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La vergogna del principe Andrea. Il memoir di Virginia Giuffre seppellisce la Corona

Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre racconta l’incubo degli abusi e chiama in causa il principe Andrea, costretto a rinunciare al titolo di duca di York. Una denuncia che travolge Buckingham Palace e riapre la ferita del caso Epstein, tra silenzi, ricatti e potere

La vergogna del principe Andrea. Il memoir di Virginia Giuffre seppellisce la Corona

La vergogna del principe Andrea. Il memoir di Virginia Giuffre seppellisce la Corona

C’è un silenzio sordo intorno alla monarchia britannica. Non quello solenne delle cerimonie o dei funerali reali, ma un silenzio di imbarazzo, di vergogna, di sgretolamento morale. Il principe Andrea, fratello minore di Re Carlo III, ha rinunciato ufficialmente al titolo di duca di York e a una delle onorificenze più prestigiose della Corona, l’Ordine della Giarrettiera. Un gesto che, più che di onore, sa di resa. Resa di fronte all’impossibilità di separarsi dal proprio nome e da un’accusa che da anni aleggia sul suo passato: quella di aver abusato sessualmente di una minorenne, Virginia Giuffre, nell’ambito della rete di traffico sessuale organizzata dal finanziere Jeffrey Epstein e dalla sua complice Ghislaine Maxwell.

A riportare tutto in superficie è il memoir postumo di Virginia Giuffre, morta suicida ad appena quarantun anni lo scorso aprile. Il libro, intitolato “Nobody’s Girl: A Memoir of Surviving Abuse and Fighting for Justice”, è la voce definitiva di una donna che non ha mai smesso di chiedere giustizia. Realizzato insieme alla giornalista Amy Wallace, il volume rivela, con una sincerità disarmante, l’inferno vissuto da una ragazza intrappolata nel sistema di potere e silenzio costruito da Epstein, e getta una luce impietosa sulle sue frequentazioni con personaggi di altissimo rango, tra cui proprio il principe Andrea.

duca

Le pagine del memoir raccontano di serate mondane, conversazioni frivole, viaggi e appartamenti di lusso che nascondevano una realtà di paura e coercizione. Giuffre scrive di essere stata “prestata” a uomini potenti, descrivendo anche incontri con il principe Andrea, allora all’apice della sua popolarità. Racconta di una notte a Londra, di un appartamento a New York, di carezze indesiderate, di fotografie compromettenti, e persino di episodi accaduti sull’isola privata di Epstein ai Caraibi. Ogni dettaglio è un colpo diretto a un sistema che per decenni ha protetto i propri figli migliori, anche quando il sospetto si faceva certezza.

Il principe Andrea, da parte sua, ha sempre negato tutto. Ha dichiarato più volte di non aver mai conosciuto Giuffre, di non aver mai partecipato a quegli eventi e di non ricordare nulla delle serate descritte. Eppure nel 2022, per evitare un processo civile negli Stati Uniti, ha accettato di versare a Giuffre un risarcimento economico milionario. Un gesto che i legali della Corona hanno definito “atto di compassione”, ma che molti hanno letto come un tentativo di mettere a tacere la vicenda. Da allora, Andrea è stato costretto a ritirarsi da ogni incarico pubblico, e il suo ruolo all’interno della famiglia reale è stato progressivamente cancellato.

Il libro di Giuffre non è solo un atto d’accusa: è una testimonianza che parla di dolore, vergogna e sopravvivenza. Racconta un’infanzia difficile, una fuga da casa, l’incontro con Epstein che inizialmente le promette opportunità e stabilità, e invece la trascina in un sistema di abusi in cui tutto — corpo, libertà, dignità — diventa merce di scambio. Nel memoir, Virginia non si limita a raccontare: analizza, riflette, denuncia. Descrive come Epstein usasse il denaro e il potere per controllare le sue vittime, minacciandole con informazioni private e con la promessa di distruggere la loro reputazione se avessero osato parlare.

A rendere la sua voce ancora più potente è il contesto in cui arriva il libro: un mondo in cui i potenti continuano a difendersi dietro i muri della rispettabilità, mentre le vittime spesso non sopravvivono abbastanza da veder riconosciuta la loro verità. Giuffre si unisce simbolicamente alle “Survivor Sisters”, un gruppo di donne che hanno condiviso la stessa esperienza di abuso e che hanno scelto di raccontarsi per rompere il silenzio. Ma nel suo racconto si avverte anche la stanchezza, il senso di sconfitta, la consapevolezza che certe battaglie si vincono solo dopo la morte.

La sua scomparsa, avvenuta pochi mesi prima della pubblicazione del libro, ha avuto un effetto dirompente. Il suicidio di una donna che per anni è stata il volto della lotta contro il sistema Epstein lascia dietro di sé un vuoto che pesa come una condanna collettiva. Il suo memoir diventa così non solo un atto di denuncia, ma un testamento umano e politico, un grido disperato contro l’indifferenza e l’impunità.

Il caso, inevitabilmente, riapre anche la questione morale della monarchia britannica. La rinuncia di Andrea al titolo di duca di York non è un atto di nobiltà, ma un tentativo di salvare l’istituzione dal disonore. Tuttavia, le ombre che il caso Epstein ha gettato su Buckingham Palace non si cancellano con un comunicato ufficiale. Troppo profonda la ferita, troppo evidente il conflitto tra immagine pubblica e responsabilità privata.

“Era il suo diritto di nascita”, scrive Giuffre riferendosi al modo in cui Andrea avrebbe considerato il rapporto con lei, “come se il mio corpo fosse parte dei suoi privilegi reali”. È una frase che da sola basta a spiegare l’abisso morale in cui questa storia si è consumata.

In fondo, ciò che emerge dal libro non è soltanto un elenco di abusi, ma una radiografia del potere: un potere che si autoassolve, che si protegge, che punisce chi parla. Virginia Giuffre, con la sua voce e con la sua morte, ha costretto il mondo a guardare dentro quella macchina e a chiedersi quanto valga davvero la giustizia, quando a essere accusati sono i potenti.

Il principe Andrea, ora senza titolo e senza ruolo, resta l’emblema di una monarchia in declino morale, che tenta di sopravvivere tra apparenza e scandali. E il libro di Virginia, con la sua crudezza e il suo coraggio, resta come un promemoria per tutti: che la verità può essere nascosta, ma non cancellata.

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