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Tasse su chi lavora: stangata IRPEF in Piemonte per il ceto medio. Ecco che cosa succederà!

Dal 2026 aumenti fino a 106 euro l’anno per chi guadagna tra 28 e 50 mila euro. Promesse di risparmi solo nel 2028. Esenti i redditi sotto i 15 mila euro e chi supera i 50 mila. Pioggia di critiche dalle opposizioni

Tasse su chi lavora: stangata IRPEF in Piemonte per il ceto medio

Alberto Cirio, il governatore

In Piemonte si discute da settimane della rimodulazione dell’addizionale IRPEF regionale. Una manovra che interessa direttamente milioni di contribuenti e che, tra numeri, promesse future e polemiche estive, merita di essere compresa fino in fondo. Al di là delle appartenenze politiche, il tema riguarda il portafogli di tutti, in particolare quello del ceto medio.

L’adeguamento dell’addizionale IRPEF si rende necessario in seguito alla riforma fiscale nazionale varata dal Governo, che ha ridotto gli scaglioni da quattro a tre. A tutti gli effetti, entro il 2028 le Regioni dovranno adeguarsi al nuovo schema: un primo scaglione tra 0 e 28 mila euro, un secondo da 28.001 a 50 mila e un terzo oltre i 50 mila euro. Questo cambiamento, però, comporta per il Piemonte una perdita stimata tra i 140 e i 150 milioni di euro all’anno.

Per compensare questa diminuzione di gettito, la Regione ha deciso di intervenire già da ora con un piano triennale che modificherà progressivamente l’addizionale, distribuendone il peso in modo calibrato. Secondo le intenzioni della Giunta guidata da Alberto Cirio, il piano non toccherà i redditi più bassi, garantirà alcune agevolazioni alle famiglie numerose e ai nuclei con figli disabili, e preparerà il terreno a una riduzione della pressione fiscale IRPEF nel 2028.

Ma cosa cambierà, concretamente, per i piemontesi?

Per chi guadagna meno di 15 mila euro annui – circa il 21% dei contribuenti – non ci sarà alcun aumento: l’aliquota resterà ferma all’1,62%. Lo stesso dicasi per chi supera i 50 mila euro l’anno – circa l’8% della popolazione – per i quali l’aliquota era già fissata al 3,33%, il massimo consentito dal federalismo fiscale.

Il cuore della manovra riguarda però le fasce intermedie, in particolare i redditi tra i 15.001 e i 50.000 euro annui. Ecco come:

  • Chi guadagna tra i 15 e i 28 mila euro – il 45% dei contribuenti – vedrà un aumento medio di 33 euro all’annosia nel 2026 che nel 2027. Si passerà da 371 a 404 euro circa. Dal 2028, secondo le stime della Regione, l’addizionale per questa fascia scenderà a 341 euro, con un risparmio finale di circa 30 euro rispetto alla situazione attuale.

  • La fascia più colpita sarà quella tra i 28 e i 50 mila euro – il 26% dei contribuenti – che subirà un aumento di 106 euro annui nel 2026 e nel 2027 (da 685 a 791 euro medi), per poi scendere a 653 euro nel 2028, registrando un risparmio di 32 euro rispetto ai valori odierni, ma solo dopo due anni di prelievi maggiorati.

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Il disallineamento più evidente riguarda la cosiddetta "compressione" delle aliquote: con la nuova struttura, chi guadagna 35 mila euro vedrà applicata un’aliquota molto vicina a quella di chi ne guadagna 200 mila. Una situazione che, pur frutto della riforma nazionale, solleva dubbi sull’equità effettiva del sistema.

Va precisato che l’obiettivo dichiarato della Regione è quello di "sterilizzare la perdita di gettito dovuta alla riforma statale", come spiegato nelle comunicazioni ufficiali. In altre parole, aumentare temporaneamente il gettito locale consentirà in futuro di ottenere dallo Stato un ristoro coerente con i nuovi criteri. In questo quadro, l’intervento anticipato viene presentato come una scelta di prudenza contabile più che una manovra fiscale in senso stretto.

Parallelamente, la Regione introduce anche nuove agevolazioni fiscali. Le famiglie numerose, ad esempio, potranno accedere a una detrazione di 100 euro per ogni figlio a carico fino ai 21 anni, già a partire dal terzo figlio (non più dal quarto, come prima). Per i nuclei con figli disabili, la detrazione passerà da 250 a 500 euro. Queste misure, dal valore complessivo di 12 milioni di euro all’anno, interesseranno circa il 9% delle famiglie piemontesi e sono state presentate come parte integrante della politica demografica della Regione.

Non sono mancate, tuttavia, le critiche. Le opposizioni in Consiglio regionale hanno contestato tempi e modalità del provvedimento, definendolo un “blitz estivo” e lamentando l’assenza di un confronto adeguato. In particolare, Alice Ravinale (Alleanza Verdi e Sinistra), Sarah Disabato (Movimento 5 Stelle) e Gianna Pentenero (Partito Democratico) hanno espresso forte contrarietà, chiedendo che il tema fosse affrontato in modo più trasparente, magari in sede di assestamento di bilancio, anche alla luce delle esigenze della sanità regionale.

La Giunta, dal canto suo, respinge il collegamento tra l’aumento dell’IRPEF e il deficit sanitario. "I soldi arriveranno nelle casse regionali dal 2027, quindi è falso che servano a coprire i buchi attuali della sanità", viene ribadito a più riprese.

In attesa del parere della Corte dei Conti, previsto per metà luglio, il disegno di legge approderà in Commissione e poi in Aula. Se approvato, entrerà in vigore nel 2026, con effetti che si faranno sentire nei modelli 730 dei piemontesi. Si tratta, come evidente, di una manovra complessa, destinata a incidere sul rapporto tra cittadini e fisco. E che richiederà nei prossimi mesi molta chiarezza e un monitoraggio costante, per capire se le promesse di oggi diventeranno davvero i risparmi di domani.

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