AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
19 Luglio 2025 - 16:16
Aspiratori rotti e carrelli impazziti. All’ospedale di Chivasso si lavora nell’indifferenza criminale dell’ASL TO4
All’ospedale di Chivasso non serve l’autopsia per capire che qualcosa è morto da tempo: il rispetto per chi lavora. Le condizioni in cui sono costretti a operare molti dipendenti della struttura parlano da sole. Impianti rotti, aria irrespirabile, pericoli ignorati e un silenzio assordante da parte della dirigenza dell’ASL TO4, che, con ostinata arroganza, continua a far finta di niente mentre a ogni turno qualcuno rischia di farsi male, sul serio. A dirlo, questa volta, non sono voci di corridoio, ma documenti ufficiali. Due lettere protocollate, firmate dalla segretaria territoriale Ilenia Posa per conto della UILTuCS del Canavese, che non lasciano spazio a interpretazioni: all’interno del P.O. di Chivasso si lavora in condizioni inaccettabili, e il tempo delle richieste cortesi è finito.
Il primo caso riguarda il locale riservato al lavaggio delle stoviglie. Un ambiente già di per sé faticoso, trasformato ora in una fornace invivibile da un impianto di aspirazione e climatizzazione che non funziona da tempo. Non da giorni. Da mesi, forse anni. Le innumerevoli segnalazioni inviate all’ASL e alla ditta Dussmann Service Srl sono rimaste sistematicamente ignorate. Il risultato? Un ambiente saturo di vapori, caldo, umido, insalubre. Letteralmente invivibile. La situazione è talmente grave da aver costretto il sindacato a minacciare l’interruzione del servizio: “Dal 21 luglio – scrive la UILTuCS – l’attività di lavaggio stovigliame non potrà più essere garantita”.
Non è una provocazione, è una necessità. Nessuno può pretendere che un essere umano lavori a quelle condizioni senza rischiare la salute. E se l’ASL pensa che il problema si risolva da solo, sappia che da lunedì ci saranno piatti sporchi e mani pulite. Pulite da ogni responsabilità, perché Ilenia Posa, in rappresentanza dei lavoratori, ha messo nero su bianco tutto. Anche questo.
Ma se nel locale lavaggio si soffoca, nei corridoi si rischia di essere investiti. L’altra segnalazione inviata dallo stesso sindacato, lo stesso giorno, è ancora più agghiacciante. Oggetto: movimentazione carrelli termici. Detto in parole povere: ogni giorno, per portare i pasti nei reparti, un lavoratore spinge carrelli alti, larghi e pesanti. Troppo alti per vedere davanti. Troppo larghi per passare agevolmente nelle porte. Troppo pesanti per essere manovrati da una sola persona, come invece accade. E infatti, si procede “alla cieca”, in mezzo a pazienti, infermieri, visitatori. Gli incidenti non sono una minaccia ipotetica: “sono già avvenuti”, scrive ancora Posa. Eppure, nulla si muove. Nemmeno quando si scopre che, in alcuni casi, i carrelli devono essere sollevati a mano per affrontare dislivelli e salire negli ascensori. Uno sforzo fisico che definire usurante è poco. Un pericolo costante che sembra non preoccupare nessuno, né la Dussmann né la direzione sanitaria.
La verità è che l’ASL TO4, di fronte a questi scenari, continua a scegliere la via più comoda: quella del disinteresse. Legge, riceve, archivia. E spera che passi la nottata. Ma la nottata non passa. Perché a pagare le conseguenze di questa sciatteria organizzativa sono persone in carne e ossa. Lavoratori che ogni giorno entrano in ospedale non per farsi curare, ma per lavorare. Che però si ammalano lo stesso: di stanchezza, di frustrazione, di umiliazione. Costretti a scegliere tra subire o fermarsi. Tra rischiare la schiena o prendersi la responsabilità di bloccare un servizio che l’ASL dovrebbe invece garantire in piena sicurezza.
Non c’è più spazio per le ambiguità. I documenti parlano chiaro. Le responsabilità sono state chiamate per nome e per PEC. Spresal incluso. Ora la palla passa agli organi ispettivi, ai vertici della sanità pubblica, alle istituzioni. E anche alla cittadinanza, che ha il diritto di sapere che tipo di inferno quotidiano si nasconde dietro le porte di un ospedale pubblico. Un inferno fatto non di patologie, ma di incuria strutturale, indifferenza gestionale e disprezzo per chi lavora. A meno che qualcuno non pensi davvero che il problema, in fondo, siano i piatti sporchi. In quel caso, che si prepari a lavarli da solo. Nell’acqua stagnante. E col sudore di chi non ha più voce, ma adesso ha trovato qualcuno che la scriva.
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.