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Fiorella Mannoia: una voce per tutte. “Quello che le donne dicono”

Dalla controfigura agli stadi: voce delle donne, impegno civile e i brani che hanno segnato la sua carriera

Fiorella Mannoia: una voce per tutte. “Quello che le donne dicono”

Fiorella Mannoia: una voce per tutte. “Quello che le donne dicono”

Mercoledì 15 ottobre, nella Sala Conferenze Trinità di Cuorgnè, l’UNITRE ha dedicato un incontro a Fiorella Mannoia, una delle voci più amate e autorevoli della musica italiana. L’appuntamento, condotto dal docente Luigi Perona con la partecipazione di Catia Sale, portava un titolo emblematico: “Quello che le donne dicono”. Un gioco consapevole sul celebre brano che l’ha resa icona, privato volutamente del “non” per ribadire l’essenza più vera dell’artista: Fiorella non tace, parla. Prende posizione. Canta la vita, la libertà, la dignità delle donne.

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La conferenza ha ripercorso un cammino artistico e umano che attraversa oltre mezzo secolo di storia della musica italiana, fatto di passione, coerenza e impegno civile. Perché la Mannoia non è solo una cantante: è una narratrice di anime, una testimone che ha saputo dare voce a chi voce non ha.

Fiorella nasce a Roma il 4 aprile 1954, in una famiglia che vive di cinema. Il padre, cascatore a Cinecittà, le trasmette il coraggio e la disciplina del mestiere. Da adolescente segue le sue orme, diventando una delle prime stuntwoman italiane. Cade da cavalli in corsa, da moto, da carri, con la stessa determinazione che metterà anni dopo nel salire su un palco. È la controfigura di Monica Vitti in quattro film, e di Candice Bergen, lavorando accanto a giganti come Vittorio De Sica, Alberto Sordi, Gene Hackman e Oliver Reed. Ma, come lei stessa ha raccontato, ogni caduta era solo l’allenamento al volo più grande: quello nella musica.

Nel 1968 debutta al Festival di Castrocaro con Un bimbo sul leone di Adriano Celentano. Non vince, ma apre la porta al suo primo contratto discografico. Seguono anni di ricerca, tra 45 giri leggeri e un’identità ancora da costruire. Nel 1972 pubblica Ma quale sentimento con Mimmo Foresi, suo compagno, un disco fresco e ingenuo, lontano dall’intensità che la renderà grande.

Gli anni Settanta sono di sperimentazione. Prova più strade, passando da Franco Califano a sonorità dance, in cerca della sua voce. La svolta arriva nel 1980: canta Pescatore con Pierangelo Bertoli. È il primo incontro vero col grande pubblico, anche se le loro voci furono registrate separatamente. Da quel momento, Fiorella non smetterà più di raccontare la vita attraverso la canzone.

Nel 1981 sale per la prima volta sul palco di Sanremo con Caffè nero bollente: una donna libera, indipendente, provocatoria per l’epoca. Tre anni dopo, con Come si cambia, trova la piena maturità artistica. La voce calda e profonda, la capacità di far vibrare ogni parola: è nata la Mannoia che conosciamo. Nel 1985, in tv, sbaraglia colleghe già consacrate come Patty Pravo e Iva Zanicchi vincendo Premiatissima con quattro milioni di voti popolari. Pubblica un album con brani di Baglioni, De André, De Gregori e Battiato: un ingresso trionfale nella canzone d’autore.

Il 1987 è l’anno dell’eternità: Quello che le donne non dicono, scritta da Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone, diventa un inno generazionale. Una canzone che attraversa il tempo e le coscienze, interpretata con delicatezza e forza. Fiorella stessa, anni dopo, cambierà il verso finale in “ci diremo ancora un altro forse”, un piccolo atto di ribellione poetica che riassume tutta la sua filosofia: la libertà di scegliere, di dire no, di non tacere mai.

Negli anni, il suo impegno civile è diventato parte integrante della sua musica. Nel 2016 organizza Amiche in Arena per sostenere l’associazione D.i.Re “Donne in Rete contro la violenza”, da cui nascerà il progetto Una. Nessuna. Centomila. che unisce artiste di più generazioni. Collabora con Emergency, sostiene iniziative per i giovani e per l’Africa, e con l’album Sud racconta le ferite e la dignità del mondo del Sud, coinvolgendo artisti brasiliani in un ponte di musica e solidarietà.

Gli anni Ottanta e Novanta consacrano il sodalizio con Ivano Fossati e Massimo Bubola, con cui nascono capolavori di poesia e introspezione. Accanto alla canzone d’autore, cresce anche il suo amore per la musica sudamericana: canta Chico Buarque e Toquinho, con interpretazioni raffinate come O que será.

Nel nuovo millennio, Fiorella porta sul palco la sua idea di libertà. A piedi nudi, accoglie il pubblico come amici, abbattendo ogni distanza. Il tour Sud è una festa di suoni e popoli. La sua Sally di Vasco Rossi diventa un capolavoro di grazia e dolore, tanto che Vasco confesserà: “L’avevo scritta per te e non lo sapevo.”

Dal 2012 scrive anche testi propri: In viaggio, Combattente, canzoni che parlano di resistenza e speranza. La voce resta ferma, il messaggio si amplia: la Mannoia canta per chi lotta, per chi cade, per chi non smette di cercare la propria dignità.

Oggi Fiorella continua a unire impegno e ironia, alternando brani intensi come Sally a interpretazioni leggere come Messico e nuvole. Ogni concerto è un dialogo sincero col pubblico: nessuna distanza, solo condivisione.

Fiorella Mannoia non è solo una cantante. È una voce collettiva, un simbolo di coerenza, una donna che ha fatto della musica una forma di libertà e di verità. Ogni canzone, da Pescatore a Come si cambia, da Quello che le donne non dicono a In viaggio, è un tassello di una storia che parla di vita, di amore e di coraggio.

E così, anche la serata dell’UNITRE si è conclusa nel modo più naturale: con una sorpresa musicale dedicata a lei, interpretata da Catia Sale, come un omaggio a una donna che ha insegnato a tutti noi che cantare è un atto di libertà, e ascoltare è un atto d’amore.

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