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Cronaca

L'inchiesta di Milano spiegata bene: Sala, Boeri, Tancredi e la rete del potere urbanistico

Settantacinque indagati, accuse di corruzione, falsi e pressioni indebite. Dalla Commissione Paesaggio al Pirellino: ecco cosa sta davvero succedendo a Milano, tra architetti superstar, dirigenti pubblici e grandi interessi immobiliari

L'inchiesta di Milano spiegata bene: Sala, Boeri, Tancredi e la rete del potere urbanistico

A Milano, qualcosa si è rotto. Non si tratta solo di fiducia politica o di crisi istituzionale. Questa volta è il cuore stesso del sistema che ha costruito il volto della città negli ultimi dieci anni ad essere finito sotto la lente della magistratura. Un'inchiesta giudiziaria di proporzioni colossali sta travolgendo Palazzo Marino, il mondo dell’architettura e i protagonisti del boom immobiliare milanese. Un terremoto da 74 indagati che coinvolge progettisti di fama internazionale, imprenditori del mattone, dirigenti comunali e il vertice della politica cittadina: il sindaco Giuseppe Sala, l’assessore alla rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi e l’architetto simbolo della Milano del nuovo millennio, Stefano Boeri. I reati contestati sono gravi: corruzione, abuso d’ufficio, falso ideologico, lottizzazione abusiva, turbativa d’asta, induzione indebita e omessa dichiarazione di conflitto d’interesse.

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Il fulcro di tutto è la Commissione per il Paesaggio, organo tecnico del Comune di Milano, incaricato di valutare l’impatto architettonico e ambientale dei progetti edilizi. Un organismo di grande potere, perché da lì passa il via libera per trasformazioni che valgono milioni di euro. Ed è proprio lì, secondo la Procura, che si sarebbe consolidato nel tempo un sistema opaco. Il presidente della Commissione, Giuseppe Marinoni, è accusato di aver esaminato e approvato progetti senza dichiarare i propri legami professionali con gli studi proponenti. Rapporti che, secondo i magistrati, gli hanno fruttato oltre 400.000 euro in compensi diretti. Le carte dell’inchiesta parlano di almeno 13 pratiche viziate da questo conflitto d’interesse taciuto. Non un episodio isolato, ma un metodo.

Accanto a lui, anche Alessandro Scandurra, altro membro della Commissione, oggi indagato per aver ricevuto incarichi e consulenze da soggetti le cui pratiche venivano valutate proprio dalla stessa Commissione di cui faceva parte. I compensi incassati ammonterebbero a più di 3 milioni di euro, secondo quanto emerge dagli atti. Il meccanismo, scrivono i pubblici ministeri, funzionava come una porta girevole: esaminatori di giorno, progettisti retribuiti di notte, in una Milano che cambiava volto e costruiva grattacieli sempre più alti.

È in questo contesto che si inserisce il coinvolgimento del sindaco Giuseppe Sala, indagato per falso ideologico e concorso in induzione indebita a dare o promettere utilità. Il primo capo d’accusa riguarda la nomina di Marinoni alla guida della Commissione Paesaggio: secondo la Procura, Sala avrebbe omesso – consapevolmente – di verificare i potenziali conflitti d’interesse di Marinoni, firmando un atto che conteneva dichiarazioni false o reticenti. Ma è il secondo capo d'accusa ad avere una portata politica devastante. I magistrati ritengono che Sala abbia fatto pressioni su Marinoni affinché rilasciasse un parere paesaggistico favorevole sul progetto di rigenerazione dell’ex edificio comunale noto come “Pirellino”, un’operazione immobiliare di grande valore simbolico ed economico. Il progetto è firmato da due nomi pesanti: Stefano Boeri, autore del Bosco Verticale e da anni protagonista dell’urbanistica milanese, e Manfredi Catella, amministratore delegato della società Coima, tra i principali investitori immobiliari della città. Secondo le intercettazioni, Sala avrebbe tentato di “convincere Marinoni” promettendogli – o lasciando intendere – un futuro incarico professionale all’interno del progetto stesso. Una manovra che, se confermata, configurerebbe un abuso del proprio ruolo istituzionale ai danni dell’interesse pubblico.

Giancarlo Tancredi, braccio destro del sindaco, è l’unico tra gli indagati attualmente agli arresti domiciliari. Assessore alla rigenerazione urbana e per anni dirigente tecnico del Comune, Tancredi è descritto come l’uomo-chiave del sistema. Le accuse a suo carico parlano di pressioni continue sui membri della Commissione per orientare le valutazioni in favore di determinati progetti. In particolare, è stato intercettato mentre sollecita Marinoni a sbloccare l’ok per il Pirellino, nonostante il parere tecnico non fosse ancora stato depositato. “Bisogna firmare prima di Natale, se no salta tutto”, è una delle frasi che compaiono nelle carte. La Procura ipotizza per lui anche il reato di induzione indebita e falso ideologico, legato all’approvazione di progetti urbanistici in contrasto con il Piano Regolatore vigente.

Stefano Boeri

Stefano Boeri, che da tempo collabora con il Comune di Milano in qualità di progettista di importanti interventi, risulta coinvolto in più fronti. L’architetto è indagato per abuso edilizio e lottizzazione abusiva nell’ambito del progetto Bosconavigli, un complesso residenziale costruito senza un piano attuativo approvato e con volumetrie maggiori rispetto a quanto previsto. Secondo l’accusa, la convenzione urbanistica sarebbe stata firmata direttamente con un dirigente comunale, bypassando il Consiglio comunale. Il danno per le casse pubbliche, secondo una perizia, supererebbe i 5 milioni di euro. Ma c’è di più. Boeri è anche indagato per turbativa d’asta in merito alla gara per la realizzazione della BEIC, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura, vinta da un consorzio in cui il suo studio risultava coinvolto. E infine, l’accusa più delicata: pressioni sulla Commissione Paesaggio per ottenere via libera a progetti in cui aveva un interesse diretto. Lui respinge ogni addebito: “Ho sempre agito con correttezza, nella piena legalità”.

Al centro dell'inchiesta vi è anche Manfredi Catella, imprenditore e amministratore delegato di Coima Sgr, tra i principali protagonisti del real estate milanese. È accusato di corruzione e concorso in induzione indebita, per aver promesso e assegnato incarichi a Scandurra – mentre quest’ultimo era ancora in carica nella Commissione Paesaggio – e per aver sostenuto attivamente il pressing su Marinoni per sbloccare il progetto Pirellino. Le intercettazioni lo collocano nei passaggi chiave della vicenda, anche se lui, come gli altri indagati, si professa estraneo a ogni illecito.

Completano il quadro altri tecnici, dirigenti, consulenti, collaboratori esterni. In totale, sono 74 le persone indagate, a vario titolo, in un fascicolo che ha già portato a sequestri di documenti, acquisizioni nelle sedi comunali e interrogatori fiume. Secondo i magistrati, non si è trattato di un caso isolato o di singole irregolarità, ma di una “degenerazione sistemica della gestione urbanistica” della città. L’interesse pubblico – scrivono – sarebbe stato “reiteratamente subordinato a interessi privati, in un contesto in cui i controlli interni non erano più in grado di garantire imparzialità”.

La reazione politica, come spesso accade in questi casi, si è divisa. Da un lato, il Partito Democratico ha difeso compatto il proprio sindaco. La segretaria Elly Schlein ha dichiarato: “Siamo al fianco di Sala. Confidiamo nella magistratura, ma riconosciamo il lavoro straordinario che questa amministrazione ha fatto per la città”. Dall’altro lato, le opposizioni hanno chiesto le dimissioni immediate dell’assessore Tancredi e chiarimenti urgenti da parte del sindaco. Il presidente del Senato Ignazio La Russa, tra i primi a commentare, ha affermato: “La giunta dimostri di avere ancora la maggioranza sull’urbanistica. Altrimenti tragga le conseguenze”.

Nel frattempo, la Procura va avanti. Le indagini proseguono, gli interrogatori si susseguono, nuovi nomi potrebbero emergere. L’onda lunga dell’inchiesta sta già producendo i primi effetti: clima di tensione negli uffici tecnici, dossier bloccati, polemiche nei cantieri. Ma il vero rischio è che questa inchiesta lasci una ferita profonda nel rapporto tra cittadini e istituzioni. Perché il sogno della Milano moderna, efficiente, globale, verde, non può reggersi su un sistema dove chi controlla riceve incarichi, chi governa fa pressioni e chi progetta salta le regole. Se le accuse saranno confermate, non si tratterà solo di scandalo politico o giudiziario. Si tratterà di una crisi di fiducia. E quella, si sa, è molto più difficile da ricostruire di un grattacielo.

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Boeri, vecchia conoscenza di Ivrea

Prima di finire indagato a Milano per lottizzazione abusiva, pressioni indebite e incarichi sospetti, Stefano Boeri a Ivrea era già un nome conosciuto. Conosciuto e, per un periodo, anche molto atteso. Era il 2017 quando lo studio Stefano Boeri Architetti vinse la gara pubblica indetta dal Comune, allora guidato dal sindaco Carlo Della Pepa, per la redazione della variante generale al Piano Regolatore Generale (PRG) della città. Un incarico prestigioso, che portava la firma di uno degli architetti italiani più noti al mondo, celebrato per il Bosco Verticale, ascoltato nei consessi ONU, e visto come il profilo ideale per coniugare architettura, sostenibilità e spirito olivettiano.

Il progetto si chiamava (e ancora si chiama) Ivrea 2030 e, almeno sulla carta, promette una visione ambiziosa: recuperare e valorizzare l’identità industriale e culturale della città attraverso un piano capace di “rigenerare, integrare, risparmiare suolo e ripensare la mobilità”. Ci sono i rendering, i video promozionali, le tavole partecipative con i cittadini, i comunicati stampa pieni di parole come bellezza, paesaggio, visione, comunità. Sembra l’inizio di una nuova stagione, non solo urbanistica ma culturale, una svolta nella storia di una città in cerca da anni di una nuova direzione dopo la parabola olivettiana.

Poi, come spesso accade in Italia, tra entusiasmi iniziali e promesse di collaborazione “aperta”, si passa al logoramento quotidiano, alla gestione difficile, ai ritardi, agli equivoci, alle carte che non girano. Nell’estate del 2021, dopo quattro anni di lavoro, il rapporto tra il Comune di Ivrea e lo studio di Boeri si interrompe. Ufficialmente senza strappi, senza polemiche, ma nella sostanza per una serie di motivazioni che, messe insieme, raccontano molto del progetto e forse anche di Ivrea stessa.

Primo nodo: la trasformazione dell’incarico. In origine, l’obiettivo è la redazione di una variante strutturale. Ma la Regione Piemonte e la Soprintendenza, nel corso dell’iter, chiedono che diventi una variante generale, con tutto ciò che ne consegue in termini tecnici, ambientali e procedurali. Di fatto, il lavoro da fare triplica. Servono nuovi studi, nuove analisi, un impianto completamente rivisto. I progettisti pretendono un adeguamento economico, legittimo secondo il Comune, ma impossibile da accordare nei limiti del Codice degli Appalti, che vieta aumenti oltre il 50% del valore originario dell'incarico. E considerato che il Comune ha già erogato 23.000 euro in più per adeguare il lavoro al Piano Paesaggistico Regionale, risponde picche.

Secondo nodo: le tensioni tra il team di Boeri e l’ufficio tecnico comunale. Diversità di approccio, incomprensioni operative, richieste non accolte, attese troppo lunghe. Una distanza crescente che rende sempre più difficile portare avanti la progettazione. Le voci in Comune si dividono: qualcuno sostiene che Boeri non sia mai riuscito a calarsi davvero nella realtà eporediese, altri difendono il valore della visione proposta e puntano il dito contro la rigidità amministrativa.

Terzo nodo: le critiche politiche. A livello locale, l’interruzione del rapporto con Boeri viene vissuta da molti come un’occasione persa. Altri, invece, esprimono pubblicamente dubbi fin dall’inizio, accusando l’Amministrazione di aver affidato una progettazione strategica a un “nome famoso” ma lontano dalla città. C’è chi parla di “operazione d’immagine”, chi lamenta l’assenza di una “visione concreta e coerente”.

A dispetto della rottura, il lavoro svolto dal team di Boeri lascia comunque un’eredità concettuale importante. Il tema della limitazione del consumo di suolo, della forestazione urbana, della rigenerazione dei vuoti entra nel dibattito pubblico. Alcune suggestioni, alcuni schemi, vengono ripresi successivamente. Ma il progetto originale, quello firmato “Boeri”, rimane in stand-by, come un prototipo mai costruito.

Dopo la fine del rapporto con lo studio milanese, il Comune affida la prosecuzione dell’iter allo studio Architetti Paglia di Agliè. Nel gennaio 2023, il Consiglio comunale approva il progetto preliminare della nuova variante generale, segnando il passaggio a una gestione più “locale” e meno mediatica. E nel giugno 2024, la variante al PRG viene approvata definitivamente.

Oggi Stefano Boeri è tra i 74 indagati nell’inchiesta sulla gestione urbanistica di Milano. Accuse pesanti, che spaziano dal falso all’abuso edilizio, dalla turbativa d’asta alla lottizzazione abusiva. I magistrati lo citano tra coloro che avrebbero esercitato pressioni per ottenere pareri favorevoli dalla Commissione Paesaggio su progetti a cui era direttamente interessato, come il Pirellino, mentre in parallelo avrebbe ricevuto incarichi milionari dagli stessi soggetti coinvolti nelle decisioni. Una spirale che oggi lo colloca al centro di uno dei più gravi scandali urbanistici italiani degli ultimi vent’anni.

Così, a distanza di anni, Ivrea scopre che quella “vecchia conoscenza” che avrebbe dovuto guidare la rinascita urbanistica della città è ora protagonista, in negativo, di una vicenda che interroga la trasparenza, l’etica e il poterenelle trasformazioni urbane. E forse, senza saperlo, si è risparmiata qualcosa.

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CHI È STEFANO BOERI

Stefano Boeri è uno degli architetti italiani più noti e riconosciuti a livello internazionale. Nato a Milano nel 1956, si è formato al Politecnico della sua città, dove oggi insegna Urbanistica, ed è stato direttore di riviste influenti come Domus e Abitare. Ma il suo nome è legato soprattutto a un progetto simbolo che ha fatto il giro del mondo: il Bosco Verticale, due torri residenziali costruite nel quartiere Porta Nuova di Milano, completamente rivestite di alberi e piante. Un’icona dell’architettura sostenibile, premiata a livello globale e spesso utilizzata come immagine della Milano del futuro.

Boeri ha lavorato in tutto il mondo, firmando masterplan, biblioteche, scuole, musei e interi quartieri. Ha progettato in Albania, Cina, Francia, Paesi Bassi, Brasile, e ovunque ha portato la sua visione fatta di verde, rigenerazione e recupero urbano. È stato anche assessore alla cultura nel Comune di Milano sotto la giunta Moratti, ed è oggi presidente della Fondazione La Triennale, uno dei centri culturali più prestigiosi d’Europa.

Da anni partecipa a conferenze internazionali sul clima e l’ambiente e viene spesso presentato come il “profeta del verde in città”. Il suo stile, inconfondibile, mescola ambizione estetica, tecnologie sostenibili e narrazione del paesaggio. Ma il suo approccio, che si muove tra architettura, marketing urbano e politica culturale, ha attirato anche critiche: c’è chi lo accusa di privilegiare l’immagine sulla sostanza, e di aver costruito un vero e proprio brand personale.

Ora, il suo nome è finito al centro di un’inchiesta giudiziaria che scuote le fondamenta della trasformazione urbana a Milano. Una svolta inattesa per un architetto che, fino a ieri, era considerato uno dei principali interpreti del futuro delle città.

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