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14 Agosto 2025 - 13:12
Tre ghiande e un caffè: la lezione di vita arrivata in un bar di paese
Al Bar Italia il profumo di caffè e il chiacchiericcio del mattino fanno da sfondo a un gesto che, pur nella sua semplicità, ha il sapore dell’eternità.
È mercoledì 13 agosto, Sandro serve cappuccini con il suo sorriso di sempre, quando GianCarlo si avvicina con passo tranquillo e occhi che nascondono una sorpresa. Nella mano, tre ghiande lucide, appena cadute, unite come se il bosco stesso le avesse intrecciate. «Per te», dice soltanto.
Non è un regalo qualunque. È un ponte tra Favria e i boschi antichi, tra leggende e simboli che attraversano i secoli. La quercia, madre di quelle ghiande, è l’albero sacro per eccellenza: per i Greci voce di Zeus, per i Romani trono di Giove, nel Cristianesimo emblema di salvezza e protezione.
Forte, capace di sfidare tempeste e tempo, è simbolo di stabilità e forza morale. Il suo frutto, la ghianda, era considerato dono divino: capace di penetrare la terra e dare vita a una nuova quercia, nutrimento nei periodi di carestia, talismano di fertilità, prosperità e fortuna. Nell’antica Dodona le statue di Zeus erano adornate con rami di quercia e ghiande, segno di un respiro d’eternità racchiuso in un piccolo seme.
Ma perché tre? Il numero tre è perfezione: per i pitagorici unione di pari e dispari, armonia tra opposti, prima figura completa dello spazio; per i cinesi totalità cosmica – cielo, terra e uomo; per le religioni pienezza e unità, dalla Trimurti induista alla Trinità cristiana.
Anche Dante costruì la Divina Commedia sul tre e i suoi multipli. Quelle tre ghiande, dunque, sono un dono simbolico: la forza antica della quercia, la promessa di vita della ghianda, la perfezione del numero tre.
Così, tra il tintinnio delle tazzine e l’aroma di caffè, il piccolo gesto di GianCarlo diventa un racconto senza tempo, un messaggio di radici salde e capacità di rinascere. Le ho messe nel taschino della camicia. E so che, ogni volta che le toccherò, sentirò il vento tra i rami di querce secolari, il respiro degli dèi e la promessa che, come loro, anch’io potrò resistere, rinascere e restare intero.
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