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01 Ottobre 2025 - 01:29
Parigi in piedi per Claudia Cardinale. L’Italia resta a casa
Un applauso che rompe il silenzio, lungo e commosso, ha accolto il feretro di Claudia Cardinale all’ingresso della chiesa di Saint-Roch, nel cuore di Parigi. Sulle note immortali di Ennio Morricone da C’era una volta il West, la città ha reso omaggio a un’attrice che non è mai stata solo un volto del cinema, ma un simbolo capace di attraversare epoche, culture e frontiere. In quel momento, non c’era più distinzione tra fan, turisti, personalità o semplici passanti: tutti uniti nello stesso battito d’applausi, per salutare una donna che ha segnato l’immaginario di intere generazioni.
Fuori, su rue Saint-Honoré, centinaia di persone. C’era chi stringeva in mano vecchie fotografie, chi portava un ritratto disegnato a matita, chi piangeva in silenzio. Era un’assemblea spontanea, popolare e sincera, che ricordava non solo una diva, ma la memoria collettiva di un cinema che ha fatto grande l’Europa. Sotto un sole autunnale insolitamente gentile, il corteo funebre è stato accompagnato da volti noti della politica e della cultura francese, a sottolineare quanto profondo sia il legame tra Parigi e Claudia Cardinale.
Eppure, l’assenza italiana pesava. Nessun ministro, nessun sottosegretario, nemmeno chi della cultura fa spesso passerella mediatica tra festival e red carpet. A rappresentare Roma c’era soltanto l’ambasciatrice Emanuela D’Alessandro. Ben diverso il tributo francese: la ministra uscente della Cultura Rachida Dati, la presidente dell’Ile-de-France Valérie Pécresse, l’ex ministro Jack Lang, e soprattutto la corona di fiori inviata dal presidente Emmanuel Macron e dalla moglie Brigitte. Gesti che non hanno bisogno di parole e che hanno reso ancora più evidente la mancanza di tatto e rispetto da parte del governo italiano.
La cerimonia, all’interno di Saint-Roch — la chiesa parigina che da sempre accoglie le esequie degli artisti e che custodisce persino una lapide legata ad Alessandro Manzoni — si è svolta in un clima di profonda solennità. Sul feretro, poche rose bianche. La famiglia aveva chiesto espressamente di evitare i fiori e di destinare eventuali offerte alla Fondazione Claudia Cardinale, da lei voluta a Nemours, la cittadina a sud di Parigi dove aveva scelto di ritirarsi negli ultimi anni e che resta come lascito concreto della sua passione per l’arte e i giovani.
Tra i presenti, anche alcuni compagni di set che con lei avevano condiviso scene memorabili: Patrick Préjean e Georges Beller, che nel 1971 recitarono al suo fianco ne Le pistolere, dove sullo schermo compariva anche Brigitte Bardot, la grande assente del funerale. Un’assenza che ha fatto rumore, proprio perché le due icone avevano segnato insieme un’epoca di cinema e costume.
Mentre Parigi salutava la sua diva adottiva, anche la Tunisia le rendeva omaggio: a La Goletta, la città dove Claudia Cardinale era nata 87 anni fa da famiglia siciliana, è stata celebrata una messa in suo ricordo. Era un modo per riaffermare quell’identità duplice, francese e italiana, mediterranea ed europea, che lei stessa ha sempre rivendicato con orgoglio e che ha plasmato la sua carriera e il suo carisma.
La funzione a Parigi si è chiusa con un’altra pagina di cinema immortale: il valzer di Nino Rota tratto da Il Gattopardodi Luchino Visconti, colonna sonora della celebre scena del ballo tra Angelica e Tancredi. Impossibile non rivedere negli occhi di chi ascoltava quell’Angelica luminosa che ballava con un giovane Alain Delon, mentre Visconti raccontava la fine di un mondo e l’inizio di un altro. Così Claudia Cardinale ha lasciato Saint-Roch, avvolta da musica, applausi e memoria.
Ma il commiato non si è fermato lì. Oggi, nella chiesa di Saint-Jean-Baptiste a Nemours, si svolgerà una seconda cerimonia, più intima, nel luogo che lei aveva scelto come rifugio negli ultimi anni. È lì che la sua presenza continuerà a vivere attraverso la Fondazione, che porta il suo nome e che rimane come eredità di una donna che ha fatto della cultura una missione. E infine, il 2 ottobre, la cremazione, in forma strettamente privata, chiuderà il ciclo del dolore.
Questi riti non servono solo a salutare un’attrice. Servono a misurare la grandezza di un’eredità. Perché Claudia Cardinale è stata molto più di una diva. È stata la ragazza ribelle de La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini, la Carmelina irresistibile de I soliti ignoti di Mario Monicelli, l’enigmatica donna di 8½ di Federico Fellini, la principessa Angelica de Il Gattopardo, la Jill di C’era una volta il West con lo sguardo che bucava lo schermo. Ha incarnato la femminilità mediterranea, carnale e insieme sofisticata, in un’epoca in cui l’Italia dettava legge nel cinema mondiale.
Negli anni Sessanta, quando il nostro Paese attraversava la sua stagione più fertile, tra Visconti, Fellini, Antonioni, Monicelli, Pasolini, Germi, Sciascia e Moravia, Claudia Cardinale era lì, a dare volto e voce a quel miracolo. Una voce roca, inconfondibile, che non accettava doppiaggi, perché era parte del suo magnetismo. Un sorriso che non si spegneva. Uno sguardo che trasformava ogni scena in icona.
Ecco perché l’assenza dell’Italia a Saint-Roch brucia. Non è solo una questione di protocollo, ma di memoria. Salutare Claudia Cardinale significava ricordare che c’è stato un tempo in cui il nostro cinema era il migliore del mondo, in cui l’Italia era orgogliosa di esportare talento, cultura e bellezza. A Parigi questo lo hanno compreso e celebrato. A Roma no.
Così, tra gli applausi e le musiche, Parigi ha salutato una donna che non apparteneva a un solo Paese, ma a tutti. L’Italia, invece, ha perso un’occasione per dimostrare gratitudine a chi aveva portato il suo nome e la sua lingua sui palcoscenici del mondo. Ma non importa: il pubblico, quello vero, ha già deciso. Perché Claudia Cardinale continuerà a vivere ogni volta che rivedremo il suo passo elegante attraversare un salone viscontiano, il suo volto illuminarsi in un’inquadratura felliniana, o la sua voce, roca e autentica, risuonare in sala.
Parigi l’ha salutata con stile. L’Italia l’ha dimenticata. Ma la storia, quella no: la storia non dimentica.
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