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Eporedia Futura
14 Ottobre 2025 - 09:00
“Ivrea, la “città industriale del XX secolo”, vive oggi in bilico tra la gloria del suo passato e l’incertezza del suo presente. Da quando l’UNESCO l’ha inserita tra i siti patrimonio dell’umanità, molti hanno sperato in una rinascita, in una spinta capace di riportare vita e idee in un territorio che per decenni è stato simbolo di progresso, cultura e innovazione sociale. Ma a distanza di anni, quel riconoscimento rischia di restare una medaglia lucida appuntata su un vestito logoro. La città di Adriano Olivetti è ancora alla ricerca di un’anima moderna, capace di tradurre in futuro i valori che l’hanno resa grande.
Le fabbriche dismesse restano lì, come giganteschi monumenti di cemento e silenzio. L’archeologia industriale olivettiana, che altrove sarebbe un laboratorio di rinascita creativa, a Ivrea sembra un archivio immobile. I progetti di recupero procedono a rilento, impantanati tra fondi promessi e mai arrivati, vincoli urbanistici e una burocrazia che scoraggia più di quanto stimoli. Intanto, i giovani continuano ad andarsene: chi può, studia o lavora altrove, lasciando dietro di sé una città che invecchia, si spegne, si ripiega su se stessa.
Il centro storico è lo specchio di questo declino lento. I negozi chiudono uno dopo l’altro, le saracinesche abbassate sono più numerose delle vetrine illuminate. Le iniziative culturali resistono, ma faticano a trovare pubblico e sostegno. Si parla tanto di turismo, ma come può decollare una città che non sa accogliere? Mancano infrastrutture, manca una segnaletica adeguata, mancano collegamenti efficienti con il resto del Canavese e con Torino. Ivrea è bella, ma isolata: una perla dimenticata tra le colline moreniche, dove persino trovare un parcheggio diventa un’impresa.
E poi c’è la politica, frammentata, autoreferenziale, spesso incapace di pensare oltre la logica del piccolo consenso. Ogni amministrazione promette di “rilanciare la città”, ma i piani restano sulla carta, o si perdono nei labirinti di mille comitati e tavoli tecnici. Manca una visione, una strategia di lungo respiro che tenga insieme cultura, impresa, ambiente e sociale. Ivrea avrebbe tutto per tornare laboratorio di idee — la sua storia, il suo patrimonio architettonico, una comunità che, nonostante tutto, conserva passione e competenze — ma serve una scossa.
Forse il problema è proprio questo: ci si accontenta di raccontare Ivrea com’era, invece di immaginare come potrebbe essere. Si organizzano convegni su Olivetti, ma pochi provano davvero a seguirne l’esempio: investire nelle persone, credere nella bellezza come valore civile, fare della tecnologia uno strumento di comunità e non di profitto. La memoria, da sola, non basta.
Ivrea non ha bisogno di altri slogan, ma di progetti concreti, di giovani che restino, di imprese che trovino spazio e fiducia. Di un’amministrazione che torni a fare scelte coraggiose, anche impopolari, per restituire vita ai suoi spazi vuoti. Perché il rischio, oggi più che mai, è che la “città ideale” di Olivetti si trasformi definitivamente in un museo a cielo aperto. Bello da visitare, ma morto da vivere.”
Ho chiesto a ChatGPT di scrivere un editoriale sui problemi d’Ivrea e l’analisi che ne esce è formidabile: se al Sindaco e alla Giunta non è mai venuto in mente di chiedere suggerimenti per i problemi (che spesso sembrano non conoscere) avranno almeno l’umiltà di chiedere aiuto per le soluzioni?
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