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29 Luglio 2025 - 17:38
Teatro Nuovo, l'ingresso
Ha una storia lunga 90 anni e un futuro che, a quanto pare, si giocherà su un equilibrio delicato tra investimenti pubblici e gestione privata. Il Teatro Nuovo di Torino, simbolo della cultura performativa cittadina, è al centro di una maxi riqualificazione da 30 milioni di euro. I lavori sono in cantiere da oltre un anno e promettono, entro giugno 2026, di trasformare l’edificio in un moderno hub culturale, con il palco girevole più grande d’Europa – 30 metri di diametro – 1.031 posti a sedere, nuovi camerini, spazi prova, sale per la formazione e perfino un tetto fotovoltaico per l’autosufficienza energetica. Ma mentre il progetto avanza, il Comune ha annunciato una svolta: la gestione sarà affidata attraverso un Partenariato Speciale Pubblico-Privato (PSPP).
Un bando pubblico – deliberato dalla Giunta e promosso dalla vicesindaca Michela Favaro e dall’assessora alla Cultura Rosanna Purchia – sarà pubblicato a giorni con l’obiettivo di individuare un soggetto privato in grado di co-progettare e gestire il nuovo Teatro Nuovo. Il progetto si inserisce nel quadro più ampio del piano “Torino, il suo parco e il suo fiume – memoria e futuro”, che interessa anche il Borgo Medievale, Torino Esposizioni e la nuova Biblioteca civica centrale. Un’operazione finanziata dal Fondo Complementare al PNRR e coordinata dal Ministero della Cultura.
L’approccio scelto dal Comune punta sulla “sussidiarietà orizzontale”: il pubblico resta proprietario del bene, ma chiede l’aiuto del privato per animarlo e valorizzarlo. In teoria, una collaborazione virtuosa. Nella pratica, una necessità: perché una volta completati i lavori, la gestione di un teatro di queste dimensioni – con costi, programmazione e visione internazionale – non si improvvisa. Meglio, allora, attrezzarsi per tempo. Anche se la scelta di affidare la direzione artistica e organizzativa a un soggetto esterno, prima ancora che il sipario si rialzi, solleva più di una domanda.
Il bando prevede una procedura comparativa non competitiva: niente gara d’appalto, ma un invito a presentare manifestazioni d’interesse. Una commissione multidisciplinare valuterà i progetti in base alla capacità di realizzare produzioni originali, ospitare anteprime internazionali, avviare residenze artistiche, coinvolgere le nuove generazioni, sfruttare le nuove tecnologie, dialogare con altri spazi culturali della città. Il partner selezionato entrerà in una fase negoziale per definire gli impegni reciproci.
Nelle intenzioni dell’amministrazione, il Teatro Nuovo diventerà un attore centrale nella vita culturale torinese: una vetrina per l’innovazione artistica, una piattaforma per le reti europee e un punto di riferimento per la formazione professionale. Ma c’è anche un’altra dimensione, più silenziosa e concreta, che riguarda la Fondazione Teatro Nuovo, storica realtà che ha formato generazioni di danzatori e artisti, con il Liceo Germana Erba e i corsi riconosciuti dalla Regione Piemonte. Quale sarà il suo ruolo nella nuova governance? Sarà valorizzata come presidio culturale o messa da parte in nome della “internazionalizzazione”?
Di sicuro, il teatro sta cambiando pelle. La sala sarà completamente rifunzionalizzata, con nuovi standard antincendio, acustica migliorata, spazi modulari, camerini su tre livelli, sale per la didattica e un collegamento diretto con la nuova Biblioteca civica. Una vera e propria cittadella della cultura, immersa nel Parco del Valentino, che dovrebbe diventare il cuore pulsante di una Torino che – almeno nelle intenzioni – vuole essere sempre più città della conoscenza e dell’arte.
Ma la scommessa è doppia: costruire un contenitore all’altezza e garantirgli un contenuto coerente, ambizioso, accessibile. Per farlo serve visione, competenza e un equilibrio non scontato tra ambizioni pubbliche e logiche private. Il Partenariato Speciale può essere uno strumento utile, ma non è una garanzia. La cultura non si improvvisa. E un teatro – specie se così importante – non si gestisce con una semplice “manifestazione d’interesse”.
Ora la parola passa agli operatori culturali. Ma la politica, quella vera, dovrà avere il coraggio di decidere. Non solo su chi vincerà il bando. Ma su che idea di cultura pubblica vuole per Torino.
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