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20 Ottobre 2025 - 23:18
Giorgia Meloni
C’è chi nella vita punta ai record sportivi, chi a quelli culinari. E poi c’è Giorgia Meloni, che – nel suo stile sobrio e moderato – ha deciso di battere Bettino Craxi in un campo ben più nobile: la durata del governo. Sì, perché il suo esecutivo ha spento le candeline del 1.094° giorno, superando i 1.093 del craxismo rampante e lasciando indietro Matteo Renzi, fermo a “soli” 1.024 giorni (ma con un numero di slide decisamente superiore). Restano lontani i monumentali governi berlusconiani, quelli che duravano quasi quanto una legislatura intera e che ancora oggi qualcuno rimpiange tra un “ghe pensi mi” e un bunga bunga della memoria.
Insomma, Meloni ha fatto ciò che sembrava impossibile: governare per tre anni consecutivi in Italia, senza che un ministro si dimettesse per “motivi personali” o un sottosegretario venisse travolto da un’inchiesta. Un piccolo miracolo di stabilità mediterranea, degno di nota persino per gli osservatori stranieri, abituati a vedere l’Italia come il Paese del “governo del giorno dopo”.
Bettino Craxi
Fitch promuove la pagella, l’opposizione resta a settembre
Il risultato è piaciuto anche alle agenzie di rating. Fitch ha addirittura alzato il voto del Paese a BBB+ con outlook stabile, segno che l’idea di un governo che non crolla dopo sei mesi piace anche ai mercati. E non è poco, considerando che l’Italia è quel Paese dove la fiducia dura meno di un gelato al sole e dove la parola “stabile” è usata di solito solo per il tempo atmosferico.
Gli analisti – con un certo stupore – riconoscono al governo Meloni una dote rara nella politica italiana: la coerenza. Nessuna giravolta improvvisa, nessuna crisi pilotata, nessun “abbiamo scherzato”. Un percorso lineare che ha rassicurato investitori, industriali e, pare, persino qualche elettore. Una stabilità che in Italia fa notizia più di un calo delle tasse o di un treno in orario.
La prudenza fiscale, o l’arte di non spendere troppo
Ma la vera rivoluzione melonian-borghese è tutta nella prudenza fiscale. La manovra 2025, definita “la più leggera dell’ultimo decennio”, vale appena 18 miliardi di euro. Una cifra che, tradotta in linguaggio politico, significa: non ci sono soldi, ma almeno non facciamo danni. Dopo anni di bonus, superbonus, iperbonus e altri “regali” di Stato, il governo ha deciso di chiudere il rubinetto e di chiamarlo “rigore”.
Il debito rimane alto, certo (intorno al 134,9% del PIL), ma almeno scende. Il deficit cala al 3,4% e – udite udite – torna pure l’avanzo primario, una creatura mitologica che non si vedeva dal 2019. Tutto questo mentre si cancella il Superbonus, quella misura che ha reso felici i muratori e disperati i contabili dello Stato.
E così la Presidente può rivendicare una nuova virtù: la responsabilità. In un Paese dove per decenni “fare debito” era sinonimo di “fare politica”, Meloni riesce a farsi applaudire per non aver speso. Un capolavoro comunicativo, quasi degno dei tempi d’oro di Craxi – ma senza le valigette di contanti.
Dal record al futuro: missione sopravvivere
Il record, però, è solo l’inizio. Perché adesso il governo dovrà affrontare i veri nodi: crescita lenta, culle vuote, pensioni sempre più pesanti e un PNRR che somiglia sempre più a un romanzo incompiuto. La sfida sarà trasformare questa “stabilità” in risultati concreti, evitando che la prudenza diventi immobilismo.
Certo, con i fondi europei in via di esaurimento e le riforme ancora a metà, la prossima impresa potrebbe essere più complicata del battere Craxi. Ma Meloni, da brava maratoneta della politica, sa che l’importante non è correre: è arrivare in fondo senza inciampare.
Insomma, Giorgia Meloni entra nella storia come la premier che ha superato Craxi senza dover scappare da Hammamet. Il suo governo resta in piedi, i conti (quasi) pure, e gli italiani – abituati a vedere ministri cambiare più spesso delle lampadine – possono finalmente dire di avere un governo longevo. Forse non perfetto, ma stabile. E in Italia, fidatevi, è già una rivoluzione.
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