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Sanae Takaichi, la svolta del Giappone: una donna a un passo dal potere tra alleanze fragili e ambizioni di ferro

Per la prima volta nella storia del Paese, una donna potrebbe diventare Primo Ministro. Sanae Takaichi, leader del Partito Liberal Democratico, sigla un accordo decisivo con il Japan Innovation Party. Ma dietro l’entusiasmo per una “rivoluzione” storica si nasconde un equilibrio politico precario e un programma dal sapore conservatore

Sanae Takaichi, la svolta del Giappone: una donna a un passo dal potere tra alleanze fragili e ambizioni di ferro

Sanae Takaichi, la svolta del Giappone: una donna a un passo dal potere tra alleanze fragili e ambizioni di ferro

Tokyo, lunedì sera. Nella capitale giapponese, dove il potere è sempre stato una questione da uomini, si è consumato qualcosa che assomiglia a una rivoluzione. Per la prima volta nella storia del Giappone, una donna è a un passo dal diventare Primo Ministro. Sanae Takaichi, presidente del Liberal Democratic Party (LDP), ha firmato l’accordo di coalizione con il Japan Innovation Party (JIP) di Hirofumi Yoshimura, portando il Paese sull’orlo di una svolta storica. Non è ancora la vittoria, ma il futuro politico del Giappone – e in parte della regione Asia-Pacifico – potrebbe cambiare volto nelle prossime ore.

Il nuovo patto fra LDP e JIP, siglato dopo giorni di trattative serrate e di incertezze, ha riacceso le speranze di un governo stabile, anche se alla Camera bassa mancano ancora due seggi per la maggioranza assoluta. Eppure, i numeri non raccontano tutto. Il simbolismo di questa alleanza è enorme: Takaichi, 64 anni, è pronta a infrangere un soffitto di cristallo che in Giappone sembrava fatto di acciaio.

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Dietro le luci dei flash e le promesse di rinascita, però, si muove uno scenario politico fragile. La storica alleanza con il Komeito, durata ventisei anni, è crollata dopo settimane di tensioni interne. Divergenze su questioni etiche, scandali di finanziamento e soprattutto il profilo rigidamente conservatore di Takaichi hanno spaccato un equilibrio che sembrava inattaccabile. La leader si è trovata così costretta a reinventare la mappa del potere, cercando nuovi alleati per evitare che il governo scivolasse nel caos.

L’accordo con il JIP non è solo un’operazione aritmetica, ma un calcolo politico sofisticato. Hirofumi Yoshimura, governatore di Osaka e volto emergente della destra riformista, ha deciso di legarsi a Takaichi in nome di un progetto ambizioso: rilanciare il Giappone attraverso una piattaforma comune fatta di riforme costituzionali, politiche di sicurezza più aggressive e un nuovo slancio economico. “Avanzare insieme per il rilancio del Giappone”, recita il documento firmato. Una frase che suona solenne, ma che nasconde un equilibrio instabile tra due personalità forti e due visioni del Paese solo parzialmente compatibili.

Per Takaichi, la strada verso la leadership è una corsa sul filo del rasoio. Il voto parlamentare previsto per martedì la vede favorita, anche per l’assenza di una vera alternativa tra le opposizioni, divise e indebolite. Ma i margini restano sottili, e la sua eventuale elezione porterà con sé una doppia eredità: quella del coraggio politico e quella del rischio.

Il suo profilo personale è tutto fuorché neutro. Allieva e sodale del defunto Shinzo Abe, di cui condivide l’impostazione ideologica e il nazionalismo economico, Takaichi rappresenta la continuità del pensiero conservatore giapponese, con una visione rigida della sicurezza nazionale e un atteggiamento poco conciliante nei confronti della Cina. Ha invocato più volte la revisione dell’articolo 9 della Costituzione pacifista e un rafforzamento delle Forze di autodifesa. Nelle sue dichiarazioni, emerge una determinazione che affascina e spaventa insieme: “Il Giappone deve tornare a essere forte, rispettato e autonomo”. Parole che suonano come un manifesto politico.

La sua possibile ascesa arriva in un momento di forti turbolenze economiche e sociali. Il Paese affronta una crisi demografica senza precedenti, una crescita stagnante e un debito pubblico che continua a gonfiarsi. Le tensioni geopolitiche nell’area Asia-Pacifico – tra il riarmo cinese, la Corea del Nord e l’incertezza americana – rendono ogni passo di politica estera una prova di equilibrio. Takaichi ha promesso di “proteggere il Giappone” ma anche di “rafforzare l’orgoglio nazionale”, due concetti che nella sua visione coincidono perfettamente.

Eppure, dietro il simbolismo della “prima premier donna” si nascondono dubbi profondi. La sua elezione, per quanto storica, non coincide necessariamente con un progresso nella condizione femminile. Takaichi non si è mai presentata come una paladina del femminismo: la sua carriera si è mossa tutta dentro le logiche del potere tradizionale, e le sue posizioni su temi sociali e diritti civili restano rigidamente conservatrici. In altre parole, una donna premier non significa automaticamente un Giappone più aperto o più moderno.

Martedì, dunque, non si deciderà solo chi guiderà il Paese, ma anche che direzione prenderà il Giappone nel XXI secolo. Sanae Takaichi è una figura divisiva, capace di incarnare insieme il cambiamento e la tradizione, la discontinuità e la restaurazione. Se sarà eletta, scriverà una pagina di storia. Ma il vero banco di prova inizierà il giorno dopo, quando dovrà trasformare la fragilità di una coalizione di convenienza in una visione capace di tenere unito un Paese in bilico tra futuro e passato.

Insomma, la svolta storica è già iniziata. Resta da capire se sarà davvero una rivoluzione o solo l’illusione di un nuovo inizio con le stesse vecchie regole.

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