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19 Ottobre 2025 - 21:46
Settimo, ospedale della vergogna: lavoratori traditi, anziani contati a minuti e ispezioni annunciate
C’è chi la chiama “vergogna”, ma a Settimo Torinese la parola sembra ormai logora, consumata dall’uso e dall’ipocrisia. Perché la vera vergogna, spiegano i lavoratori, non è solo quella di un’aula di tribunale dove 38 “attori” saranno rinviati a giudizio per la gestione dell’ospedale di Settimo. La vergogna è quella che si respira ogni giorno nei reparti, tra chi continua a lavorare con dignità in un sistema che di dignitoso non ha più nulla.
È l’Associazione Lavoratori Sanità Socio Sanitarie Assistenza alla Persona (ALSSAP TO), che rappresenta circa il 20% dei dipendenti dell’ospedale di Settimo, a prendere posizione con un comunicato durissimo. L’associazione, guidata da Agostino Valenti, si schiera senza esitazione dalla parte di infermieri, operatori, tecnici, personale di corsia.
“Sosteniamo i lavoratori - scrivono in un comunicato - che, oltre ai pazienti, sono coloro che pagheranno questa vergogna. Pagheranno soprattutto per la fiducia che avevano riposto verso chi doveva garantire il loro operato e la loro dignità di lavoratori e lavoratrici”.
Parole amare, che raccontano una fiducia infranta. Perché oggi, spiegano, il compito più difficile non è solo curare, ma ricostruire il senso stesso del lavoro, ridare significato a un mestiere che dovrebbe essere vocazione e non sopravvivenza. “Ricostruire per essi il senso e la consapevolezza del lavoro che svolgono sarà per tutti il futuro di una sanità migliore”, scrive l’associazione.
E non è solo una questione giudiziaria. È un danno morale e collettivo.
“Tanti si sentono coinvolti nel grave danno arrecato all’immagine e all’interesse pubblico, ai pazienti, agli ospiti e ai professionisti che soffrono e che sono morti per questi valori e per questi principi”.
Ma, aggiunge Valenti, quando la memoria si spegnerà e i processi saranno solo cronaca vecchia, i cittadini torneranno alle solite domande: “Dove è meglio andare a farsi ricoverare?”. E ancora una volta urleranno allo scandalo, agli abusi, ai favoritismi, all’imparzialità perduta. Tutti pronti a gridare alla corruzione, tutti con la sete di giustizia. Ma poi? “I 38 attori rinviati a giudizio si salveranno, perché il Sistema Sanità è ben consolidato, radicato intrinsecamente in noi stessi, perché non crediamo più nella sanità uguale per tutti”.
Ecco il punto. Per ALSSAP, la sanità pubblica è stata tradita da chi la governa e da un sistema che l’ha trasformata in un affare per il privato e per i poteri forti. “La si sta distruggendo sempre di più perché è business per il privato e per i poteri forti. Molto deve cambiare, a partire da chi ci governa”, si legge nel comunicato.
Un atto d’accusa frontale, che non risparmia nessuno. Per questo, spiega il sindacato, la volontà sarebbe di costituirsi parte sociale, non tanto parte civile, ma rappresentanza collettiva del danno provocato alla collettività e ai lavoratori. “Verso di loro vorremmo costituirci in giudizio non tanto come parte civile ma come parte sociale per quanti danni stanno provocando”.
Poi arrivano gli esempi concreti.
Gli ospiti delle RSA, dei CAVS e dei nuclei Alzheimer, denuncia l’associazione, vengono trattati come numeri. “Non possono costare solo 100 o 120 minuti al giorno per soddisfare tutti i loro bisogni. Agli stessi non basta e non hanno necessità solo dei minutaggi perché sia espressa e valorizzata la loro dignità!”
E ancora: le ispezioni che dovrebbero garantire il rispetto delle regole nelle strutture vengono spesso preannunciate, vanificando qualsiasi controllo reale. “La carenza dei controlli, o meglio dire delle ispezioni verso coloro che dovrebbero garantire il rispetto delle regole nelle strutture è il paradigma del sistema del funzionamento ispettivo poiché necessita del preavviso. Potete immaginare cosa significhi quando i servizi ispettivi annunciano prima del tempo coloro cui andranno a fare ispezione!”
Poi ci sono gli appalti e subappalti continui, affidati spesso alle stesse cooperative che, secondo l’ALSSAP, hanno finito per avere “il controllo sulle malattie degli anziani”. “Gli anziani non desiderano solo assistenza, vogliono essere anche curati da personale preparato e non da chicchessia. Chi li fa lavorare e chi li controlla sono tranquilli perché sulla carta è dimostrato che il numero di personale presente in servizio è corretto”.
Tutto torna, tutto resta immobile.
Il comunicato si chiude con una sequenza di sentimenti che suonano come una dichiarazione di resa e di rabbia insieme: rammarico, amarezza, delusione, incredulità, rabbia nei confronti di chi gestisce la cosa pubblica.
“Continuano sempre a rompere la nostra fiducia e la nostra onestà”, scrive Valenti. “Chi governa esprima responsabilità e abbia il coraggio e la capacità di essere vicino al malato e abbia sentimento per il lavoro che svolge”.
E infine, l’ultimo appello, forse il più umano e disperato: “Noi, come lavoratori per gli ospiti, vorremmo non trasformare il nostro sentimento in forte risentimento”.
Parole che sanno di stanchezza e di verità.
Parole che dicono che la vera vergogna non è nei tribunali, ma in una sanità che ha smarrito sé stessa.
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