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A Brandizzo il pre e post-scuola diventa un lusso. Botta e risposta in consiglio comunale

Tariffe oltre i 1.300 euro l’anno, addio ingressi singoli e genitori infuriati. L’amministrazione Durante si difende tra leggi degli anni ’80, piattaforme ministeriali in tilt e promesse di ristori economici

Scontro e polemiche tra maggioranza e opposizione in consiglio comunale sul Caro Scuola

Bambino nel doposcuola

Il Consiglio comunale di Brandizzo, l’altra sera, si è acceso sul tema dei costi e della gestione dei servizi scolastici di pre e post-scuola. Un dibattito che da subito ha assunto i toni dello scontro, incrociando l’urgenza delle famiglie con la rigidità della legge e dei suoi passaggi burocratici. Al centro della contesa, la questione che tiene banco da giorni: l’aumento significativo delle tariffe, capace di infuriare i genitori e mettere in difficoltà l’amministrazione guidata da Monica Durante.

Brandizzo Civica ha portato in aula la voce di alcune famiglie, riducendo tutto a una domanda semplice: perché il servizio, affidato tramite bando alla Cooperativa Valdocco, costa oltre 1.300 euro l’anno? E soprattutto, perché è stata eliminata la flessibilità della “tessera a ingressi singoli”?

La questione non è di lana caprina: al di là dei botta e risposta politici, i costi rappresentano un macigno per molti bilanci familiari. L’opposizione non ha esitato a definire il servizio “un lusso per pochi”.

A rendere incandescente la discussione è stata una frase destinata a rimbalzare nelle chat e nei bar del paese: “Chi di voi non ha 3,90 euro al giorno?”. L’amministrazione si è affrettata a precisare che non si trattava di un’accusa di taccagneria, ma solo di un calcolo per scomporre la spesa annuale su base quotidiana. Peccato che, agli occhi dei genitori, il “tentativo didattico” sia suonato come uno schiaffo alla realtà. A rispondere è stata l’assessora Sasanelli, che ha ribadito come l’aumento sia dovuto a una scelta precisa: garantire un servizio qualificato, legale e inclusivo. “Non più volontari pagati, ma personale contrattualizzato e professionale, ma un servizio educativo”, ha sottolineato, richiamandosi al programma della lista sulla “Comunità educante”.


Marianna Sassanelli


Roberta Favini

L’amministrazione ha comunque annunciato un piano di ristoro per le famiglie in difficoltà, sul modello dei contributi già applicati ai centri estivi. Un modo per provare a smussare gli angoli e dimostrare di aver compreso il malessere. Resta però il dilemma: le famiglie preferiscono pagare di più per un servizio professionale o tornare a un’offerta meno costosa ma ridotta al semplice “guardare i bambini” per dieci ore al giorno?

L’assessora ha inoltre sottolineato un altro aspetto: l’inclusività. Per la prima volta il servizio è a “accesso universale”, accogliendo anche alunni con disabilità.

Sul fronte politico, non sono mancati colpi bassi. La consigliera Vacca ha criticato l’assenza di un confronto preventivo con le famiglie. A rispondere è stato il capogruppo di maggioranza Aldo Garbarini, che è intervenuto con la clava di un semplice constatazione: “Consultare i genitori prima avrebbe significato sapere chi aveva vinto la gara: e questo è un reato”. La replica si è rifatta alle regole delle procedure pubbliche, dove i vincitori emergono solo all’apertura delle buste.

Il tema dei ritardi, poi, ha alimentato ulteriormente la tensione. L’amministrazione ha puntato il dito contro la piattaforma ministeriale del MEF, responsabile dei rallentamenti. Un argomento che in Italia suona purtroppo familiare: se un portale ministeriale si blocca, i comuni non possono che aspettare. Ma l’opposizione ha trasformato la giustificazione in ironia politica: “Mi sembra di capire che la colpa sia della Meloni”, ha affermato Favini, con qualche sorriso amaro.

La maggioranza, per contro, ha richiamato un principio scomodo ma vero: il servizio di pre e post-scuola non è obbligatorio per legge, ma classificato come “servizio a domanda individuale”. Una norma risalente agli anni ’80, in epoca democristiana, che scarica sui comuni i costi, obbligandoli a farli pagare. Non tutti i comuni, infatti, offrono il servizio, nemmeno a pagamento. Una puntualizzazione corretta dal punto di vista normativo, ma che potrebbe essere percepita dai genitori come una presa di distanza: quasi fosse un favore e non un diritto; diritto che dovrebbe essere invece garantito come servizio pubblico come dice lo stesso Garbarini.  

A Brandizzo il servizio scolastico rischia di trasformarsi in un dilemma senza uscita: un servizio migliore costa di più, ma viene difeso appellandosi a vecchie leggi e a piattaforme che non funzionano. Sulla flessibilità dei singoli ingressi l’amministrazione promette un confronto entro metà ottobre. Nel frattempo, le famiglie si trovano tra sacrifici economici e la speranza che l’alternativa alla “badanza” valga davvero il prezzo richiesto.



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