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“La strega di Putin” condannata a due anni

Dalla devozione a Putin al banco degli imputati. Il caso giudiziario che svela come la Russia di oggi definisce “estremismo” e “offesa ai sentimenti dei fedeli”.

“La strega di Putin” condannata a due anni

“La strega di Putin” condannata a due anni

Il metallo del pugnale rituale brilla per un istante tra i sacchi della polizia, accanto a teschi decorativi, pipistrelli mummificati e un piccolo altare smontato in fretta. È una scena da inventario sacro che diventa prova penale. Nella regione moscovita, la presunta “strega di Putin” — la celebre occultista Alyona Polyn, all’anagrafe Elena (Yelena) Sulikova — viene trascinata fuori dalla sua abitazione tra telecamere e faldoni. Pochi mesi dopo, tutto si chiude in una condanna a due anni di colonia penale pronunciata dall’Ivanteevsky City Court il 3 ottobre 2025 per “estremismo” e, secondo gli atti iniziali dell’inchiesta, presunto “insulto ai sentimenti dei fedeli”.

Per una protagonista mediatica che negli anni si era offerta di “rafforzare il presidente” con riti pubblici, il contrappasso è feroce: il potere che aveva cercato di sostenere mette il timbro sul suo fascicolo. Figura onnipresente nell’occultismo russo dell’ultimo decennio, Alyona Polyn — vero nome Elena Sulikova, classe 1980 — ha fondato nel 2015 l’“Impero delle Streghe” (in russo: “Империя сильнейших ведьм”, spesso tradotto come “Impero delle Streghe più potenti”). Nel tempo ha costruito un marchio: manuali esoterici, corsi online, consulenze a pagamento, oggettistica rituale e una rete di seguaci organizzati. Nel suo curriculum mediatico compaiono show di grande richiamo come “Battaglia degli Psichici” e “Nuova Battaglia degli Psichici”, programmi televisivi che hanno reso pop la figura della “maga” capace di leggere il destino. Non è tutto.

A Ivanteevka, sobborgo della regione moscovita, Polyn ha promosso l’idea di un’“Università Internazionale di Magia e Stregoneria”, una struttura formativa privata che, stando ai materiali di promozione, avrebbe dovuto sistematizzare le sue dottrine e certificare pratiche rituali. Parallelamente, ha fatto parlare di sé per iniziative pubbliche, conferenze e azioni dimostrative dal forte valore simbolico e comunicativo.

Il momento che la proietta nell’immaginario internazionale arriva nel febbraio 2019. In un palazzo nel centro di Mosca, un gruppo di donne in abiti scuri — affiliate all’Impero delle Streghe — si dispone in “cerchio di potere”. L’obiettivo dichiarato: “rafforzare” il capo dello Stato e maledire i nemici della Russia. È la stessa Polyn a guidare la liturgia con toni solenni: appelli alla “Grande Potenza della Russia” e all’“indirizzare il cammino di Vladimir Putin”. Le immagini fanno il giro dei media: sembrano folklore, e invece anticipano un tema che, anni dopo, finirà in un’aula di tribunale — il nesso tra rito, propaganda, ordine pubblico.

putin

Il fascicolo penale si apre nel giugno 2024: perquisizioni nell’abitazione di Polyn e in quelle di familiari, sequestro di dispositivi e materiali, perizie linguistico-informatiche ordinate dagli inquirenti. Le contestazioni sono circostanziate: secondo la versione accusatoria, tra gennaio 2020 e dicembre 2023 Polyn avrebbe venduto e diffuso testi qualificati come “letteratura estremista” con incitamento alla violenza verso membri della Chiesa ortodossa russa, oltre ad aver pubblicato video ritenuti offensivi per i credenti. Fin dal primo interrogatorio emergono tensioni: la donna lamenta problemi di salute, la difesa ne sottolinea la fragilità e la pericolosità della detenzione in condizioni ordinarie. Nelle ricostruzioni di stampa e nelle note delle autorità compaiono gli oggetti sequestrati durante i blitz: oltre ai già citati pipistrelli mummificati, pugnali rituali, teschi, statuette, candele nere, sfere di cristallo, mazzi di carte divinatorie e un altare. Tra cronaca e folklore, l’inventario alimenta l’aura narrativa del caso: l’icona della “strega pro-Cremlino” trasformata in “estremista”.

Portata a giudizio nell’autunno 2025, Polyn viene riconosciuta colpevole il 3 ottobre 2025 dall’Ivanteevsky City Court (Regione di Mosca). Il dispositivo stabilisce due anni di colonia a regime ordinario. In udienza, secondo fonti qualificate, l’imputata ammette le proprie responsabilità su parte delle contestazioni e si impegna a non praticare più l’esoterismo, citando motivi di salute fisica e mentale. La Procura aveva chiesto una pena più severa — tre anni e sei mesi — e restrizioni accessorie sul ruolo online (amministrazione di siti e canali) per due anni. Un elemento giuridico rilevante: le prime comunicazioni dell’indagine evocavano sia l’“estremismo” (art. 282 del Codice penale) sia l’“insulto ai sentimenti dei fedeli” (art. 148). Nella versione finale della decisione, secondo monitoraggi indipendenti, la condanna si fonda sull’estremismo, mentre il profilo dell’articolo 148 non risulta incluso nella sentenza. Resta comunque il suo peso nell’impianto accusatorio e nelle misure cautelari adottate in precedenza.

Nel dibattito giuridico russo, il reato di “incitamento all’odio o all’inimicizia” (art. 282) ha subito modifiche nel 2018, con un parziale spostamento delle fattispecie più lievi nell’area amministrativa e una permanenza nel penale delle aggravanti, tra cui l’invito alla violenza. I numeri mostrano come i procedimenti penali siano diminuiti rispetto ai picchi del passato, ma mantengano decine di condanne all’anno, mentre i procedimenti amministrativi viaggiano stabilmente attorno alla quota di mille e oltre. È un contesto in cui la definizione di “materiali estremisti” resta ampia, e nel quale testi, post, video — anche in ambito pseudo-religioso o esoterico — possono scivolare sotto l’ombrello del codice.

L’articolo 148 del Codice penale, aggiornato nel 2013 in scia alla vicenda di Pussy Riot, ha introdotto pene fino a tre anni di carcere per atti pubblici di “manifesta mancanza di rispetto alla società” compiuti con l’intento di insultare i sentimenti religiosi. È una norma dal perimetro elastico, che ha offerto agli inquirenti notevole discrezionalità nell’intervenire su espressioni artistiche, post online, azioni dimostrative. Nel caso Polyn, l’artigianato retorico dell’occultismo — spesso intriso di polemiche anticlericali e di lessico mitico — ha incontrato il binario giudiziario aperto dagli articoli 282 e 148.

Secondo la Procura e il Comitato Investigativo regionale, il cuore della condotta penalmente rilevante sarebbe una parte della produzione scritta di Polyn — comprese autopubblicazioni come “Il mio nome è Assenzio” — nella quale i magistrati hanno ravvisato inviti all’odio o alla violenza contro ministri delle religioni tradizionali. In parallelo, una parte della videografia diffusa su canali social dell’“Impero” è stata considerata offensiva verso i credenti, e in taluni frammenti apertamente incendiaria. Nel processo, le perizie linguistiche e tecniche hanno pesato per delineare la finalità e la portata dei messaggi. Non si tratta di un caso isolato: gli osservatori indipendenti che monitorano l’uso delle norme anti-estremismo segnalano da anni un allargamento degli ambiti incriminati, soprattutto in rete, e un uso spesso flessibile di categorie come “materiale estremista”. La vicenda Polyn, proprio perché ruota attorno a un brand esoterico dalla forte esposizione mediatica, diventa un caso esemplare di questa tendenza.

L’impero di Polyn ha sempre puntato su una narrativa imprenditoriale: scuole, corsi, rituali personalizzati, vendita di amuleti e oggettistica. Nel 2019 la leader dell’“Impero” ha persino ingaggiato polemiche con esponenti politici conservatori come il deputato Vitaly Milonov, che negli anni ha proposto norme restrittive contro maghi e sensitivi, e si è lamentata pubblicamente della “discriminazione” subita da chi pratica religioni non tradizionali o esoterismi. In quei mesi, mentre una parte di stampa giocava con l’etichetta di “strega di Putin”, l’organizzazione ribadiva l’idea che la magia dovesse “servire lo Stato”. Un messaggio che, letto oggi, suona come un paradosso.

Durante il procedimento del 2025, Polyn e i suoi legali hanno invocato condizioni cliniche che renderebbero pericolosa la detenzione ordinaria; la stessa imputata avrebbe riconosciuto la fondatezza di parte delle accuse e chiesto una valutazione misericordiosa, impegnandosi a non proseguire l’attività esoterica. La Procura ha replicato con fermezza, domandando una pena superiore ai tre anni e un “divieto digitale” di amministrare siti e canali per due anni dopo la scarcerazione. Alla fine, i giudici hanno fissato la soglia a ventiquattro mesi. Secondo fonti di stampa, parte del periodo potrebbe essere scontata grazie alle misure cautelari già trascorse, con un’uscita possibile entro pochi mesi dall’emissione del verdetto. Resta la via dell’appello: al momento della condanna, il verdetto non risultava ancora definitivo. Ma sul piano pratico, nella Russia di oggi, sovvertire in secondo grado il perimetro della colpevolezza in casi classificati come estremismo è raro.

Il procedimento contro Alyona Polyn non è un’anomalia isolata. È piuttosto uno specchio di come la Federazione Russa abbia progressivamente compresso lo spazio del discorso pubblico — religioso, politico, artistico o pseudoreligioso — con una cassetta degli attrezzi giuridica che va dall’articolo 282 all’articolo 148, fino alle norme sull’estremismo online e alle liste di organizzazioni estremiste o terroriste. In questo ecosistema normativo, l’espressione — anche bizzarra, sgraziata, folklorica — può diventare delitto se incrocia variabili sensibili: religione, ordine pubblico, mobilitazione patriottica. Nel caso Polyn, pesa la dissonanza tra il passato filo-governativo e la condanna. Ci si potrebbe attendere indulgenza verso chi ha sostenuto la narrazione patriottica con riti pro-Stato; al contrario, l’impianto dell’accusa ha concentrato il fuoco su passaggi testuali e videomessaggi ritenuti incitativi o blasfemi. È il segno che, nel sistema attuale, la simbologia funziona se è governata; se sfugge o deborda, diventa rischio.

La lista degli oggetti sequestrati — pipistrelli essiccati, pugnali, teschi, statuette, candele nere, sfere, carte, altare — è fortemente evocativa e potenzialmente strumentale sul piano mediatico. Per l’accusa rafforzano la cornice ideologica entro cui collocare testi e video; per la difesa restano strumenti di culto o ornamenti senza nesso causale con un incitamento reale. Giuridicamente, l’asse probatorio non è l’oggetto in sé, ma ciò che testi, immagini e atti comunicano come invito all’odio o alla violenza. Tuttavia, nell’opinione pubblica, la fisicità di un pugnale o di un teschio pesa più di una perizia linguistica: ed è qui che il racconto giudiziario s’incontra con il teatro del potere.

L’esito di Ivanteevka mette in allerta la galassia esoterica russa — assai ampia e commercialmente rilevante — che da anni naviga tra tolleranza e campagne moralistiche. Se il precedente dovesse consolidarsi, autori e influenzatori che intrecciano critica religiosa, identitarismo e narrazione magica potrebbero trovarsi esposti a ispezioni e controlli più serrati. La linea rossa indicata dai giudici è netta: quando la retorica si traduce in ostilità verso i ministri delle fedi tradizionali, il penale scatta. Allo stesso tempo, il caso rilancia un interrogativo politico-culturale: fino a che punto lo Stato tollera cultualità alternative se queste non contraddicono l’agenda patriottica? Con Polyn, la risposta sembra essere: tolleranza condizionata, revocabile in qualsiasi momento.

Dalla liturgia del 2019 alla sentenza del 2025, la parabola di Alyona Polyn condensa un decennio russo in cui religione, politica, spettacolo e diritto penale si sono fusi in un unico palcoscenico. Dietro il titolo facile — “strega di Putin condannata” — c’è una vicenda giuridica che parla di leggi elastiche, apparati investigativi molto presenti e visibilità mediatica usata come prova di intenzione. Che la si giudichi impostura commerciale o culto sincero, l’“Impero delle Streghe” ha sbattuto contro l’Impero della Legge così come oggi è disegnata in Russia. Resterà la memoria fotografica degli oggetti sequestrati e il ricordo dei riti pro-Putin. Ma, soprattutto, resterà la giurisprudenza: due anni per estremismo, l’articolo 148 sullo sfondo e un segnale chiaro a chiunque voglia ibridare esoterismo, politica e sfida all’ordine religioso riconosciuto.

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