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07 Novembre 2025 - 17:52
Il sindaco Ferrero
Nuovo terremoto politico a Romano Canavese. Dopo mesi di tensioni interne e dimissioni a catena, anche Paola Bottalico ha lasciato il suo incarico di vice-sindaco e consigliera comunale. Le sue dimissioni, protocollate il 4 novembre 2025 sono motivate con ragioni personali, ma in paese pochi credono che si tratti solo di questo. Con l’uscita di Bottalico, infatti, la giunta guidata da Oscarino Ferrero si ritrova non solo politicamente più fragile, ma anche amministrativamente in difficoltà: non ci sono più candidati disponibili per la surroga, dal momento che i tre esclusi della lista hanno già rifiutato la nomina.
Il segretario comunale ha evidenziato un ulteriore problema: la necessità di garantire la parità di genere nella composizione della giunta comunale. Un richiamo tutt’altro che formale, accompagnato dal suggerimento di ricorrere – come consentito dallo Statuto – alla nomina di un assessore esterno. Un’ipotesi che, a questo punto, diventa non solo possibile ma inevitabile, visto che le quote interne alla maggioranza non permettono più alcun equilibrio. Il segretario cita anche i pareri del Ministero dell’Interno (n. 15203 del 22.05.2023 e n. 24001 del 29.07.2024), che consolidano questa interpretazione: se non ci sono donne disponibili in Consiglio, il sindaco deve necessariamente cercare all’esterno.
La crisi che travolge Romano non nasce certo oggi. Ad agosto, dopo le dimissioni dell’ex vicesindaco Gian Luca Lalli, Ferrero aveva già dovuto rimettere mano alla squadra di governo. In quell’occasione, la Bottalico era stata promossa a vice con deleghe pesanti – scuola, commercio, turismo, servizi sociali, sport e tempo libero – mentre Gianni Goia, fino ad allora consigliere, era stato premiato con un assessorato a protezione civile e associazioni. Un rimpasto del compromesso più che un rilancio.

Gian Luca Lalli, Paola Bottalico e Gianni Goia
Le settimane successive avevano mostrato la fragilità dell’operazione. Goia, protagonista dell’astensione sul DUP 2026–2028, era considerato il vero regista del nuovo assetto. Sarebbe stato lui, secondo molti, a dettare le condizioni: fuori Lalli, dentro sé stesso. E quella scelta aveva spaccato ulteriormente il gruppo di maggioranza, già scosso dalle dimissioni di Marco Vigliotta, ingegnere informatico e docente, eletto nel 2023 come capogruppo della lista di Ferrero.
Vigliotta aveva lasciato il posto per “mancata trasparenza sulle alienazioni dei beni comunali” e “perdita di fiducia nella direzione politica della maggioranza”.
Morale? Da allora, Romano è rimasta sospesa tra numeri ballerini e malumori sempre più profondi. La giunta Ferrero, che nel 2023 contava su una solida maggioranza, oggi si trova ridotta all’osso.
Le defezioni hanno reso instabile ogni votazione: cinque voti a favore contro cinque dell’opposizione. Il rischio di paralisi amministrativaè concreto.
E il sindaco? Se inizialmente aveva minimizzato le spaccature definendole “divergenze momentanee”, si trova ora con una squadra dimezzata e un equilibrio politico impossibile da ricomporre.
Il fronte delle opposizioni – Il Paese da Vivere, con Andrea Peruzzi, Emanuela Rosa Casotti e Stefano Avanzi – si è già smarcato da ogni voce di collaborazione sotterranea. “Le difficoltà che state vivendo non sono colpa della minoranza, ma il risultato delle vostre contraddizioni”, avevano dichiarato a settembre, rigettando ogni insinuazione di coinvolgimento nei giochi di potere della maggioranza.
Oggi, con le dimissioni di Bottalico, il castello costruito da Ferrero sembra definitivamente crollato. Non c’è più un vice, non c’è una maggioranza coesa, e non ci sono nemmeno consiglieri pronti a entrare per sostituire i dimissionari. L’unica via percorribile resta quella dell’assessore esterno, ma anche quella rischia di essere una toppa più che una soluzione. In paese si sussurra di un Ferrero “solo contro tutti”, ostaggio di equilibri che non controlla più e di un consenso ormai evaporato.
La politica, intanto, si è spostata altrove: nei bar, nelle chat, nei corridoi del municipio. Lì dove si misurano le fedeltà residue e si immaginano scenari futuri. Qualcuno parla già di commissariamento, altri di nuove elezioni entro l’anno.
Quel che è certo è che Romano Canavese è diventato, nel giro di pochi mesi, il simbolo della crisi di coesione che attraversa molti piccoli Comuni: maggioranze nate sotto il segno dell’unità e finite a pezzi, logorate da personalismi, sospetti e giochi di forza.
Ferrero, che ancora pochi mesi fa assicurava di avere “la situazione sotto controllo”, oggi si ritrova con un municipio dimezzato e un gruppo allo sbando. Ogni decisione è un compromesso, ogni atto amministrativo un campo minato. E mentre in paese cresce la sensazione che la giunta sia arrivata al capolinea, una frase rimbalza da tutte le parti: “Qui non governa più nessuno”.
Insomma, a Romano la politica è ferma ai titoli di coda. E se anche dovesse arrivare un assessore esterno a ristabilire la “parità di genere”, servirà ben altro per ristabilire la parità – e la fiducia – tra chi, almeno sulla carta, dovrebbe ancora governare.
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