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Rabbia, la malattia che uccide ancora 60.000 persone all’anno

Assente in Europa ma diffusissima in Asia e Africa, si trasmette con morsi o graffi di animali infetti. Letale al 100% se non trattata prima dei sintomi, l’unica arma resta il vaccino

Rabbia, la malattia che uccide ancora 60.000 persone all’anno

Rabbia

La rabbia, ormai assente in Europa, è ancora diffusa in molti Paesi dell’Asia e dell’Africa, mete turistiche molto frequentate anche dai cittadini italiani e piemontesi. Quando si organizza un viaggio, è quindi fondamentale informarsi preventivamente per sapere se la malattia sia presente nei luoghi di destinazione e per conoscere le modalità di prevenzione.

Cos’è la rabbia

La rabbia è una malattia zoonotica virale, quasi sempre fatale una volta che si manifestano i sintomi. Si trasmette attraverso la saliva di animali infetti, soprattutto tramite morsi o graffi, in particolare di cani. Nelle regioni endemiche, fino al 99% dei casi di rabbia umana sono dovuti alla trasmissione da cani infetti, con una piccola percentuale legata ad animali selvatici (come volpi, lupi, pipistrelli, scimmie, ecc.).

L’incubazione varia mediamente da 3 settimane a 3 mesi, ma può arrivare anche a un anno o più. Quando il virus, partendo dalla periferia, raggiunge il cervello, compaiono i sintomi: febbre, mal di testa, formicolio nella zona del morso, idrofobia, salivazione eccessiva, convulsioni, paralisi, fino al coma e alla morte.

Non esiste cura, né per l’uomo né per gli animali. Una volta comparsi i sintomi, la malattia è sempre fatale.

I numeri che preoccupano

La rabbia rappresenta ancora una seria minaccia per la salute pubblica in molti Paesi di Asia e Africa, dove si verificano circa il 95% dei decessi umani. Quasi il 40% dei casi riguarda bambini sotto i 15 anni. Ogni anno, nel mondo, circa 60.000 persone muoiono a causa della rabbia.

Colpisce i viaggiatori non immunizzati con maggiore frequenza rispetto ad altre malattie più conosciute, come tifo ed epatite A.

Modalità di trasmissione

Tutti i mammiferi a sangue caldo e i pipistrelli, anche quelli apparentemente sani, possono costituire un rischio. Anche gli animali vaccinati possono, in rari casi, trasmettere il virus. Sebbene il rischio di trasmissione da parte di roditori (come topi o ratti) sia estremamente basso, anche questi casi devono essere valutati con attenzione.

I pipistrelli, in particolare, possono essere portatori di virus correlati alla rabbia anche in assenza di segni clinici. Per questo motivo, qualsiasi esposizione a pipistrelli o alle loro secrezioni deve essere considerata un potenziale rischio, anche in Paesi ufficialmente dichiarati indenni dalla rabbia nei mammiferi terrestri.

Come proteggersi

L’unico modo per evitare l’infezione da rabbia durante un viaggio in zona a rischio è la prevenzione, che si articola in due aspetti:

  1. Evitare contatti con animali – sia selvatici (inclusi scimmie) che domestici – per prevenire graffi o morsi.

  2. Vaccinazione preventiva – il vaccino antirabbico è l’unica vera arma di difesa contro il virus.

Il vaccino antirabbico

Le vaccinazioni sono uno strumento efficace per prevenire numerose malattie che si possono contrarre durante i viaggi. È quindi consigliabile, quando possibile, rivolgersi a un Centro di Medicina dei Viaggi internazionali almeno tre mesi prima della partenza.

La profilassi antirabbica pre-esposizione (PREP) è raccomandata a:

  • chi soggiorna a lungo in aree ad alto rischio;

  • chi viaggia in zone dove l’assistenza sanitaria non è facilmente accessibile;

  • chi lavora in Paesi con alta incidenza di rabbia;

  • chi partecipa ad attività che favoriscono il contatto con animali (trekking, campeggio, escursioni, esplorazione di grotte, ecc.).

Il ciclo vaccinale richiede più dosi e deve iniziare almeno un mese prima della partenza. Entro le 48 ore dalla somministrazione, possono manifestarsi lievi reazioni locali (gonfiore, dolore, arrossamento) o sintomi generali(febbre, cefalea, dolori muscolari), trattabili con paracetamolo (es. Tachipirina).

Cosa fare in caso di ferite da animale

Anche chi è stato vaccinato deve seguire un trattamento post-esposizione in caso di morso o graffio. Tuttavia, la vaccinazione preventiva riduce il numero di iniezioni necessarie ed evita la somministrazione di immunoglobuline.

In caso di contatto con un animale sospetto in zona a rischio:

  1. Lavare immediatamente la ferita con abbondante acqua e sapone.

  2. Applicare un disinfettante.

  3. Recarsi subito al pronto soccorso o ospedale più vicino per valutazione medica e inizio della profilassi post-esposizione (PEP).

La PEP include la vaccinazione e, se necessario, l’uso di immunoglobuline, anticorpi specifici che possono salvare la vita. Nei soggetti mai vaccinati in precedenza, un trattamento adeguato può risultare altamente efficace.


Per approfondire

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