Cerca

Punto Rosso

Patrimonio Unesco. Manca la “cura”

Tra parole altisonanti e piani strategici, il Visitor Centre di Ivrea cade a pezzi. Tra fanghiglia fossile, aiuole spelacchiate e un cestino Olivetti in agonia, il “patrimonio dell’umanità” si ritrova senza la sua parola chiave più importante: la cura

Patrimonio Unesco. Manca la “cura”

Patrimonio Unesco. Manca la “cura”

Il 9 ottobre scorso è stato presentato, davanti ad un piccolo pubblico di addetti ai lavori (stando alle foto), il nuovo piano di gestione 2025-2030 del sito Unesco “Ivrea Città Industriale del XX secolo”, cioè “le linee strategiche che guideranno lo sviluppo turistico, culturale e sociale del Sito per i prossimi cinque anni.”
Vi erano degli ambasciatori e delle ambasciatrici ognuno con la sua parola chiave: narrazione, cura, salvaguardia, conoscenza, appartenenza, comunità, sviluppo, spazi.
Tutte belle parole che però ancora mancano attorno al sito, tranne forse la narrazione, siamo grandi narratori.
La mancanza della “cura” è fra le assenze più sentite a partire dal Visitor Centre.

Sul sito web “Ivrea città industriale del XX secolo”, la pagina dedicata al Visitor Centre in via Jervis è arricchita da belle foto dell’interno, dei locali adibiti a centro visitatori. Immagini esterne, solo una, un po’ da lontano.
Non è in effetti un bello spettacolo quanto circonda il Visitor Centre. È piuttosto la rappresentazione plastica dell’incuria.

Mi sono immaginata di fare il percorso insieme ad un visitatore.
Una volta trovato un parcheggio – non davanti al Visitor Centre, sia mai, quelli sono quasi tutti stalli riservati alle varie attività fronte Officine ICO (non ho visto indicazioni di parcheggi per i visitor) – il visitatore potrà godere della vista dei palazzi di vetro della Ico, della palazzina rossa, dell’area dei servizi sociali.
Ma al di là della bellezza antica, e allo stesso tempo moderna, degli edifici, che è tutt’ora apprezzabile e unica, si troverà davanti ad un’area decisamente non curata: aree verdi spelacchiate, con erbe spontanee alternate a chiazze di terra, piccola sporcizia varia, palette illustrative lorde.

Nella zona sul marciapiede opposto all’ingresso del Visitor Centre, si può apprezzare un antico leggero strato di fanghiglia fossile, foglie dell’autunno precedente ormai diventate humus per le stanche piante, e qua e là cicche di sigarette, in gruppo o solitarie, completano il desolante quadro.
Per quest’ultime senza dubbio conta anche l’ineducazione dei fumatori, ma senza posacenere tascabile, dove avrebbero dovuto buttare ‘ste cicche?
(Certo si può sempre smettere di fumare, ma questo è tema altro.)

L’unico cestino in vista è uno di quelli storici Olivetti, cilindrico a base triangolare, con il corpo in griglia di ferro giallo.
Si vede chiaramente che questo reduce di un glorioso passato, non ce la fa più. Lo controllo un paio di volte l’anno: è sempre più inclinato, sembra implorare l’eutanasia o almeno la pensione.
Faccio qui un accorato appello: rimuovetelo, con cautela, raddrizzatelo e mettetelo nel museo Olivetti della città.
Ah, non c’è un museo Olivetti a Ivrea? Dai, non scherzate!

foto

foto

foto

foto

foto

ff

foto

Non va meglio attraversando la strada per arrivare alle porte del Visitor Centre.
Nell’area prospiciente l’ingresso, quella con lo storico (oggi i più direbbero “iconico”) pino, sono riusciti a mantenere un decoro minimo – finalmente le aiuole vengono potate regolarmente e l’erba fra i cubetti tagliata.
Ma al visitatore che per sua sventura cade lo sguardo oltre i vetri delle varie porte si paventa ancora orgogliosa sporcizia varia e fogliame, certo non accumulatosi per una ventata della notte precedente, ma lì da qualche tempo.
Su una delle porte vedrà poi fogli con avvisi vari appiccicati malamente con nastro adesivo, scollati, cancellati. Segni di incuria inaccettabili per un luogo che qualcuno ha definito “patrimonio mondiale dell’umanità”.

Ma lasciamo correre ed entriamo finalmente nel Visitor Centre.
Appena prima delle sale vere e proprie del centro, ad accogliere i visitatori, vi è un tavolino con opuscoli, pieghevoli, biglietti da visita, vecchie locandine, anche arrotolate – il tutto apparentemente buttato un po’ lì.
E se lo sguardo del visitatore si sposta in basso, alla sinistra del tavolo, vedrà una scala buia, ma purtroppo non tanto buia da nascondere una sporcizia atavica, probabilmente risalente almeno a quando in quell’edificio ci lavoravo. Venticinque anni fa.

Proseguendo verso i locali del Centre, il visitatore potrà apprezzare sul muro a sinistra un’opera avanguardista raffigurante una fiorente… scrostatura.
Fiorente nel senso che la muffa intonacale si sviluppa come candidi fiori; avanguardista nel senso che avanza con il tempo.
È lì da anni, come la sporcizia della scala, si fanno compagnia.

Spero vivamente che non si debba arrivare alla fine del quinquennio per veder diventare realtà le slide delle tante presentazioni e le belle parole degli ambasciatori.
Partire subito con la cura, la grande assente, sarebbe già un bel passo avanti.
Ma anche sull’appartenenza c’è tanto da lavorare.
Il sito Unesco non è sentito come proprio da tutta la città, ma solo da una nicchia, una élite potremmo dire.
Ricordo ancora chiaramente quando consigliai al sindaco Della Pepa di organizzare una festa popolare per festeggiare il riconoscimento Unesco, per coinvolgere tutta la popolazione, ma nulla si fece, né tutt’ora si è fatto.

Altri editoriali di CADIGIA PERINI CLICCA QUI

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori