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Suicidio assistito: il coraggio dell’ASL TO4 e il silenzio della Regione Piemonte

Per la prima volta in Piemonte una commissione sanitaria valuta una richiesta di aiuto a morire. Marco Riva Cambrino (Associazione Luca Coscioni): “Un atto di civiltà che mette a nudo il fallimento della politica regionale”

Suicidio assistito: il coraggio dell’ASL TO4 e il silenzio della Regione Piemonte

Marco Riva Cambrino, attivista chivassese dell'associazione Luca Coscioni.

“L’ASL TO4 ha fatto ciò che la Regione non ha avuto il coraggio di fare: garantire un diritto già riconosciuto dalla Corte Costituzionale. È il segno evidente di un vuoto politico che pesa sulla vita e sulla dignità delle persone”. Così Marco Riva Cambrino, attivista dell’Associazione Luca Coscioni, commenta la decisione della ASL TO4 di istituire per la prima volta in Piemonte una commissione per valutare una richiesta di suicidio medicalmente assistito nel chivassese. Una svolta storica, ma che al tempo stesso mette in luce le responsabilità della politica regionale.

Secondo Riva Cambrino, “non serviva inventare nulla di nuovo: serviva solo dare certezze alle persone malate, stabilire procedure chiare, tempi definiti, uniformità di trattamento. Questo chiedeva la legge di iniziativa popolare regionale Liberi Subito, sostenuta da oltre 11.000 piemontesi e che la passata consiliatura ha scelto di ignorare. Non un confronto, non un voto: il silenzio”.

La conseguenza, osserva l’attivista chivassese, è che “oggi, in assenza di linee guida regionali, tocca alle singole ASL assumersi la responsabilità di fare ciò che la Regione avrebbe dovuto già garantire. Non è compito di un’azienda sanitaria supplire all’inerzia della politica”.

Per Riva Cambrino, il nodo è chiaro: “lasciare che diritti già riconosciuti restino solo sulla carta significa trasformare un atto di civiltà in un percorso a ostacoli burocratico, costringendo chi soffre ad attendere mesi, talvolta fino alla morte, senza risposta”. Da qui l’appello finale: “Il Consiglio regionale del Piemonte non può più voltarsi dall’altra parte. È tempo di assumersi la responsabilità politica e morale: aprire finalmente la discussione, approvare una normativa chiara, garantire procedure uniformi su tutto il territorio. Non si tratta di ideologia, ma di rispetto per la dignità umana”.

L’excursus storico: dalla Consulta al vuoto legislativo

Il tema del suicidio medicalmente assistito in Italia ha avuto una svolta decisiva con la sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale, che ha riconosciuto la possibilità di accedere all’aiuto al suicidio in casi specifici: quando la persona è affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, e mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. La Consulta si era espressa dopo il caso di Marco Cappato e Dj Fabo, aprendo una strada che avrebbe dovuto essere colmata da una legge del Parlamento. Ma a distanza di anni, una legge nazionale non esiste ancora. L’unico strumento rimasto è la sentenza, applicata caso per caso dalle aziende sanitarie. Il Parlamento ha discusso più volte il tema, ma i tentativi legislativi si sono arenati di fronte a divisioni ideologiche e contrapposizioni politiche. Anche il referendum promosso dall’Associazione Luca Coscioni nel 2022, che puntava a depenalizzare parzialmente l’aiuto al suicidio, è stato dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale.

Il caso Piemonte: “Liberi Subito” e la politica che non discute

In questo scenario nazionale incompleto, alcune Regioni hanno cercato di muoversi in autonomia, stabilendo procedure per rendere applicabile la sentenza della Consulta. In Piemonte, la risposta è stata diversa. Nel 2022 l’Associazione Luca Coscioni aveva depositato in Consiglio regionale la proposta di legge di iniziativa popolare “Liberi Subito”, sottoscritta da oltre 11.000 cittadini. Il testo chiedeva di introdurre procedure chiare, tempi definiti e uniformità di trattamento sul territorio piemontese. Ma la proposta non è mai arrivata in aula. La maggioranza di centro-destra scelse di non discuterla, bloccando di fatto il confronto politico su un tema che tocca la vita di migliaia di malati. Ora, con la decisione dell’ASL TO4 di istituire una commissione multidisciplinare, il Piemonte entra comunque nella storia del suicidio assistito, ma per una strada indiretta: non per scelta politica, bensì per necessità amministrativa. Un paradosso che, come denuncia Marco Riva Cambrino, mostra tutto il fallimento della politica regionale: la rinuncia ad assumersi responsabilità etiche e legislative, lasciando che a colmare il vuoto siano le singole ASL, con il rischio di creare disparità territoriali e ulteriori sofferenze per chi già vive condizioni insostenibili.

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