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29 Agosto 2025 - 21:16
Il traforo
Chiuderà per oltre tre mesi il Traforo del Monte Bianco, la principale arteria che collega Italia e Francia attraverso le Alpi. A partire dalle ore 17 di lunedì 1° settembre 2025, e fino alle ore 17 di venerdì 12 dicembre 2025, il tunnel resterà completamente interdetto al traffico per consentire il secondo cantiere-test di un ampio progetto di risanamento strutturale della volta. Un’operazione delicata che interesserà due tratti per complessivi 254 metri, nell’ambito di un investimento che tra il 2024 e il 2025 sfiora i 50 milioni di euro.
L’intervento rientra in un piano di manutenzione pluriennale che ha già visto una prima tranche di lavori nell’autunno 2024. Stavolta, come allora, si è scelto il periodo autunnale, quando la componente stagionale del traffico riduce la pressione dei veicoli leggeri, che rappresentano circa il 75% dei passaggi abituali. Ma nonostante la scelta di calendario, i disagi saranno inevitabili, soprattutto per l’autotrasporto.
Secondo le stime, l’80-90% dei mezzi pesanti sarà dirottato sul Traforo del Frejus, che dovrà sostenere un carico straordinario. Per i veicoli leggeri, invece, la viabilità alternativa prevede il ricorso al Gran San Bernardo, al Frejus stesso e ad altri valichi alpini. Non sarà però un autunno facile: dal 22 settembre il Colle del Piccolo San Bernardosarà chiuso per lavori sul versante francese, mentre il Gran San Bernardo subirà nove chiusure notturne tra fine agosto e ottobre. Una sorta di “effetto imbuto” che rischia di complicare ulteriormente la mobilità transfrontaliera e di generare situazioni di congestione su più fronti.
Un piccolo segnale di attenzione arriva per gli utenti abituali: gli abbonamenti da 10 o 20 passaggi validi al 1° settembre 2025 saranno prorogati automaticamente di quattro mesi, senza bisogno di alcuna richiesta da parte degli automobilisti. Una misura che cerca di attenuare i disagi, ma che non risolverà certo il problema dei flussi deviati né quello dell’aumento dei tempi di percorrenza.
Ma la chiusura del traforo non è solo un problema tecnico. Sta già sollevando proteste e allarmi da parte di autotrasportatori, istituzioni locali e associazioni di categoria. FlixBus, ad esempio, ha denunciato il rischio concreto che i viaggiatori si ritrovino “in trappola, senza alternative né rimborsi adeguati”, chiedendo al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti una regia più trasparente e coordinata con la Francia.
La FIAP Autotrasporti, insieme a Unioncamere Piemonte e Chambre Valdôtaine, ha avviato un’indagine sulle conseguenze economiche per le imprese del nord-ovest, mentre Fai-Conftrasporto ha chiesto un intervento immediato a livello europeo, per scongiurare una crisi logistica che rischia di colpire non solo Piemonte e Valle d’Aosta, ma l’intero Paese. Non meno accese le voci dal territorio: i sindaci della Val di Susa hanno lanciato l’ennesimo appello, parlando di una valle “al collasso” e chiedendo al Prefetto di Torino soluzioni urgenti per ridurre traffico, inquinamento e rischi per la sicurezza.
Il tema non è nuovo: già durante la chiusura del 2024 il Frejus aveva registrato un incremento del traffico del 43% per i camion e del 26% per le auto, con code chilometriche lungo la A32 Torino–Bardonecchia e ripercussioni pesanti sulla vita quotidiana dei residenti. Tutti segnali che fanno temere un autunno ancora più complicato, con costi extra per il trasporto merci e viaggi più lunghi per pendolari e turisti.
Il Traforo del Monte Bianco, inaugurato nel 1965, è da sessant’anni una delle infrastrutture simbolo della mobilità europea e, al tempo stesso, una delle più fragili, bisognosa di continue manutenzioni straordinarie. I lavori annunciati per l’autunno 2025 rappresentano solo una tappa di un percorso più lungo, destinato a proseguire negli anni a venire, con ulteriori cantieri e nuove chiusure già messe in calendario.
Insomma, chi deve programmare viaggi tra Italia e Francia nel prossimo autunno è avvisato: tra cantieri, deviazioni e passi chiusi, attraversare le Alpi rischierà di diventare non solo un’impresa, ma anche una prova di pazienza. E mentre camionisti, pendolari e turisti si preparano all’ennesima odissea, resta da capire se le istituzioni nazionali ed europee saranno in grado di trasformare questa emergenza in un’occasione di programmazione seria e condivisa, o se, ancora una volta, a pagare il prezzo più alto saranno i cittadini e le imprese.
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