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14 Agosto 2025 - 17:08
L'assessora regionale Elena Chiorino
Le graduatorie dei voucher scuola per l’anno 2025-2026 sono state pubblicate, e come sempre l’annuncio istituzionale parla di successo e di sostegno alle famiglie. Peccato che, scavando tra i numeri, la fotografia restituita sia ben diversa: su 115.743 domande arrivate agli uffici regionali, soltanto 45.242 sono state accolte. Significa che più della metà delle famiglie piemontesi che hanno chiesto aiuto non vedranno un centesimo. Ma la Regione, naturalmente, preferisce parlare di efficienza, di “procedure concluse” e di 19 milioni di euro stanziati.
La realtà è che quei 19 milioni non bastano neanche lontanamente a coprire il fabbisogno. Per il cosiddetto voucher B, quello che dovrebbe garantire l’acquisto di libri di testo, trasporti e materiale scolastico, le richieste ammesse erano oltre 108 mila. Ne sono state finanziate appena 42 mila, fissando la soglia ISEE a 7.504 euro. In pratica, se guadagni anche solo un centinaio di euro in più all’anno rispetto al limite, tuo figlio può anche andare a scuola a mani vuote. Per il voucher A, destinato alle famiglie che scelgono le scuole paritarie, le richieste erano meno di 5 mila: finanziate circa 3 mila, con una soglia ISEE più che doppia rispetto a quella per i libri, fissata a 18.808 euro. Una scelta che dice tutto sulle priorità politiche.
E non si tratta di una novità. Già lo scorso anno, nel 2024-2025, i numeri raccontavano la stessa storia: 112.174 domande valide, e poco più di 45 mila finanziate. Per il voucher B, su oltre 104 mila richieste ammesse, solo 42.531 furono accolte. Le soglie ISEE erano identiche o quasi: 7.409 euro per i libri, 18.291 euro per le paritarie. E anche allora la Regione stanziò 19 milioni di euro. Insomma, cambiano gli anni, ma non cambia il copione: le famiglie in difficoltà aumentano, il budget resta fermo, e l’unico risultato è che a ogni tornata decine di migliaia di studenti restano senza alcun sostegno. È per questo che più che una politica sociale, questo meccanismo assomiglia a una vera e propria lotteria, con premi per pochi fortunati e la certezza dell’esclusione per tutti gli altri.
E qui arriva la beffa. Perché mentre decine di migliaia di famiglie non sanno come comprare un dizionario o pagare l’abbonamento del bus, la stessa Regione trova senza difficoltà 7,7 milioni di euro da regalare alle scuole paritarie dell’infanzia. Lo ha denunciato senza mezzi termini Alberto Deambrogio, segretario regionale di Rifondazione Comunista: una “scelta discriminatoria a favore del privato”, altro che libertà educativa. Già, perché l’assessora Elena Chiorino rivendica con orgoglio di aver sostenuto la libertà delle famiglie. Una libertà che, tradotta in pratica, significa che i soldi pubblici vanno a chi sceglie le scuole private, mentre la scuola statale – quella che per Costituzione deve essere di tutti e per tutti – resta a secco.
Alberto Deambrogio
Il paradosso è che la Regione, invece di investire nelle aule che cadono a pezzi, nelle mense che servono cibo immangiabile, o nei trasporti scolastici che arrancano, preferisce rafforzare il ruolo del privato come “parte strategica”del sistema. Con buona pace del principio di uguaglianza e accessibilità che la scuola pubblica dovrebbe garantire. È il preludio a quell’Autonomia Differenziata che il ministro Calderoli e il presidente Cirio continuano a inseguire: più soldi al privato, meno responsabilità pubbliche, più diseguaglianze.
E mentre le famiglie fanno i conti con le spese scolastiche in costante aumento – libri che superano facilmente i 300 euro a studente, trasporti urbani ed extraurbani che incidono per altre centinaia di euro l’anno – la Regione risponde con una manciata di voucher che coprono solo una minima parte delle necessità. Voucher che, per chi resta escluso, non sono altro che l’ennesima promessa tradita.
Insomma, mentre i comunicati ufficiali si compiacciono di aver inviato ai fortunati beneficiari un’email con il PIN per utilizzare il voucher entro il 5 settembre, resta il dato politico e sociale: decine di migliaia di famiglie restano escluse, mentre i fondi scorrono generosi verso le scuole paritarie. È la solita storia: a parole si parla di sostegno alle famiglie, nei fatti si spingono i cittadini verso un sistema educativo che premia chi può scegliere il privato e abbandona chi, semplicemente, vorrebbe una scuola pubblica dignitosa.
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