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15 Ottobre 2025 - 16:57
Serena Abbà e Martina D'Alonzo in scena
C’è un momento, in mezzo ai bicchieri, in cui il vino smette di essere vino. Ti guarda negli occhi, ti parla, si racconta. Diventa persona. E in quell’istante capisci che la bottiglia che stai per assaggiare non è solo un prodotto, ma una storia: un intreccio di suoli, mani, stagioni e destini. È da lì che nasce “Degustazioni Teatrali”, il format ideato da Martina D’Alonzo e Serena Abbà, attrici e anime della compagnia torinese La Fabbrica delle Bambole. Un’idea semplice e radicale: far incontrare vino e teatro in un’unica esperienza sensoriale, dove la scena non è un palco e il pubblico non è spettatore, ma protagonista.
Domenica scorsa, all’OPEN011 di corso Venezia 11 a Torino, si è aperta la nuova stagione del progetto con una serata interamente dedicata alle bollicine. Non una degustazione tradizionale, ma un viaggio che ha portato i presenti dalle colline del Prosecco alle cantine dello Champagne, passando per il Metodo Classico italiano. Un’odissea spumeggiante, fatta di calici e risate, dove ogni vino è diventato personaggio, un’anima che prende corpo e voce.
L’atmosfera era quella dei piccoli miracoli: luci calde, tavoli apparecchiati come isole di curiosità, il tintinnio dei bicchieri che si mischiava alle battute delle attrici. E poi il pubblico, seduto eppure in viaggio. Perché “Degustazioni Teatrali” è prima di tutto un’esperienza di movimento: dentro la memoria, dentro i sensi, dentro l’immaginazione.
“Non è l’enologo a spiegare il vino,” raccontano Martina e Serena, “ma siamo noi a prenderne le forme. Lo interpretiamo, lo facciamo parlare. Ogni bottiglia ha la sua voce, la sua storia, la sua ironia.”
Ed è proprio in questo cortocircuito tra gioco e conoscenza che il progetto trova la sua forza. Il teatro abbatte la distanza, trasforma i tecnicismi dell’enologia in immagini, situazioni, emozioni. Così la fillossera diventa una partita di calcio, il tappo difettoso un medico un po’ pasticcione, la fermentazione un viaggio dell’eroe. Si ride, si impara, si beve. Ma soprattutto si entra in connessione.
Non c’è quarta parete, non c’è confine. Le attrici si muovono tra i tavoli, si siedono accanto a te, ti chiedono: “Tu che vino saresti?”
E da lì comincia un gioco che è tutto tranne che leggero: un modo per parlare di identità, di esperienze, di emozioni.
Una bollicina diventa una persona frizzante, un vino fermo una presenza composta, un rosso in legno una donna che ha vissuto molto. “E per te cos’è?” ti domandano. E tu rispondi, quasi senza accorgertene, perché il vino che hai nel bicchiere ormai è anche un po’ tuo.
Dietro quella leggerezza, c’è una drammaturgia rigorosa. Ogni scena nasce da uno studio attento delle caratteristiche organolettiche, delle storie delle cantine e delle emozioni che quei vini possono evocare. Ogni edizione è un pezzo unico, costruito su misura per l’azienda o la cantina ospitante.
Le Degustazioni Teatrali sono infatti un format adattabile: ogni spettacolo cambia, ogni collaborazione porta con sé nuove voci e nuove sfumature. “Interpretare le vostre bottiglie” – spiegano le attrici – “significa creare qualcosa che vi rappresenti. La nostra missione è far entrare il pubblico nella vostra storia.”
Non stupisce che il format abbia già conquistato cantine, aziende e istituzioni. L’obiettivo è ambizioso: trasformare la comunicazione del vino in un racconto teatrale capace di emozionare. E i risultati ci sono: il 95% del pubblico, secondo i dati raccolti dalla compagnia, acquista i vini degustati dopo lo spettacolo. Perché non compra solo un’etichetta: porta a casa un’esperienza. Un ricordo da stappare.
Domenica, all’OPEN011, è successo ancora. Il pubblico ha imparato a “vedere” la differenza tra un metodo Charmat e un Metodo Classico non con una slide, ma attraverso una scena comica: una sfida tra bollicine ribelli e nobili spumanti, giocata sul filo dell’ironia. Ha scoperto la storia dello Champagne come si scoprirebbe un romanzo di formazione. E ha riso di gusto quando una bottiglia “in legno” ha raccontato la sua vita passata in barrique come una lunga terapia di maturazione.
La Fabbrica delle Bambole non tradisce il suo spirito: un teatro popolare nel senso più alto del termine, un’arte che parla al pubblico senza filtri né barriere, che mescola divulgazione e poesia. Serena Abbà e Martina D’Alonzo – già compagne di studi alla Fools Factory di Torino – hanno costruito una cifra stilistica tutta loro, fatta di presenza scenica, ironia intelligente e un costante dialogo con la realtà.
Il loro è un teatro che si sporca le mani, che esce dai luoghi canonici, che trova nel contatto umano la sua linfa. “Crediamo che il linguaggio teatrale sia essenziale per costruire pensiero critico,” spiegano. E lo fanno davvero: non con sermoni, ma con bicchieri in mano e risate autentiche.
C’è in questo progetto qualcosa di profondamente politico, anche se non dichiarato. Restituire complessità attraverso la leggerezza. Prendere un mondo pieno di codici tecnici – quello dell’enologia – e renderlo accessibile, umano, divertente. È una forma di resistenza alla semplificazione, alla superficialità del consumo.
Ogni degustazione è un atto di lentezza condivisa: si assaggia, si ascolta, si ride, si pensa.
E forse è per questo che, più di uno spettacolo, Degustazioni Teatrali è una esperienza di comunità. Chi partecipa non dimentica: perché la conoscenza, quando passa per l’emozione, resta.
La compagnia lo racconta bene nel suo dossier: “L’esperienza travolgente di convivialità e divertimento crea un forte coinvolgimento nelle persone, che desiderano portare via con sé non solo una bottiglia, ma un’emozione che rievocheranno ogni volta che berranno quel vino.”
L’appuntamento di ottobre è stato il primo di una stagione che continuerà nel 2026 con cadenza mensile: 18 gennaio, 22 febbraio, 22 marzo, 19 aprile, 17 maggio e 21 giugno, sempre la terza domenica del mese alle 18, sempre all’OPEN011.
Ogni serata sarà diversa, ogni vino un nuovo personaggio, ogni pubblico un nuovo mondo da scoprire.
Eppure, nonostante il successo crescente, il cuore del progetto resta intatto: la voglia di raccontare storie attraverso i sensi, di creare un legame tra le persone, di restituire al teatro la sua dimensione originaria — quella del rito, della condivisione, della presenza.
Guardando una serata di Degustazioni Teatrali, si ha l’impressione di assistere non solo a uno spettacolo, ma a una rinascita: la rinascita di un teatro che non teme il contatto, che non si rifugia nei formalismi, che osa tornare tra la gente.
E di un pubblico che, finalmente, non si limita a guardare, ma partecipa, ride, riflette. Si emoziona.
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