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11 Ottobre 2025 - 19:15
Corso Taranto 80: citofoni divelti, fili scoperti e degrado ovunque. Così vivono gli inquilini Atc a Torino
Pare un set cinematografico abbandonato dopo le riprese di un film sulla miseria urbana, e invece è la realtà quotidiana delle case popolari Atc di corso Taranto 80, a Torino. Qui, dove dovrebbero abitare famiglie fragili, anziani soli e persone che attendono un riscatto, si vive invece tra pannelli dei citofoni divelti e rimossi, cassette postali danneggiate e scardinate, fili elettrici scoperti e scatole di derivazione spaccate. Un panorama da terzo mondo, nel cuore di una delle città che ama definirsi “capitale dell’innovazione sociale”.
A denunciare per l’ennesima volta la situazione è il vice capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale, Domenico Garcea, che ha effettuato un nuovo sopralluogo nel complesso Atc, già oggetto di segnalazioni e proteste in passato. Garcea, dopo aver varcato l’ingresso del palazzo, ha trovato un quadro desolante, in cui il degrado strutturale si intreccia con l’incuria istituzionale. «Non solo non è migliorato nulla – dichiara Garcea – ma è tutto peggiorato. Gli interventi promessi non sono mai stati realizzati e i residenti continuano a vivere in condizioni inaccettabili». Le sue parole, ormai ripetute come un rosario di impotenza, suonano come un’accusa diretta verso Atc e Comune di Torino, colpevoli, secondo lui, di voltarsi dall’altra parte.
Non si parla solo di crepe nei muri o di impianti elettrici fuori norma. Il problema è più profondo, radicato nel terreno sociale che circonda quelle palazzine. «Accanto alle problematiche tecniche – prosegue Garcea – c’è un contesto sociale difficile, con situazioni di insicurezza, degrado e microcriminalità che gravano ulteriormente sui cittadini onesti che abitano in queste palazzine. È doveroso che Atc e Comune di Torino intervengano immediatamente, perché non è più tollerabile che chi vive nelle case popolari sia abbandonato in queste condizioni».
Tradotto: oltre ai fili elettrici scoperti, ci sono tensioni sociali costanti, atti vandalici, furti nei locali comuni, porte divelte, ascensori che non funzionano e un generale senso di abbandono. Le persone che abitano lì, molti dei quali anziani con pensioni minime o famiglie con bambini piccoli, sono ormai rassegnate. “Ci hanno promesso di sistemare tutto – raccontano alcuni – ma da anni vediamo solo tecnici che vengono, fotografano e se ne vanno. Poi, più nulla.”
Il problema delle case Atc, a Torino, è noto da tempo. Ogni tanto si riaccende, come un incendio sotto la cenere, quando qualcuno – come Garcea – decide di tornare sul posto e documentare lo stato disastroso degli immobili. Poi torna il silenzio. Lentezze burocratiche, rimpalli di competenze, la solita partita di ping-pong tra Comune e Atc: chi deve intervenire? Chi ha i fondi? Chi deve autorizzare? Nel frattempo, i pannelli dei citofoni restano divelti, le cassette postali aperte, i muri anneriti dall’umidità, e gli impianti elettrici sempre più pericolosi.
Eppure, parliamo di case popolari, di alloggi pubblici costruiti proprio per garantire dignità a chi non può permettersi altro. Ma la dignità, in corso Taranto 80, sembra essere evaporata insieme alla manutenzione. Non è la prima volta che il tema finisce sotto i riflettori. Ogni anno, immancabilmente, si parla di piani di recupero, di fondi regionali, di interventi “imminenti”. Ma tra un comunicato e una conferenza stampa, il tempo passa e i problemi peggiorano. Torino, che ama raccontarsi come città solidale e inclusiva, continua a lasciare interi quartieri popolari in mano al degrado e all’abbandono. Si trovano milioni per la “rigenerazione urbana”, si organizzano festival sull’abitare sostenibile e sull’housing sociale, ma quando si scende a corso Taranto si scopre che la realtà è fatta di crepe, ruggine e fili penzolanti.
Garcea non risparmia stoccate: «Non basta sventolare bandiere dell’inclusione. Bisogna occuparsi delle persone che vivono qui, oggi, in condizioni di pericolo e disagio. È una vergogna che Atc e Comune non riescano a garantire nemmeno la sicurezza elettrica e il decoro minimo di questi alloggi». Camminando tra i pianerottoli si respira un’aria di abbandono. Odore di muffa, intonaco che cade, scritte sui muri, serrature forzate. Ogni dettaglio racconta una storia di trascuratezza e di promesse non mantenute. I residenti, sempre più sfiduciati, dicono di non sentirsi più ascoltati: “Abbiamo scritto, telefonato, segnalato. Ma non cambia niente. Ci sentiamo invisibili.”
E invisibili, in effetti, lo sono davvero: invisibili alla politica, invisibili ai piani di riqualificazione, invisibili alle grandi parole sulla “Torino che rinasce”. Mentre si parla di smart city, di nuovi quartieri ecosostenibili e di colate di fondi europei per la transizione energetica, ci sono cittadini che vivono con fili scoperti e cassette postali divelte. Non si tratta solo di una questione di sicurezza, ma di decoro, rispetto, dignità. Perché dietro ogni muro scrostato c’è una persona che paga un affitto, dietro ogni lampadina bruciata c’è un bambino che fa i compiti al buio, dietro ogni cassetta postale sfondata c’è un cittadino che aspetta una bolletta o una lettera che forse non arriverà mai.
Insomma, mentre la politica torinese si riempie la bocca di parole come “riqualificazione”, “inclusione” e “partecipazione”, la realtà di corso Taranto 80 è quella di un condominio dimenticato, dove ogni promessa suona come una beffa e ogni sopralluogo sembra un rituale destinato a ripetersi senza fine. Un luogo dove il degrado è diventato la normalità e dove l’unica vera certezza è che, a Torino, le periferie continuano a essere l’ultima voce dell’agenda politica.
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