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22 Agosto 2025 - 10:23
Gambero killer nei laghi dell’Eporediese: l’invasione che minaccia l’equilibrio dei “cinque laghi”
C’è un nuovo ospite, indesiderato e particolarmente aggressivo, che ha preso dimora nei laghi dell’Eporediese. È il Procambarus clarkii, meglio conosciuto come gambero rosso della Louisiana, ribattezzato con il soprannome di “gambero killer” per la sua voracità e per la capacità di alterare profondamente gli equilibri degli ecosistemi. La sua presenza, già segnalata da tempo in diverse aree del Piemonte, oggi riguarda da vicino anche i cosiddetti cinque laghi di Ivrea, quell’anello di specchi d’acqua di origine glaciale che comprende il San Michele, il Pistono, il Campagna, il Sirio e il Nero, ai quali si aggiungono altri bacini come il Perpignano.
Questi laghi non sono semplici pozze d’acqua: rappresentano la memoria geologica e paesaggistica di un territorio. Nati dal ritiro dei ghiacciai quaternari che hanno modellato la Serra morenica, sono un patrimonio unico, fatto di biodiversità, leggende e usi comunitari. Nel tempo hanno visto convivere natura e uomo: il Sirio meta balneare per generazioni di eporediesi, il San Michele trasformato in parco naturalistico grazie alla Polveriera e alle associazioni locali, il Pistono circondato da castelli e vigneti, il piccolo Campagna immerso nel silenzio e il misterioso Nero, con le sue acque scure capaci di alimentare storie e suggestioni. Un sistema delicato, che oggi rischia di essere stravolto da un ospite che nulla ha a che fare con la storia di queste acque.
L’invasione del gambero killer non è però l’unica preoccupazione. Nei pressi del San Michele è comparso anche il Faxonius limosus, conosciuto come gambero di fiume americano. La sua diffusione in Piemonte è nota da anni: già dal 2017 i monitoraggi hanno registrato la presenza costante di questa specie, soprattutto nei laghi più vicini al confine svizzero e lungo i collegamenti fluviali con il Po. In quell’area, nei laghi Maggiore, Orta e Mergozzo, il Faxonius è diventato onnipresente. Nell’Eporediese, invece, la sua apparizione sembra più sporadica: alcuni resti al San Michele, niente di più. Ma non si può sottovalutare il segnale, perché dimostra che le vie di accesso per specie aliene sono molteplici, dai trasporti umani agli animali migratori.
Il vero protagonista resta comunque il Procambarus clarkii. La sua capacità di adattamento ha pochi rivali: sopravvive in acque torbide, inquinate, povere di ossigeno, tollera sbalzi termici notevoli e, soprattutto, riesce a muoversi sulla terraferma scavando gallerie che mettono a rischio argini e sponde. È un colonizzatore instancabile, che non conosce barriere. La sua prolificità lo rende quasi inarrestabile: ogni femmina depone centinaia di uova più volte all’anno, mentre i gamberi autoctoni, come l’ormai rarissimo Austropotamobius pallipes, riescono a produrne solo poche decine e si trovano rapidamente sopraffatti dalla competizione.
Nei laghi eporediesi la diffusione è ormai evidente. Il San Michele ospita colonie ben radicate; al Pistono, al Campagna e al Perpignano il gambero killer prolifera con facilità. Per i bacini più turistici, come Candia e Viverone, i monitoraggi sono resi più complessi dall’afflusso costante di visitatori, ma il quadro generale lascia pensare che anche lì la specie abbia ormai trovato terreno fertile. I ricercatori del Cnr-Irsa di Verbania, che da anni lavorano con campionamenti regolari in Piemonte, hanno confermato come la presenza del gambero rosso sia in crescita costante, mentre quella del Faxonius, pur segnalata, rimanga marginale. Non solo: durante i rilievi sono state individuate anche altre presenze estranee, come i pesci gatto, i persici sole e le tartarughe americane del genere Trachemys. Tutti ospiti non autoctoni che contribuiscono a ridisegnare, e impoverire, l’ecosistema.
Nonostante la diffusione capillare, ci sono ancora laghi che resistono. Il Nero, più selvaggio e meno antropizzato, resta per ora libero da colonie di gambero killer. Lo stesso vale per i laghi di Maglione e di Moncrivello, dove pure si registrano specie aliene come carpe e pesci gatto, ma non la presenza del Procambarus. La spiegazione sembra risiedere nella scarsa pressione umana: in ambienti meno frequentati, dove le comunità ittiche sono lasciate al loro equilibrio naturale e i grandi predatori non vengono disturbati, la natura riesce ancora a contenere da sola l’arrivo degli invasori. È la prova che laddove l’uomo interviene meno, gli ecosistemi hanno ancora margini di resistenza.
Il problema, però, non riguarda soltanto la perdita di biodiversità. Le conseguenze della diffusione del gambero killer sono anche pratiche e tangibili. Questi crostacei scavano tane profonde che minano la stabilità degli argini, con ripercussioni sulla sicurezza idrogeologica. Predano uova di pesci, girini di rane, tritoni, insetti acquatici e perfino altri crostacei. Si comportano da predatori generalisti che svuotano i laghi, riducendo drasticamente la varietà biologica e trasformando ecosistemi ricchi in ambienti semplificati e poveri.
La situazione eporediese è parte di un fenomeno più vasto. In Piemonte il gambero killer è ormai ubiquo: colonizza i laghi Maggiore, Orta e Mergozzo, i canali irrigui e l’intero corso del Po. In alcune zone la sua presenza ha persino contenuto quella del Faxonius limosus: una sorta di guerra tra invasori, nella quale comunque la specie autoctona esce sempre sconfitta. In altre regioni d’Italia non va meglio: in Trentino, ad esempio, nel lago di Lagolo si è provato con campagne di cattura sistematica a contenerne la proliferazione, ma i risultati sono stati parziali e poco duraturi. La verità è che una volta che il gambero rosso della Louisiana si insedia, liberarsene diventa quasi impossibile.
Il Regolamento europeo 1143 del 2014 impone agli Stati membri di adottare strategie di controllo e prevenzione sulle specie aliene invasive. Ma sulla carta è più facile che nella realtà. Le operazioni di eradicazione sono costose, lunghe e raramente efficaci. L’unico strumento davvero utile resta la prevenzione: impedire nuove introduzioni, sensibilizzare la popolazione e rafforzare i monitoraggi. Qui l’esperienza eporediese mostra un lato positivo: la presenza del parco della Polveriera accanto al San Michele non è solo un presidio per scolaresche e associazioni, ma rappresenta anche un avamposto di osservazione scientifica, capace di segnalare con tempestività i cambiamenti in atto.
Il “gambero killer” è diventato, suo malgrado, il simbolo di un equilibrio naturale in bilico. I laghi dell’Eporediese, nati dal respiro lento dei ghiacciai e sopravvissuti per millenni, rischiano oggi di essere trasformati in pochi decenni da un’invasione che l’uomo stesso ha reso possibile. Alcuni bacini sono già compromessi, altri resistono, ma la storia recente insegna che senza vigilanza costante anche i luoghi più protetti possono soccombere. La partita è aperta, e a essere in gioco non è soltanto la sopravvivenza di una specie contro un’altra, ma l’identità stessa di un territorio. Perché se i laghi perdono la loro biodiversità, non perdono soltanto pesci, gamberi o anfibi: perdono la loro memoria, la loro funzione ecologica, il loro valore simbolico per le comunità che li hanno vissuti.
In fondo, basterebbe guardare al passato per capire la portata del rischio. Quei laghi che oggi ci appaiono immutabili sono in realtà frutto di un equilibrio fragile, costruito nel tempo da millenni di processi naturali. Oggi un piccolo crostaceo importato dall’altra parte del mondo minaccia di spezzare questo equilibrio. E non sarà facile fermarlo. Nei laghi eporediesi la battaglia è appena cominciata: la natura resiste, ma senza un impegno serio dell’uomo rischia di perdere ancora una volta contro gli errori dell’uomo stesso.
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