione.

E tutto questo avviene — silenziosamente — mentre una delibera dopo l’altra conferma un modello che ormai è il vero tratto distintivo del welfare settimese.

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