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Lo Stiletto di Clio

Memorie d’acqua. Quando a Settimo si scavava per trovare la vita

Dalle prime pompe manuali ai grandi lavori dell’acquedotto municipale: un viaggio nella storia idraulica di Settimo Torinese, tra fontanili, falde e artigiani che portarono l’acqua nelle case quando ancora non esistevano tubature pubbliche

Memorie d’acqua. Quando a Settimo si scavava per trovare la vita

Pompe idrauliche dei secoli XIX e XX

Era un mestiere di riconosciuta utilità, quello dell’installatore di pompe idrauliche. Decisamente più pratica dei tradizionali pozzi a canna, la pompa a funzionamento manuale risultava indispensabile in ogni casa quando i comuni ancora non avevano provveduto a dotarsi d’infrastrutture idriche. Nei centri di provincia, il suo uso cominciò a diffondersi verso la fine del diciannovesimo secolo. A Settimo Torinese, per esemplificare, nel 1885 le pompe idrauliche erano presenti in non più di cinque o sei case, ma di lì a breve tempo prenderanno a soppiantare i vecchi pozzi.

Il caso di Settimo risulta particolarmente interessante. Nella parte meridionale del territorio, la più ricca di rogge e di fontanili, le falde freatiche si trovavano a pochi centimetri di profondità. La situazione si mantenne pressoché immutata sino alla seconda guerra mondiale. Poi le industrie prosciugarono molti degli antichi fontanili; altri scomparvero in seguito alle opere di risanamento del suolo e di drenaggio delle acque imposte dall’urbanizzazione di aree sempre più estese del territorio.

Il ricordo di polle, risorgive e acquitrini è tramandato da toponimi quali Fontanazza, Paludi, Prato della fontana, Prato moglizzo, Chiomo, Rantano e Moglia. Gli ultimi quattro sono l’italianizzazione dei termini «Pra mojiss», «Ciòm», «Rantan» e «Meuja» che indicano altrettanti luoghi pantanosi.

Anche nella parte settentrionale del territorio, le falde sotterranee si individuavano facilmente, senza ricorrere alle bacchette e ai pendolini dei rabdomanti o radioestesisti. Le acque erano «in generale di buona qualità e sufficienti ai bisogni della popolazione», come appare da numerose fonti fra cui i risultati dell’inchiesta sulle condizioni igieniche e sanitarie dei comuni italiani che si tenne nel 1885.

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Pompe idrauliche dei secoli XIX e XX

Per collocare i tubi di piombo nel terreno, sino a raggiungere la falda, l’installatore di pompe si serviva di una sorta di grosso cilindro in ferro (il cosiddetto «martin») che scorreva entro guide laterali ed era azionato manualmente tramite una carrucola con fune. Fra gli installatori settimesi si ricordano gli artigiani Pracca, Besso e Polla, un cognome quest’ultimo davvero indicativo del mestiere esercitato. Generalmente si preferiva collocare la pompa idraulica sul confine di due cortili, in modo che la utilizzassero i proprietari di entrambe le abitazioni. In campagna è ancora oggi possibile vedere qualche pompa incorporata nei muri divisori o nelle recinzioni di proprietà contigue. Il regolamento d’igiene del 1874 imponeva di mantenersi «a sufficiente distanza» da «latrine, cessi [e] pozzi neri che ricevono le acque e le altre materie immonde».

Il mestiere dell’installatore si avviò verso un’irreversibile decadenza dopo la costruzione dell’acquedotto municipale. Iniziata nel 1951 in seguito a referendum fra i cittadini, l’opera permise di ovviare ai gravi problemi che il continuo abbassamento delle falde acquifere andava manifestando, specie nelle aree a nord della linea ferroviaria Torino-Milano. Nel 1958 il servizio di acquedotto interessava ormai le seguenti località: il Borgo Nuovo sino al cosiddetto Villaggio ovest Farmitalia, il centro storico, le vie Angelo Brofferio e Consolata, la via Regio Parco sino all’incrocio con via Defendente Ferrari, le vie San Mauro, Francesco Petrarca e Ludovico Ariosto, la regione Provinciale e la strada di Chivasso, sin quasi in prossimità di via Rantano

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