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Erino Mignone, un cuore che riparte: cinquant’anni, un infarto e tre alberi da vedere crescere

Il fotografo e voce del Carnevale di Ivrea racconta dal reparto di terapia intensiva il suo nuovo inizio. Un post che commuove e diventa monito: non siamo dottori di noi stessi, impariamo ad ascoltarci.

Erino Mignone

Erino Mignone

Domani compirà cinquant’anni, e lo dice senza enfasi, con la naturalezza di chi ha sempre tenuto i piedi ben piantati a terra. Ma stavolta non è un compleanno come gli altri. Erino Mignone, fotografo conosciuto a Ivrea e ex Sostituto del Gran Cancelliere nello Storico Carnevale, festeggerà il suo mezzo secolo con un dono che non si trova nei pacchetti infiocchettati: una nuova vita.

Lo ha raccontato lui stesso in un post che ha fatto commuovere la città. Parole semplici, dirette, di quelle che escono dal cuore quando ci si trova davanti al bivio tra esserci ancora o non esserci più.

«Domani compirò 50 anni… normalmente è uno dei passaggi per tirare le prime somme di un bel pezzetto di vita», scrive. Un bilancio che parte dal dolore di assenze che bruciano – «mio padre su tutti» – e arriva alla gioia più grande: tre figli, tre “alberi” che continuano a crescere, a mettere radici e rami. Linda, Samuele e Tommaso.

Dentro ci sono anche i rimpianti, gli errori, i momenti in cui si è fatto del male e ne ha fatto agli altri. Ma anche il coraggio di riconoscerli, perché è questo che rende autentico il suo racconto. Poi le passioni, quelle che restano immutate, come la fede calcistica: «Ho sempre tifato Juve e lo farò fino alla fine».

E proprio la “fine”, stavolta, Erino l’ha vista da vicino.

«Mercoledì ho avuto un brutto infarto e queste parole le sto scrivendo dal reparto di terapia intensiva». Un infarto sottovalutato, scambiato per dolore intercostale, per una cattiva digestione.

Quel “fare il dottore di sé stessi” che diventa la trappola in cui cadono in troppi, e che lui oggi denuncia con forza: «Se invece di dirmi: non è nulla… avessi chiamato subito l’ambulanza, forse i danni sarebbero stati meno seri, forse non avrei così rischiato la vita».

È qui che il racconto si trasforma. Perché da un letto d’ospedale, tra tubi, monitor e battiti controllati, nasce la gratitudine. Quella sincera, che si legge nelle righe dedicate al 118 e al reparto di cardiologia: «Professionalità e umanità davvero lodevoli». Non sono solo medici e infermieri: sono le persone che gli hanno ridato la possibilità di scrivere, di respirare, di vedere crescere quei tre alberi che per lui valgono più di ogni altra cosa.

sostituto

E allora sì, il regalo per i suoi cinquant’anni è questo: una seconda occasione. «Mi hanno fatto un bel regalo per i 50! Una nuova vita, nuove possibilità, tra cui la più importante: continuare a veder crescere quegli splendidi 3 alberi».

Chi legge non può non fermarsi, non può non rimanere colpito da quella sincerità che non cerca like né applausi, ma solo condivisione. È la storia di un uomo che ha visto la linea sottile tra vita e morte e che oggi ci lascia un messaggio: non siamo invincibili, non possiamo curarci da soli, e la vita – quando decide di darci un’altra chance – va presa per mano e custodita.

In fondo, il fotografo che per anni ha immortalato momenti irripetibili, adesso diventa lui stesso immagine: quella di un cuore che si ferma e riparte, di un padre che rinasce per continuare ad accompagnare i suoi figli, di un uomo che ha ancora molto da raccontare.

Ivrea, oggi, lo abbraccia virtualmente. E nel silenzio di un reparto d’ospedale, la sua voce, quella che conosciamo tutti, trova nuove parole. Questa volta non per scandire il Carnevale, ma per dirci che ogni giorno, davvero, può essere l’inizio di una nuova vita.

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