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Ombre su Torino

Duplice delitto in via Porta Palatina: uccide moglie e neonato, gettati vivi in un pozzo. Fucilato due anni dopo

Dietro la scomparsa di Rosa Saccomanni e del figlio di 40 giorni si nascondeva un orrore familiare. A incastrare il marito, Pietro Galeazzo, fu una portinaia. Il movente: una relazione extraconiugale e un figlio in arrivo da un’altra donna

Il delitto di via Porta Palatina

19 ottobre 1934

Un breve articolo de La Stampa racconta di una donna di nome Rosa Saccomanni di cui nessuno ha notizie da qualche giorno.

Casalinga di 24 anni, Rosa è sposata con un meccanico d’origine padovana che si chiama Pietro Galeazzo con il quale vive in un palazzo pericolante di via Porta Palatina 12 insieme a tre figli. Il più piccolo, Bruno, di appena 40 giorni, è sparito con la madre e quel trafiletto ha tutto l’aspetto di un appello del marito che nel frattempo ne ha denunciato l’allontanamento volontario alla polizia.

Le indagini si rivelano scrupolose e in una settimana di interrogatori la sfilata di testimoni è degna dei grandi gialli mediatici che verranno. Tanti sanno qualcosa, sospettano, vociferano, ipotizzano ma a instradare gli inquirenti è la custode dello stabile da cui è sparita la ragazza.

Rimasta anonima per una questione di sicurezza, la portinaia, amica della scomparsa, racconta moltissime cose. Parla dei maltrattamenti (sia fisici che psicologici) di Pietro nei confronti di Rosa, dei suoi numerosi tradimenti e, in particolare, della relazione con una certa Anna Bressan, una compaesana di Galeazzo conosciuta durante una gita in val di Susa con la quale l’uomo avrebbe intrapreso una relazione che sarebbe stata scoperta dalla moglie dopo aver intercettato una lettera “romantica”.

La teste non riporta solo pettegolezzi ma conduce alla soluzione del caso. Indica alla polizia di perquisire la cantina dei Galeazzo e riferisce di un vecchio pozzo, ormai asciutto e in disuso, scavato nel pavimento.

Al suo interno i pompieri trovano i cadaveri di Rosa e del figlio e l’autopsia stabilirà che ci sono finiti ancora vivi (dopo aver ricevuto entrambi una forte botta in testa) morendo per asfissia.

Reo confesso, Pietro Galeazzo racconta di un litigio con la consorte a causa di Bruno che non smette di piangere. Il piccolo sarebbe stato “lanciato” dalla madre e sarebbe caduto per terra, morendo sul colpo. A quella vista l’uomo avrebbe colpito con un pugno la vittima, uccidendola, e poi, preso dal panico, avrebbe gettato i cadaveri nel pozzo.

La ricostruzione dei PM parlerà invece di un piano premeditato, della Saccomanni attirata in cantina e ammazzata a sangue freddo insieme al neonato. Il movente sarebbe da ricercare nella relazione tra Pietro e Anna Bressan. Si sono innamorati, la donna è rimasta incinta e da qui (in assenza di una legge sul divorzio e non potendo, ai tempi, convivere al di fuori del matrimonio) sarebbe scaturito il duplice omicidio.  

Fallito il ricorso alla Cassazione e respinta la domanda di grazia sovrana, Pietro Galeazzo viene condannato alla pena capitale. Muore all’alba del 30 aprile 1936 mediante fucilazione alla vecchia Polveriera di Stura di Torino.

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