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Quando l’acqua travolse un intero paese, e la solidarietà costruì una diga

A venticinque anni dall’alluvione del 2000, Fiorano Canavese ricorda i giorni del fango e della rinascita. Una comunità che seppe reagire con forza e che oggi celebra il coraggio dei volontari, degli Alpini e di un sindaco che non volle arrendersi all’oblio

Quando l’acqua travolse Fiorano, e la solidarietà costruì una diga nel cuore

C’era acqua ovunque. Sulle strade, nei cortili, nelle case. La Dora Baltea ruggiva come un animale impazzito e Fiorano Canavese, in quell’ottobre del 2000, si scoprì fragile, indifesa, sommersa. Le piogge non davano tregua, i torrenti straripavano, il fango saliva, e il silenzio della paura si mescolava al rumore dell’acqua. Venticinque anni dopo, il paese ha scelto di ricordare. Non per rievocare il disastro, ma per celebrare la rinascita.

Il 17 e il 18 ottobre 2025, Fiorano Canavese ha riaperto quella ferita con la dignità di chi non dimentica. L’Amministrazione comunale, insieme al Gruppo Comunale di Volontari della Protezione Civile e al Gruppo Alpini, ha organizzato due giornate di commemorazione per rendere omaggio a chi, in quelle ore disperate, scelse di restare e di agire.

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Nel 2000, la Protezione Civile era ancora giovane, nata da pochi anni. Non c’erano mezzi sofisticati né piani d’emergenza dettagliati. C’erano uomini e donne con gli stivali nel fango, pale in mano e coraggio nel cuore. C’erano gli Alpini, che scambiarono gli scarponi da montagna con quelli di gomma, e scesero tra l’acqua e la melma per tirare su muri, liberare strade, salvare case. E c’era la gente di Fiorano, che non si perse d’animo: spalò, ripulì, ricominciò.

“Gli angeli del fango”, li chiamarono allora. Ma erano semplicemente persone. Persone che decisero di non arrendersi, che capirono subito che la ricostruzione non era solo materiale, ma morale. Da quella prova nacque anche la voglia di organizzarsi meglio, di non farsi più trovare impreparati.

Oggi, a distanza di un quarto di secolo, Fiorano può contare su un gruppo di volontari della Protezione Civile efficiente, preparato, e soprattutto unito. A coordinarlo è Gian Paolo Suquet, con la vice Laura Fogliato, mentre il Gruppo Alpini, sotto la guida del presidente Sandro Maran e del segretario Flavio Rubbo, continua a essere un punto fermo di comunità e solidarietà.

Nel suo intervento, il sindaco Luigi Cunti ha voluto ricordare come quell’esperienza abbia insegnato a Fiorano che la prevenzione non è un concetto astratto, ma una necessità concreta. “Se non ci fossero stati gli argini e le chiaviche costruiti allora – ha detto – il 16 e 17 aprile scorsi il paese avrebbe rischiato un nuovo disastro”. Parole che hanno riportato alla mente la figura di un uomo che di quella battaglia per la sicurezza fu protagonista: Salvatore Zagami.

Ex tenente degli Alpini e sindaco dell’epoca, Zagami non accettò che Fiorano fosse dimenticata. Quando i lavori di difesa idraulica proseguivano nei comuni vicini — Salerano, Banchette, Samone, Ivrea, Pavone — e il suo paese restava indietro, lui alzò la voce. Batté i pugni, pretese risposte, e alla fine ottenne che anche Fiorano avesse le sue opere di protezione. Quelle stesse opere che oggi salvano il paese e portano il suo nome inciso nel ricordo.

A lui è stata dedicata una targa commemorativa, scoperta presso la sede della Protezione Civile in Via Marconi, alla presenza del figlio Nicola, in un momento di profonda commozione collettiva. Un gesto semplice ma potente, che ha restituito giustizia a chi non smise mai di credere nella forza della comunità.

La commemorazione non è stata solo memoria, ma anche conoscenza. Nel Castello di Fiorano, la sera del 17 ottobre, il geologo Francesco Vitale della Città Metropolitana di Torino ha tenuto una conferenza seguitissima, spiegando con parole chiare le cause di quei fenomeni e gli strumenti moderni per prevenirli. “Oggi – ha ricordato – abbiamo più mezzi, più dati, ma la vera sicurezza resta la consapevolezza dei cittadini”.

Il giorno successivo, tra gli argini di Via Molinasso, il volontario Davide Gaudina ha illustrato il funzionamento della chiavica, mostrando come quella macchina silenziosa rappresenti il confine tra la vita quotidiana e il disastro.

Durante tutta la due giorni, gli Alpini sono stati una presenza costante, con il presidente della sezione di Ivrea Giuseppe Franzoso e i rappresentanti locali. La loro divisa, il loro cappello con la penna, il loro spirito: simboli di un’Italia che nei momenti peggiori tira fuori il meglio di sé.

Fiorano Canavese, venticinque anni dopo, ha dimostrato che la memoria può essere un atto di forza. Ricordare non serve a piangere, ma a capire. A riconoscere che dietro ogni alluvione, dietro ogni emergenza, ci sono volti, mani, nomi, storie. Che la sicurezza di oggi è il frutto della tenacia di ieri.

E così, in quelle due giornate d’autunno, tra la luce dorata dei boschi e il rumore tranquillo della Dora Baltea che scorre, Fiorano ha ritrovato il proprio respiro. Non più quello affannato del 2000, ma quello sereno di chi sa che la propria forza più grande è la comunità.

Il fango si è asciugato da tempo, ma la solidarietà di allora è rimasta impressa come una diga nel cuore del paese.

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