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29 Agosto 2025 - 17:06
Comau, nuova cassa integrazione per 114 lavoratori: a Grugliasco cresce la paura per il futuro
Alla Comau torna lo spettro della cassa integrazione. La direzione aziendale ha comunicato ai sindacati l’avvio di una nuova fase di ammortizzatori sociali che coinvolgerà 114 lavoratori – nello specifico 55 operai e 59 impiegati e quadri – per tre giorni a settimana fino a fine anno. Una misura che colpisce direttamente il personale delle aree manufacturing, cioè il cuore produttivo dello stabilimento di Grugliasco.
Non è la prima volta che accade: già tra giugno e luglio l’azienda aveva fatto ricorso alla cassa integrazione ordinaria per 715 dipendenti, due giorni alla settimana. Una scelta che aveva già acceso un campanello d’allarme tra i lavoratori e che oggi si ripresenta, seppur in scala ridotta, con la stessa logica di stop programmati, ma con una durata più lunga e una riduzione dell’attività ancora più marcata.
A spiegare la posizione dei sindacati è il responsabile Fiom per Comau, Antonino Inserra, insieme alla Rsa di stabilimento: “Comau sta cambiando pelle. Questo cambiamento sta portando investimenti, acquisizioni di società e assunzioni di nuove figure professionali nel settore impiegatizio, legate alla diversificazione produttiva. La comunicazione di ulteriore cassa integrazione, tuttavia, preoccupa tutti i lavoratori, in particolar modo l’area manufacturing dello stabilimento di Grugliasco, che nel corso degli anni è stata oggetto di pesanti e costanti trasformazioni e riduzioni di organico”.
L’incertezza si concentra soprattutto intorno alle nuove commesse. Lo scorso 17 luglio, durante un incontro ufficiale, l’azienda aveva dichiarato di confidare nell’arrivo imminente di nuovi ordini. Da allora, però, la situazione non è ancora migliorata, e la comunicazione di una nuova ondata di cassa integrazione sembra smentire le promesse di rilancio. “Ci auguriamo – continua Inserra – che vengano acquisite il prima possibile, perché la prospettiva di ulteriore cassa integrazione pesa come un macigno, soprattutto per quei reparti che negli ultimi anni hanno già subito una drastica contrazione”.
Dietro questi numeri c’è un contesto aziendale in rapida trasformazione. Fondata nel 1973 come acronimo di COnsorzio MAcchine Utensili, Comau è stata per decenni la punta di diamante dell’automazione industriale del gruppo Fiat, con lo stabilimento di Grugliasco come centro nevralgico. Oggi la società conta circa 3.800-4.000 dipendenti nel mondo, con una rete di stabilimenti produttivi e centri di ricerca sparsi in Europa, Asia e nelle Americhe. È leader globale nella robotica industriale e collaborativa, negli esoscheletri indossabili (come il progetto MATE), nei veicoli a guida autonoma per la logistica (Agile1500) e nelle soluzioni di automazione avanzata per l’e-mobility, inclusi i sistemi per l’assemblaggio delle batterie.
Ma nonostante le innovazioni tecnologiche e i progetti di diversificazione, lo stabilimento piemontese vive da anni una fase di grande precarietà. A fine 2024 Stellantis ha ceduto il 50,1% di Comau al fondo statunitense One Equity Partners, mantenendo una quota del 49,9%. Un’operazione che il governo italiano ha autorizzato solo a condizione che la sede e le funzioni centrali restassero in Italia, a garanzia di un presidio industriale nazionale. Sulla carta, quindi, il futuro dell’azienda dovrebbe essere legato a nuovi investimenti e a un’espansione internazionale ancora più marcata.
Pietro Gorlier, Ad, in carica dal 1° aprile 2022
Eppure, per chi lavora quotidianamente sulle linee di Grugliasco, il presente è fatto soprattutto di ammortizzatori sociali, di incertezze e di organici progressivamente ridotti. Il contrasto è evidente: da un lato Comau viene celebrata come protagonista della nuova frontiera della robotica e dell’automazione globale, dall’altro nei capannoni piemontesi si moltiplicano le settimane di cassa integrazione.
Il caso della Comau racconta bene le contraddizioni dell’industria italiana contemporanea: aziende che innovano, si internazionalizzano e annunciano acquisizioni, ma che nei territori storici faticano a garantire occupazione stabile e continuità produttiva. E i lavoratori, ancora una volta, restano sospesi tra la promessa di un futuro high-tech e la realtà quotidiana fatta di stipendi ridotti e prospettive incerte.
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