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03 Settembre 2025 - 11:03
Municipio di Settimo Torinese
Si presenta all’ufficio anagrafe per un banale cambio di residenza. Non un’impresa titanica, non una pratica complicata: semplicemente un modulo da compilare davanti a uno sportello. L’ufficio è deserto, nessuna coda, nessun assembramento. Eppure, due volontari lo fermano: “Deve prenotare online”. Lui, incredulo, risponde: “Ma se non c’è nessuno… sono qui, adesso!”. Niente da fare. Ordine perentorio: tornare a casa. Lui è Renzo De Caroli.
Morale della mattinata? Non basta essere lì fisicamente, non basta avere una pratica da fare, non basta la logica: bisogna piegarsi al dogma della prenotazione online, fosse anche per entrare in un ufficio vuoto. Il risultato? Una pratica rinviata e un cittadino che esce con la sensazione di vivere in un Paese dove le regole contano più del buon senso.
Ma non eravamo usciti dall’epoca del Covid, delle autocertificazioni e dei percorsi obbligati? A Settimo Torinese, a quanto pare, il tempo si è fermato. Qui il virus è diventato burocrazia cronica, e gli uffici comunali vivono ancora come se fossimo in pieno lockdown. Il Comune, invece di riaprire le porte alla normalità, continua a blindarle dietro lo schermo di un computer. Perché è più facile dire “prenoti online” che aprire una porta e dire “buongiorno, mi dica”.
Il paradosso è che la digitalizzazione, sbandierata come progresso, qui diventa l’ennesima barriera. Un cittadino in carne e ossa davanti allo sportello non vale quanto un clic fatto da casa. Eppure il Comune dovrebbe esistere per servire le persone, non per complicare loro la vita. Invece no: si preferisce la rigidità burocratica, anche quando non serve a nulla, anche quando la realtà urla che non c’è alcun rischio, alcuna fila, alcun problema.
De Caroli non è solo un caso isolato: è il simbolo di un modo di amministrare che dimentica la cosa più importante, cioè la gente. Non i protocolli, non le piattaforme online, non le regole calate dall’alto: la gente. Perché un Comune che respinge chi si presenta davanti a un ufficio vuoto è un Comune che ha smesso di capire cosa significa amministrare.
Benvenuti a Settimo Torinese, la città dove il tempo si è fermato. Altrove il Covid è finito, i lockdown sono ricordo, le autocertificazioni stanno negli archivi. Qui no: qui si vive ancora come nel 2020. Mascherine forse non più, ma il dogma resta.
Chiedetelo a Renzo De Caroli, che stamattina si è presentato all’anagrafe per un semplice cambio di residenza. Ufficio vuoto, nessuna coda, nessuno sportello preso d’assalto. Ma i volontari hanno recitato la liturgia: “senza prenotazione non si entra”. E via, rispedito a casa. Non sia mai che un cittadino osi presentarsi di persona in Comune.
E allora viene da chiedersi: chi governa a Settimo, il virus o l’amministrazione comunale? Perché la sensazione è che la sindaca Elena Piastra e la sua corte abbiano trovato nella burocrazia la variante più resistente del Covid. Non contagia i polmoni, ma la vita quotidiana. Non si trasmette con le goccioline, ma con i regolamenti. E soprattutto non ha vaccino.
Il Comune si riempie la bocca di parole come digitalizzazione e servizi smart. Peccato che qui “smart” significhi respingere un cittadino davanti a uno sportello vuoto. Più che Comune, sembra un museo (anzi no, di quello parleremo in un altro articolo): porte chiuse, procedure imbalsamate, cittadini tenuti a distanza di sicurezza.
E mentre la città aspetta risposte sui problemi veri – dal traffico alla sicurezza, dai quartieri dimenticati ai servizi che arrancano – l’amministrazione si distingue per il rigore con cui difende il nulla. Perché è più facile dire “prenoti online” che aprire un ufficio e accogliere un cittadino. È più semplice far la guardia a un corridoio vuoto che governare davvero.
Insomma, a Settimo Torinese il Covid non è più un’emergenza sanitaria, ma un comodo alibi politico. Un metodo di governo che ha un motto ben preciso: “Io so’ io, e voi non siete un clic”.
E così, mentre altrove si prova a ricostruire un rapporto tra cittadini e istituzioni, a Settimo il Comune continua a vivere in una realtà parallela, dove la gente non conta e la burocrazia diventa religione. Roba da matti, verrebbe da dire. Ma qui no: qui è ordinaria amministrazione.
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