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La guerra delle Sante. Schlein contro Meloni: “In Italia la democrazia è a rischio”. La premier replica furiosa: “Vergogna, stai infangando il Paese”

Dal congresso del Partito Socialista Europeo ad Amsterdam, la segretaria del Pd accusa il governo di essere “un pericolo per le libertà”. La presidente del Consiglio risponde sui social con parole di fuoco. È scontro aperto tra due visioni opposte d’Italia, che si sfidano anche sul palcoscenico europeo

Schlein contro Meloni: “In Italia la democrazia è a rischio”. La premier replica furiosa: “Vergogna, stai infangando il Paese”

Elly Schlein

Scintille tra Elly Schlein e Giorgia Meloni. La prima, dal palco del congresso del Partito Socialista Europeo ad Amsterdam, ha accusato il governo italiano di essere “un pericolo per la democrazia e per le libertà fondamentali”, parole che hanno immediatamente acceso una nuova miccia nel già infuocato confronto politico. Schlein, nel suo intervento davanti ai leader progressisti europei, ha parlato di un’Italia governata da “un’estrema destra che taglia la sanità pubblica, indebolisce i diritti sociali e affossa il salario minimo”. Ma non si è fermata lì. Ha citato anche il caso di Sigfrido Ranucci, il giornalista di Report, parlando di “un clima di odio e intimidazione che non nasce per caso ma da una precisa cultura politica che divide e spaventa”.

Parole pesantissime, pronunciate non in un comizio locale ma su un palco internazionale, che non potevano lasciare indifferente Giorgia Meloni. La premier ha risposto con un post durissimo sui social, accusando la segretaria del Pd di “diffondere falsità e gettare discredito sull’Italia davanti al mondo”. “Siamo al puro delirio. Vergogna, Elly Schlein, che vai in giro per il mondo a raccontare menzogne sul tuo Paese per ottenere qualche applauso dai socialisti europei”, ha scritto la presidente del Consiglio, accompagnando le parole con un tono che lascia trasparire irritazione ma anche la volontà di trasformare lo scontro in una questione di orgoglio nazionale.

meloni

Da Palazzo Chigi e da Fratelli d’Italia si è levato un coro di accuse: Schlein avrebbe “delegittimato le istituzioni italiane”, “offeso la dignità del Paese” e “strumentalizzato un caso gravissimo come quello di Ranucci per fini politici”. Gli esponenti della maggioranza parlano di “propaganda internazionale” e invitano la segretaria del Pd a chiedere scusa. Ma dal Nazareno non c’è alcuna intenzione di arretrare. Fonti vicine a Schlein sostengono che la leader dem “ha semplicemente detto la verità” e che “la destra si offende solo perché le sue politiche vengono messe a nudo”.

Lo scontro, insomma, va oltre le solite schermaglie. Tocca temi profondi: il confine tra critica politica e lesa patria, la libertà di espressione, il ruolo delle opposizioni in un’Europa che guarda con crescente preoccupazione ai governi sovranisti. Schlein sceglie di alzare il tiro proprio davanti ai partner europei, consapevole di parlare a un pubblico che vede nell’Italia di Meloni il laboratorio della destra continentale. Meloni, dal canto suo, non può permettersi che l’immagine del suo governo venga associata a un pericolo per la democrazia: per questo risponde con la forza della retorica patriottica, evocando l’orgoglio nazionale come scudo contro le accuse.

La polemica si inserisce in un clima politico già teso, segnato dal dibattito sulla manovra economica, dai tagli al welfare e dal ritorno di tensioni sociali. In questo contesto, le parole della segretaria del Pd assumono un peso simbolico. Non è la prima volta che Schlein attacca frontalmente Meloni, ma mai lo aveva fatto da un palco internazionale con toni così espliciti. È la prova, dicono alcuni osservatori, che la leader dem ha deciso di giocare la partita anche sul terreno europeo, cercando di isolare la premier italiana in vista delle prossime alleanze a Bruxelles.

Dal canto suo, Meloni tenta di ribaltare la narrazione, trasformando la polemica in una questione di “difesa dell’Italia” e non del suo governo. La sua risposta non è solo a Schlein, ma a tutti coloro che – nel campo progressista europeo – accusano l’esecutivo di spingere il Paese verso una deriva illiberale. Il messaggio è chiaro: chi critica l’Italia all’estero, tradisce gli italiani.

Intanto la bufera politica non accenna a placarsi. I social si infiammano, con hashtag contrapposti e toni sempre più violenti. Da una parte chi applaude Schlein per il coraggio di denunciare le derive autoritarie, dall’altra chi la accusa di “infangare il Paese per interesse elettorale”. Un copione già visto, ma questa volta amplificato da un contesto internazionale e da un clima pre-elettorale che rende ogni parola una miccia.

In fondo, la lite tra Schlein e Meloni non è solo un duello personale. È il riflesso di due Italie che non si parlano più: quella che teme la chiusura dei diritti e quella che rivendica orgoglio e sovranità. E quando le due si incontrano, il risultato è sempre lo stesso: un’esplosione politica perfetta.

Le sante litiganti e la patria in saldo

E così, Elly Schlein ha detto che con Giorgia Meloni la democrazia è in pericolo. E Meloni ha risposto che Schlein è una vergogna nazionale. Dunque, niente di nuovo: è venerdì, c'è il sole, e due signore si insultano per il bene del Paese.

Schlein, dal congresso socialista di Amsterdam, ha fatto il suo discorso alla nazione — solo che la nazione era un’altra. Ha spiegato ai compagni europei che in Italia la libertà sta morendo. L’hanno applaudita commossi, poi sono tornati a discutere di birre artigianali e salari tedeschi. Intanto, in Italia, la libertà non si è accorta di nulla: è rimasta lì, un po’ malconcia, ma viva.

Meloni, però, non l’ha presa bene. Ha digitato furiosa: “Vergogna, Elly Schlein!” con quel tono da mamma che scopre la figlia con una sigaretta in mano. “Andare all’estero a parlare male dell’Italia!” Come se l’Italia fosse una cugina da difendere al pranzo di Natale. Ma forse Meloni confonde se stessa con la patria, cosa che accade spesso ai presidenti del Consiglio e ai re di Francia.

Una fa la pasionaria dei diritti, l’altra la paladina della bandiera. Una predica a Bruxelles, l’altra tuona su Facebook. Entrambe convincono i loro: Schlein gli indignati, Meloni gli indignati per l’indignazione degli altri. È una macchina perfetta, il moto perpetuo della politica italiana.

Schlein parla di libertà, e Meloni si offende. Meloni parla di patria, e Schlein si offende. È un Paese meraviglioso, l’Italia: non c’è bisogno di governarlo, basta offendersi a turno.

Il punto è che nessuna delle due riesce a dire una cosa senza dire anche che l’altra è il male assoluto. È come guardare due religiose discutere su chi ama di più Dio. E nel frattempo, il convento cade a pezzi.

Schlein sogna l’Europa dei diritti, Meloni sogna l’Italia dei nonni. Il guaio è che entrambe sognano, e nessuna si sveglia. E mentre loro duellano tra “vergogna” e “libertà”, il cittadino medio — quello con il mutuo, il dentista e la benzina a due euro — si domanda se non sarebbe meglio un po’ di noiosa amministrazione, giusto per cambiare.

Insomma, la guerra delle sante continua. Una brandisce la Costituzione, l’altra il tricolore. E alla fine, in questo duello di sante parole, la laicità resta l’unica vera martire.

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