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Ivrea senza cessi. Pìpì "libera" anche in centro città

Bagni mercatali ristrutturati, ma il resto della città resta una latrina a cielo aperto. Dal Lungodora all’ex stazione, tra anziani disperati, pendolari costretti e donne umiliate, Ivrea “turistica” si conferma capitale della pipì en plein air

Ivrea senza cessi. Pìpì "libera"

Ivrea senza cessi. Pìpì "libera"

A febbraio 2025, fiato alle trombe e rullo di tamburi: erano finalmente terminati i lavori di ristrutturazione dei servizi igienici nell'area mercatale. Belli, spaziosi, puliti. Un’opera presentata come di grande impatto per la città, costata 48.584,19 euro e affidata all’ingegnere Giorgio Salamano. Con questo, un problema era risolto. Uno solo, però.

Perché, mentre ancora si festeggia questo traguardo, resta apertissima la questione dei bagni pubblici chiusi da anni nel Giardino Giusiana, che il sindaco Matteo Chiantore ha promesso (giurin giuretto) di riaprire dopo una mozione delle Opposizioni approvata in Consiglio comunale. Resta il disastro dell’ex stazione ferroviaria, ormai ridotta a una vera e propria latrina a cielo aperto. E resta, soprattutto, il problema di una città che, se ti scappa la pipì, o corri a casa o la fai dove capita. Non c’è alternativa.

cessi giusiana

C’è chi sporca senza ritegno per pura maleducazione e chi, disperato dalla mancanza di servizi igienici, si arrangia come può. Risultato? Muri, angoli e cespugli trasformati in vespasiani improvvisati, puzzolenti e sporchi. 

A denunciare questa situazione, da mesi, è il consigliere comunale Massimiliano De Stefano. Lo ha fatto qualche mese fa con un’interpellanza in cui invitava Chiantore a firmare un’ordinanza per chiedere l’intervento dell’Asl e costringere Rfi a ripristinare i bagni esistenti sul primo binario. Lo ha fatto su Facebook, dove ha più volte postato foto inequivocabili di persone che, a destra e a sinistra, un po’ più in qua e un po’ più in là, tirano giù la cerniera e via, qualcuno pure con l’espressione soddisfatta di chi non ce la faceva più.

Lo ha fatto di nuovo oggi, con una foto di un uomo che urina in corso Massimo D’Azeglio, in pieno centro storico, accanto al chiosco-edicola di Porta Vercelli. Un gesto che non è solo inciviltà: è il simbolo del degrado e dell’assenza di soluzioni.

“Vorrei evitare – scrive – di dover fare la sentinella in Corso Massimo D'Azeglio e Porta Vercelli, come ho fatto negli ultimi anni alla stazione di Ivrea. Bisogna però far fronte alle necessità delle persone. Come la più banale e fisiologica: quella di poter andare in bagno. Ivrea turistica, come già scritto più volte, ha bisogno di servizi igienici. Ivrea ospitale e inclusiva ha bisogno della medesima cosa. Le città si stanno trasformando e dobbiamo adeguarci rimanendo al passo, garantendo sicurezza e offrendo servizi. È più forte di me, non riesco a fare finta di nulla. Ci vorrebbe la polizia municipale di prossimità, a piedi in mezzo alla gente: questo può essere un primo passo per contrastare il degrado urbano. Oltre ai bagni pubblici ovviamente, altrimenti succede che da qualche parte la dovranno pur fare”.

Una soluzione, almeno temporanea, De Stefano l’aveva già proposta tempo fa: “Si mettano almeno dei bagni chimici…”. Ne aveva suggerita una seconda per l’area stazione, ormai decaduta: “Visto che oggi il movimento passeggeri c’è sia in corso Nigra sia al Movicentro, nel bando per la concessione di quest’ultimo si metta che chi se lo aggiudica deve garantire l'apertura dei bagni fino all'ultimo treno e bus… Non è un capannone. Non è un bar con l’atrio intorno. È il Movicentro!”.

Una richiesta di cui non s'è fatto nulla, considerando che il Movicentro è poi stato assegnato. Una richiesta tanto banale quanto velenosa, considerando che De Stefano è stato tra i più feroci critici della decisione di trasformare la vecchia stazione in capolinea per gli autobus diretti ad Aosta. Un’operazione che, in nome di pochi secondi di risparmio sui tempi di percorrenza, ha sacrificato il Movicentro, quello sì dotato di bagni pubblici.

La realtà è che Ivrea non ha servizi igienici pubblici. E non si tratta di un dettaglio trascurabile. Negli ultimi mesi sono arrivate segnalazioni fotografiche di ogni tipo: alcune impubblicabili, per i “dettagli anatomici” troppo espliciti; altre, paradossalmente, quasi “instagrammabili”.

Basta guardarsi intorno per capire quanto sia drammatica la situazione. Inutile da qui in avanti chiedersi he cosa spinga un anziano signore, in pieno giorno, a fermarsi sul Lungodora, aprire la cerniera e fare pipì nel fiume. Probabilmente, se glielo chiedessimo, risponderebbe senza esitazioni: “Non avevo scelta. Ho la prostata… Sant’Iddio”. Una risposta secca, senza giri di parole. Perché, diciamocelo chiaramente, a Ivrea i bagni pubblici sono una specie di unicorno: tutti ne parlano, nessuno li vede.

La scena, catturata in corso Re Umberto durante un giorno di pioggia quest'inverno, sembra uscita da un film surreale. Lui, con movimenti rapidi ma sicuri, si guarda attorno e, con rassegnazione, si avvicina alla ringhiera che dà sulla Dora Baltea. Le auto scorrono dietro di lui, indifferenti. Impassibile, risolve così il problema della cronica carenza di servizi igienici.

Si potrebbe ridere, se non ci fosse da piangere. Perché non è solo un gesto sconveniente: è il sintomo di una città che ignora i bisogni essenziali dei suoi abitanti e dei turisti.

Non riguarda solo gli anziani o i viandanti sulla via Francigena. Riguarda chiunque, dopo un caffè o una birra, si trovi in centro senza alternative. Riguarda i pendolari che affollano l’ex stazione, dove solo pochi giorni fa qualcuno è andato oltre una semplice pipì, defecando in un angolo del Movicentro. Lì, l’unica alternativa resta il “Buffet della stazione”, dove al modico costo di un caffè ti concedono l’uso della toilette.

E sarà così fino al 2026, quando finiranno i lavori di elettrificazione della linea ferroviaria. Fino ad allora, centinaia di passeggeri al giorno continueranno ad arrangiarsi dietro gli autobus o in qualche angolo nascosto.

Per la verità, ai Giardini Giusiana i bagni ci sono. Ma sono chiusi. E quelli dell’area mercatale aprono solo durante il mercato: se vi scappa il martedì o il venerdì mattina siete fortunati, altrimenti… arrangiatevi.

stazione

lungodora

E allora la domanda rimane: quando l’Amministrazione comunale di Matteo Chiantore deciderà di affrontare il problema? Quand’è che l’Asl To4 si degnerà di farsi un giro per verificare le condizioni igienico-sanitarie della città?

Un problema che riguarda tutti, ma che per le donne è ancora più grave. Perché se per gli uomini, nel peggiore dei casi, c’è sempre un angolo appartato, per le donne resta solo il bar: una pipì, un caffè e l’economia circolare ringrazia.

E dire che, durante la campagna elettorale, le promesse piovevano come arance a Carnevale: trasporti più efficienti, parchi verdi, eventi culturali. Ma di bagni pubblici, nemmeno l’ombra.

Il disagio si amplifica durante mercatini, fiere e sagre. La gente arriva, si diverte, consuma… e poi? Poi scappa, perché trovare un bagno è un’impresa impossibile.

La verità è che, nella pianificazione degli investimenti, bisognerebbe ripartire dalle basi. I bagni pubblici sono un servizio essenziale. Non si tratta solo di comfort, ma di rispetto per chi vive e per chi visita la città. Perché una città senza bagni pubblici è una città che ha dimenticato i bisogni fondamentali delle persone. E la bellezza, senza praticità, resta solo un’illusione.

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Commenti all'articolo

  • Sovietico Eporediese

    04 Settembre 2025 - 09:08

    Il caro De Stefano permette di usare il bagno della sua attività commerciale a chi ne ha bisogno?

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  • Sovietico Eporediese

    04 Settembre 2025 - 08:58

    I locali e negozi però potrebbero dare una mano eh così con la scusa di andare in bagno si può magari aggiungere un cliente che può comprare qualcosa.. così si evita di arrivare a tali situazioni critiche. Accoglienza zero eh Eporediesi..

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