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Canavese, la “Doppia Corona” del ciclismo: dal Giro alla Vuelta un territorio protagonista

Dopo aver ospitato in pochi mesi due Grandi Giri, il Canavese si conferma terra di sport, passione e comunità: visibilità internazionale, ricadute economiche e un forte senso di identità collettiva

Canavese, la “Doppia Corona” del ciclismo tra Giro e Vuelta

Canavese, la “Doppia Corona” del ciclismo tra Giro e Vuelta

Il ciclismo mondiale conosce bene il mito della Tripla Corona: il trionfo nei tre Grandi Giri – Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta a España – un’impresa titanica che nella storia solo sette campioni hanno saputo realizzare. Tra loro brillano anche due italiani, Felice Gimondi e Vincenzo Nibali, veri monumenti del pedale, che però non riuscirono mai a centrare i tre successi nello stesso anno. Una sfida quasi disumana, che ancora oggi rimane lontanissima persino per fenomeni del calibro di Tadej Pogacar, capace di dominare corse monumento e grandi classiche ma costretto a misurarsi con la logica dei calendari, la fatica, il destino e la sorte degli infortuni.

Se il mito della Tripla resta confinato alla leggenda, il Canavese può oggi vantarsi di una prestigiosa Doppia Corona. Non si tratta di trofei vinti da un singolo corridore, ma di un primato territoriale che vale oro: nell’arco di pochi mesi, le sue strade hanno accolto prima il Giro d’Italia e poi, a fine agosto, la Vuelta a España. Due appuntamenti di livello planetario che hanno messo il Canavese sotto i riflettori delle televisioni di tutto il mondo e lo hanno reso palcoscenico di una passione sportiva che unisce popoli e generazioni.

Le immagini dei paesi imbandierati, delle strade gremite di tifosi, dei bambini con la maglietta rosa o rossa a seconda della corsa, resteranno per anni nella memoria collettiva. Ma non si tratta solo di emozioni: eventi di questa portata portano in dote ricadute economiche tangibili – dagli alberghi pieni ai ristoranti che registrano il tutto esaurito – e un patrimonio immateriale altrettanto prezioso, fatto di visibilità turistica e di promozione culturale. Il Canavese, grazie a questa “Doppia Corona”, si candida a diventare terra di riferimento per il ciclismo internazionale e, più in generale, per un turismo lento e sostenibile che trova nello sport la sua vetrina ideale.

Emblematica è stata la giornata di Favria, quando il passaggio della corsa si è trasformato in una festa di comunità. Gli Alpini del gruppo locale, gli agricoltori con i trattori Massey Ferguson, la Protezione civile, la Pro Loco: tutti insieme hanno accolto i corridori e i tifosi con un entusiasmo che ha travalicato lo sport. È stato un modo per ribadire quanto i valori del ciclismo – la tenacia, la resilienza, il rispetto degli avversari e dell’ambiente – siano gli stessi che servono per tenere unita una comunità. Come nello sport, così nella vita di paese: occorre saper stringere i denti, collaborare, adattarsi ai disagi, condividere le difficoltà e pianificare con saggezza.

Non è un caso che sia stato tributato un caloroso ringraziamento al Comandante della Polizia Locale, Ivan Ravalli, capace di coordinare con passione e dedizione le diverse anime di questa festa. Un lavoro silenzioso, ma essenziale, che ha permesso di trasformare il transito di una corsa in un momento di orgoglio collettivo. “Oggi abbiamo pedalato tutti insieme, non solo su due ruote ma con il cuore della nostra Comunità”, è stato il commento che meglio ha sintetizzato la giornata.

Il messaggio è chiaro: il ciclismo non è soltanto sport, ma linguaggio universale di fatica, disciplina e superamento dei propri limiti. In Canavese questo linguaggio si intreccia con un senso di comunità radicato, con l’amore per il territorio e con un legame profondo con l’ambiente naturale che circonda colline, valli e pianure.

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La “Doppia Corona” è dunque qualcosa di più di un riconoscimento simbolico. È il sigillo di un territorio che si dimostra pronto ad accogliere grandi eventi, a valorizzarne l’eredità e a trasformare il passaggio di una carovana in opportunità di crescita. Sul piano culturale, perché rinnova il racconto di un territorio che ha voglia di mostrarsi al mondo; sul piano economico, perché offre linfa a commerci e ospitalità; sul piano sociale, perché rafforza legami e identità.

Il Canavese, insomma, non solo conferma la sua vocazione ciclistica, già scritta nella storia grazie ai suoi percorsi e ai tanti appassionati che lo animano, ma si propone come laboratorio di futuro. Qui lo sport non è solo spettacolo, ma occasione di sviluppo e di comunità. E quella “Doppia Corona” diventa il simbolo di un’eccellenza che unisce pedalate, sorrisi e orgoglio territoriale.

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