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La Casa della Comunità resta un miraggio. Lanzo dimenticata ma è in buona compagnia

A quasi due anni dalla definizione del progetto e a più di dodici mesi dall’affidamento degli incarichi, a Regione Cates regna l’abbandono. Nessun cantiere, solo silenzio. Il consigliere Matteo Filippin promette un’interpellanza, ma dalla Regione tutto tace. E Riboldi non si pronuncia.

Lanzo dimenticata: la Casa della Comunità resta un miraggio

Il consigliere comunale Matteo Filippin

Parliamo della Casa della Comunità di Lanzo Torinese, sì. Parliamo di un progetto inserito nel PNRR – Missione 6 Salute, che sulla carta doveva rivoluzionare l’assistenza sanitaria territoriale. Ma che a Lanzo, più che rivoluzionare, sta scomparendo nel nulla.

Sono passati quasi 2 anni dalla definizione del progetto. È trascorso oltre un anno dall’affidamento degli incarichi di progettazione e direzione lavori. Eppure, il cantiere non è mai partito. Lì, in Regione Cates 36, dove dovrebbe sorgere la tanto attesa struttura, non c’è niente. Zero. Nessun cartello lavori, nessun operaio, nemmeno un sacco di cemento per finta. Solo erba alta, degrado e silenzio amministrativo.

Eppure sulla carta è tutto pronto. Lanzo rientra tra le 10 Case della Comunità previste dall’ASL TO4, che abbraccia 177 comuni tra Canavese, Valli di Lanzo, cintura torinese e nord della provincia. Accanto a Ivrea, Ciriè, Settimo, Chivasso, Leinì, San Mauro, Rivarolo, Caluso e Castellamonte, anche Lanzo avrebbe dovuto fare la sua parte. Avrebbe dovuto.

Lo dicono anche i documenti. Nella determinazione n. 420 del 20 giugno 2023, firmata dal dirigente Andrea Fiorillo, è scritto nero su bianco: 1.345.968,64 euro stanziati per Lanzo, compreso l’adeguamento prezzi previsto dal Decreto del Ministero dell’Economia del novembre 2022. Una bella cifra. Eppure, a giudicare dallo stato dell’edificio, dev’essere finita tutta in carta e progettisti.

case comunità

Il progetto fa parte del cosiddetto Cluster 7, affidato tramite Invitalia. A vincere l’appalto, la Mattioda Costruzioni, che ha già in mano anche i cantieri di Ciriè, Settimo, Leinì e Rivarolo. A seguire la progettazione, lo Studio Ferrari Brocajoli. A supportare il responsabile del procedimento, l’ingegner Nico Cominetto di Biella. Tutto segnato. Tutto deciso. Tutto bello. Ma il cantiere? Scomparso.

E non parliamo di ritardi tecnici, di imprevisti di cantiere, di intoppi amministrativi. Parliamo di assoluta immobilità. Secondo il portale OpenPolis, a Lanzo risulta speso appena il 10% dell’importo complessivo. Cioè, giusto il necessario per pagare un paio di studi e qualche parcella. Nessun avanzamento fisico. Nessun avvio reale. Nessuna comunicazione ai cittadini. Un silenzio istituzionale degno del peggior doppiopesismo sanitario.

E nel frattempo, il tempo stringe. Le regole del PNRR sono chiare: entro il secondo trimestre del 2026 la struttura deve essere operativa. Siamo a metà 2025. Mancano meno di nove mesi all’inizio di quel periodo. Ma a Lanzo non è stato posato neanche un mattone.

Il consigliere comunale Matteo Filippin ha annunciato l’intenzione di presentare un’interpellanza al prossimo Consiglio comunale, per chiedere conto pubblicamente di questo imbarazzante stallo. “Forse accendere una luce su questa vicenda può servire a tenere l’attenzione alta e impedire che si perda tutto”, dice.

Nel frattempo nessuno parla. Nemmeno l’assessore regionale alla sanità Federico Riboldi. Tace.

La verità è che Lanzo non conta. Comune montano, periferico, poco appetibile dal punto di vista politico. Non porta voti, non fa notizia, non alza la voce. Ma proprio qui, dove la sanità è lontana, i medici pochi e i cittadini anziani, una Casa della Comunità servirebbe come l’aria.

Era questo lo spirito del PNRR: portare servizi sanitari di prossimità, ambulatori medici, infermieri di comunità, servizi diagnostici di base, assistenza domiciliare, presa in carico delle cronicità. Tutto questo doveva diventare realtà a Lanzo. E invece, è solo una favola raccontata male.

Oggi la Casa della Comunità di Lanzo è solo una struttura vuota. Un edificio abbandonato. Un foglio Excel. Un titolo senza articolo. E mentre altrove si progettano inaugurazioni, qui si spera in una PEC.

Secondo i dati nazionali, a fine aprile 2025 solo il 2% delle Case della Comunità italiane è stato completato, mentre il 45% non ha neppure un cantiere aperto. Lanzo non è sola. Ma è proprio per questo che il silenzio è ancora più inaccettabile. Se nessuno ne parla, se nessuno alza la voce, se tutto resta nel sottobosco delle buone intenzioni, allora è la sconfitta di tutti.

La domanda, oggi, è solo una: chi si prenderà la responsabilità se quei fondi spariranno e i cittadini resteranno senza nulla?

Ospedali e case di comunità in ritardo, sindaci in silenzio

Fiato alle trombe, rullo di tamburi: alla fine di marzo, con grande enfasi, la Regione Piemonte ha presentato lo stato dei lavori sulle Case e sugli Ospedali di Comunità. Contenti tutti come delle Pasque, perché per ottenere il 100% dei finanziamenti PNRR basterà aver concluso, entro il 2026, il 75% delle opere.

Bene! Bravi! Bis! Si stappino bottiglie di spumante di quello buono. Si facciano le ola. Chi non salta è un comunista… Tutto bene? Tutto a posto? Non tanto. Il guaio infatti è che, in quel 25% che sta indietro, ci sono cinque opere pubbliche dell’ASL TO4 su un totale di nove. Ferme con le quattro frecce. E parliamo di Ivrea, Caluso, Castellamonte, Leinì e Crescentino.

A denunciarlo erano stati Alberto Avetta, consigliere regionale del PD, e Sarah Disabato dei Cinque Stelle. Avevan fatto un casino boia. Impossibile non sentirli. 

“Ho espresso le mie perplessità in Commissione” – ci aveva detto Avetta – “ma non ho ricevuto risposte convincenti. Per Caluso e Leinì, ad esempio, i contratti non sono neanche stati firmati. Come possiamo pensare che le strutture siano pronte entro giugno 2026?”

Il caso di Ivrea è emblematico: la fine lavori è prevista per agosto 2026, cioè due mesi oltre la fatidica scadenza PNRR. Nessuna spiegazione, nessun approfondimento. Solo un altro cartello: “Lavori in corso”.

A Castellamonte, la scoperta dell’amianto ha spostato la data a novembre 2026. Fuori dai radar anche Crescentino

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ospedali

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E la domanda ora è: qualcuno ha visto uno dei cinque sindaci battere la grancassa o rispondere in coro? E, soprattutto, qualcuno ha avuto notizia di una Conferenza dei Sindaci convocata alla chetichella per chiedere lumi al nuovo direttore generale, Luigi Vercellino?

Certo, la colpa non è di Vercellino che è appena arrivato. È dell’ex direttore generale, Stefano Scarpetta, che – ironia della politica – è quello a cui la Conferenza dei Sindaci, lo scorso anno, ha addirittura dato un premio per aver raggiunto gli obiettivi…

Un "premio di risultato" sull’unghia di oltre 21 mila euro, a lui, al direttore amministrativo e al direttore sanitario.

Tant’è!

Il problema è che i sindaci di oggi sono quello che sono. O sono “vecchi” rimbambiti, o giovani amanti del “selfie”. Di politici che fan politica sul serio se ne salvano pochi. In altri tempi – neanche tanto tempo fa – con Fiorenzo Grijuela di Ivrea, con Aldo Corgiat di Settimo, con Andrea Fluttero di Chivasso, al direttore generale avrebbero già fatto un “sedere” rosso fuoco. Oggi no: tante pacche sulle spalle.

Per la cronaca (ma non solo per quella), su 92 Case di Comunità previste in Piemonte, tre sono già concluse (a Rivoli, Arona e Trecate), 61 interventi risultano avviati, 21 non ancora partiti, e in 12 casi si registrano ritardi.

Ritardi che – manco a dirlo – vengono attribuiti a cause esterne: al meteo, al “nonno in carriola”, alla “zia nana”… eccetera.

“Motivi diversi, tra cui le osservazioni della Soprintendenza per le strutture di oltre 70 anni”, ha spiegato l’assessore.

Insomma, la colpa è dei vincoli, dei palazzi storici, delle burocrazie. Mai della gestione.

Analogo copione per gli Ospedali di Comunità: 30 interventi previsti, 27 con fondi PNRR, 19 avviati, 8 ancora in attesa e – guarda un po’ – 8 con criticità. Ma anche qui, tutto sembra sotto controllo. Almeno sulla carta.

“Per ottenere il 100% dei finanziamenti è sufficiente concludere il 75% delle opere, e su questo siamo in linea”, aveva ribadito l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, minimizzando i problemi e rifiutandosi di puntare il dito contro i manager. E vabbè…

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