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18 Ottobre 2025 - 17:05
Firmato il protocollo per la sicurezza nei presidi sanitari: alleanza tra Prefettura, Asl e Regione Piemont
È stato firmato ieri, 17 ottobre, nella sede della Prefettura di Torino, un Protocollo d’intesa per la sicurezza dei presidi sanitari. Un accordo che unisce Prefettura, Asl Città di Torino e Regione Piemonte in un’alleanza strategica per rafforzare la protezione di chi ogni giorno lavora in prima linea negli ospedali e nei servizi sanitari, sempre più spesso teatro di aggressioni e comportamenti violenti.
A sottoscrivere il documento sono stati il prefetto Donato Cafagna, il direttore generale dell’Asl Città di Torino Carlo Picco, e gli assessori regionali alla Sanità e alle Politiche Sociali e all’Integrazione Socio-Sanitaria, Federico Riboldi e Maurizio Marrone. Presenti alla cerimonia anche i vertici provinciali delle Forze dell’Ordine e i presidenti degli Ordini professionali di medici, infermieri, tecnici sanitari e odontoiatri, a testimonianza di una collaborazione che intende coinvolgere l’intero sistema sanitario e istituzionale del territorio.
Il protocollo - sulla carta -non è un semplice atto formale, ma un impegno concreto per rendere più sicuri i luoghi di cura e prevenire episodi di violenza. L’intesa prevede percorsi condivisi e procedure coordinate tra operatori sanitari e Forze dell’Ordine, con modalità d’azione prestabilite per affrontare rapidamente eventuali situazioni critiche e per prevenirle attraverso una maggiore presenza, controllo e deterrenza.
Particolare attenzione sarà riservata alle strutture considerate “ad alto rischio”, come i Pronto Soccorso, i Punti di Primo Intervento, i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, i Centri di Salute Mentale e i Servizi per le Dipendenze Patologiche. In questi reparti sarà potenziato l’uso di strumenti di videosorveglianza, teleallarme e vigilanza diurna e notturna, oltre a campagne di formazione per il personale, finalizzate a migliorare la gestione dei conflitti e a favorire una comunicazione più efficace con i pazienti.
Nel corso della firma, il prefetto Donato Cafagna ha sottolineato la necessità di un’azione coordinata e continua.
«L’iniziativa che sottoscriviamo realizza un programma di interventi volti a venire sempre più incontro alle esigenze di sicurezza e serenità di chi quotidianamente è impegnato in prima linea per la salute dei cittadini. C’è una richiesta di maggiore presenza delle Forze dell’Ordine da parte degli Ordini professionali, delle organizzazioni sindacali e delle Asl. L’obiettivo è rispondere a questa domanda in modo dinamico e coordinato, potenziando la presenza nei presidi sanitari e consolidando la collaborazione tra il mondo sanitario e quello della sicurezza».
Il direttore generale Carlo Picco ha ricordato le numerose misure già adottate dall’Asl Città di Torino, come la vigilanza armata, i pulsanti antipanico, i collegamenti video diretti con le Forze dell’Ordine e le convenzioni con associazioni di protezione civile, tra cui il Nucleo Carabinieri e i Volontari “Capitano Ultimo”, attivi nei Pronto Soccorso del Maria Vittoria e del San Giovanni Bosco. «Con la firma di questo protocollo – ha spiegato Picco – intendiamo rafforzare la collaborazione con le Forze dell’Ordine per tutelare gli operatori sanitari da aggressioni o atti di violenza, definendo modalità chiare di attivazione e intervento tempestivo in caso di emergenza».
Dal canto suo, l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi ha messo in evidenza che quello firmato a Torino è il secondo protocollo di questo tipo in Piemonte, dopo quello siglato ad Asti lo scorso aprile.
«La sicurezza nei Pronto Soccorso – ha dichiarato – è una priorità assoluta per la Regione. È in corso una gara d’appalto per l’attivazione di guardie armate in tutti i presidi ospedalieri, con aggiudicazione prevista entro la fine dell’anno. Fino a pochi anni fa il personale del Pronto Soccorso era rispettato e ringraziato. Oggi, purtroppo, alcuni schemi sociali sembrano saltati, e questo richiede un cambio di passo. La Regione ha avviato un monitoraggio in tutte le aziende sanitarie sulle misure di sicurezza e sulla prevenzione della violenza ai danni degli operatori».
L’assessore alle Politiche sociali Maurizio Marrone ha invece evidenziato il valore della presenza fisica e della collaborazione istituzionale: «La vera sicurezza in luoghi sempre aperti e accessibili come gli ospedali la si garantisce solo rafforzando la presenza delle Forze dell’Ordine, e questo è ciò che le Istituzioni stanno facendo unendo le energie. Grazie anche alle associazioni d’Arma, come l’Associazione Nazionale Carabinieri, per la loro disponibilità a garantire una presenza rassicurante. Siamo orgogliosi di sostenerli con le risorse regionali per l’Invecchiamento Attivo».
Firmato, fotografato, diffuso. Il nuovo protocollo per la sicurezza dei presidi sanitari tra Prefettura, Regione Piemonte e Asl Città di Torino ha tutti gli ingredienti del classico annuncio politico ben confezionato: parole solenni, foto istituzionali, citazioni equilibrate e la promessa — immancabile — di “un nuovo corso”. Ma mentre gli assessori regionali e il prefetto si stringono la mano, resta una domanda che non si può eludere: davvero basteranno carte, firme e buone intenzioni per far sentire più sicuri medici e infermieri?
Da anni, il personale sanitario denuncia aggressioni, insulti e minacce. Nei pronto soccorso, negli ambulatori, nei reparti psichiatrici. I numeri parlano chiaro, e lo fanno da tempo: la violenza verso chi cura è una piaga strutturale, non un’emergenza passeggera. Eppure, ogni volta che scoppia un caso, la risposta è sempre la stessa: un tavolo, un protocollo, una promessa. Poi, lentamente, il rumore si spegne e tutto resta come prima.
Il prefetto Donato Cafagna parla di “programmi di interventi volti a venire incontro alle esigenze di sicurezza e serenità di chi è impegnato per la salute dei cittadini”. Parole condivisibili, certo, ma che suonano fin troppo note. Così come quelle del direttore dell’Asl, Carlo Picco, che elenca misure già attive da anni — vigilanza armata, pulsanti antipanico, telecamere — spacciandole per novità. In realtà, il vero nodo non è mai stato la mancanza di sistemi di sicurezza, ma la mancanza di personale, di formazione e di tempo per affrontare situazioni di stress crescente.
Poi ci sono gli assessori regionali, Federico Riboldi e Maurizio Marrone, che annunciano l’arrivo delle guardie armate in tutti i pronto soccorso entro fine anno. Tant'è!
È difficile non notare, in tutto questo, un certo gusto per la propaganda.
Non che la sicurezza non sia importante — anzi, è sacrosanta. Ma la sicurezza vera nasce da condizioni di lavoro dignitose, da reparti non al collasso, da cittadini che non devono aspettare otto ore per un codice verde, mesi e anni per una visita o un intervento chirurgico.
C’è insomma il rischio che questo protocollo serva più a rassicurare l’opinione pubblica che il personale sanitario. Un modo elegante per dire: “vedete, stiamo facendo qualcosa”, mentre sul campo tutto continua a funzionare come prima, con la differenza che ora ci sono due telecamere in più e un vigilante alla porta.
La firma è fresca, le parole sono alte. Ma la fiducia — quella no — si conquista nei corridoi degli ospedali, non nelle sale della Prefettura. E forse, più che nuovi protocolli, servirebbe un impegno quotidiano per ricostruire pezzo dopo pezzo la sanità che il Piemonte aveva e oggi non c'è più, mortificata da "primari" che in "intramoenia" si fanno i "ca..propri" e direttori generali incapaci di amministrare e gestire le più grandi aziende del Piemonte.
Insomma, se questa è la risposta della politica alla violenza nei presidi sanitari, viene il sospetto che il vero obiettivo non sia tanto proteggere chi cura, quanto proteggere chi governa.
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