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27 Agosto 2025 - 21:55
un quadrato per abbracci: ai Murazzi la nuova azione urbana di Greg Goya
Ai Murazzi di Torino, accanto all’ex Csa, è comparso un quadrato bianco tracciato sull’asfalto. Un quadrato dentro cui abbracciarsi. In lettere semplici e dirette, la scritta “Hug Here”. Basta questo per cambiare il ritmo di una giornata, per trasformare un luogo spesso legato alla movida notturna in uno spazio di intimità e vicinanza. Nel video diffuso da Greg Goya, le immagini mostrano coppie che si stringono, amici che ridono, un uomo che abbraccia il proprio cane. E in quell’attimo, tra il rumore dei passi e il brusio della città, Torino si ferma. Perché lì non c’è più soltanto un quadrato di vernice, ma un varco che apre alla possibilità di sentirsi umani, insieme, anche solo per pochi secondi.
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Greg Goya, nato a Torino nel 1998, ha un percorso che non inizia tra i muri della città ma nella moda. Si è fatto conoscere personalizzando sneaker, lavorando anche con Armani Young, per poi abbandonare quel mondo nel 2022 e buttarsi senza esitazione nell’arte urbana. Da allora ha costruito un linguaggio che lui stesso ha battezzato Fast Art: un’arte rapida, essenziale, pensata per generare reazioni immediate. Un sorriso, una lacrima, un bacio improvvisato. Nulla di permanente, nulla di monumentale, eppure tutto capace di incidere sulla memoria collettiva. Non serve tempo per capire, non servono spiegazioni: basta un gesto e l’opera si compie.
Così sono nati i suoi interventi più iconici. A dicembre 2022, lungo i Murazzi, il cuore con la scritta kiss here è diventato virale su TikTok, superando il milione di visualizzazioni. Alla stazione di Porta Nuova, un orologio senza numeri, con soltanto la parola now, ha ricordato a centinaia di viaggiatori che il presente è l’unico tempo che possediamo. Alla Reggia di Venaria, invece, un’installazione simile a un crocifisso racchiuso in una teca con la scritta In case of desperation, break the glass ha acceso discussioni e critiche, perché Goya non vuole piacere a tutti: vuole provocare, far riflettere, disturbare le abitudini. Memorabile anche il gioco della campana tracciato in una fermata del metrò torinese, che ha regalato per qualche istante ai pendolari la leggerezza dell’infanzia. E nel 2024 il Museo Nazionale del Cinema, alla Mole Antonelliana, lo ha ospitato con una performance partecipativa in cui il pubblico era invitato a completare una tela collettiva.
Nell’estate del 2025 il suo linguaggio si è fatto itinerante. A Milano, Barcellona, Santa Margherita Ligure e persino negli Stati Uniti, al Chicago Botanic Garden, Goya ha ripetuto i suoi gesti minimi, capaci di farsi comprendere ovunque. A Chicago, il progetto La Stagione dell’Amore ha proposto un globo coperto di francobolli su cui i visitatori erano invitati a rispondere alla domanda “Where do you truly feel at home?”. Le risposte, migliaia e diversissime, hanno trasformato un oggetto fragile e temporaneo in un mosaico universale di emozioni. A Torino, nello stesso anno, in Piazza del Carmine, ha realizzato Attimi, un’installazione ispirata ai segni lasciati dal caffè sui tavoli: cerchi casuali che diventano simboli di gesti quotidiani pieni di significato affettivo.
Tutto questo non rimane confinato nello spazio fisico. I social, in particolare Instagram e TikTok, amplificano e prolungano la vita delle sue opere. L’account di Greg Goya, seguito da oltre 1,3 milioni di persone, è un archivio vivo dove un abbraccio ripreso dentro un quadrato o un bacio dato su un cuore dipinto diventano testimonianze condivise. Non sono semplici documentazioni: sono la prosecuzione naturale dell’opera, che continua a vivere negli schermi, nelle memorie digitali e nei commenti di chi si lascia contagiare da quei gesti. È qui che l’arte urbana, pensata per svanire, si fa eterna.
Non è quindi un caso che la sua sia definita street art relazionale. Non si tratta di abbellire muri, ma di creare situazioni in cui la città stessa diventa teatro di esperienze. I suoi segni riscrivono i marciapiedi, trasformano spazi anonimi in luoghi di incontro, invitano chi passa a fermarsi e a condividere. E ciò che colpisce di più è l’estrema semplicità dei mezzi: un quadrato bianco, una parola, una traccia a terra. Bastano questi elementi per ridisegnare la percezione di un luogo e cambiare per un attimo il modo in cui ci guardiamo.
L’opera “Hug Here” ai Murazzi dimostra che un intervento minimo può avere un potere enorme. Non è un confine, è una soglia. È un invito a entrare, a lasciarsi andare, a stringersi. È un promemoria che ci ricorda come, in una società sempre più veloce e distratta, il tempo per un abbraccio non solo è possibile, ma necessario. Dentro quel quadrato, la città si trasforma: il cemento diventa calore, la strada diventa casa, gli sconosciuti diventano vicini. È qui che l’arte di Greg Goya si compie davvero: quando un gesto semplice ridà senso al nostro stare insieme e rende la vita, per un istante, un po’ più leggera e un po’ più vera.
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