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17 Luglio 2025 - 19:32
Trent’anni di Canavèis: il Canavese che resiste nel tempo
Non solo ricordi e nostalgia, ma un’opera viva di memoria e identità collettiva. Canavèis celebra il suo trentesimo anniversario con il numero 44, confermando la sua vocazione di testimone appassionato della storia e della cultura del territorio.
C’era scritto così nel primo numero, uscito nel 1995: «Canavèis vuol essere un’occasione per parlare degli aspetti più nascosti e dimenticati, dei fatti e delle circostanze quasi persi dalla memoria. Ma vuole soprattutto parlare degli uomini, grandi e piccoli, che ci hanno preceduto. Non si tratta di essere soltanto dei nostalgici. Si vuole semplicemente parlare di noi e di quella che è stata la nostra storia». A firmarlo era Giancarlo Sandretto, fondatore della rivista, intellettuale appassionato e finissimo narratore del Canavese profondo.
Trent’anni dopo, nell’estate 2025, Canavèis è ancora qui, con il numero 44, più ricco che mai. Un grande volume di 128 pagine in grande formato che, come da tradizione, incanta con le sue immagini in bianco e nero, le fotografie d’epoca, i racconti della vita di un tempo. Ma soprattutto con le storie. Perché il cuore della rivista sono sempre stati gli uomini e le donne, noti e sconosciuti, che hanno abitato e costruito queste terre.
Nel nuovo numero, natura, arte, storia e tradizioni si intrecciano in un mosaico di racconti che restituiscono il Canavese e le Valli di Lanzo in tutta la loro complessità. Un lavoro corale reso possibile grazie all’impegno costante di una redazione appassionata e di numerosi collaboratori.
Tra gli articoli più significativi, spicca il contributo di Aleardo Fioccone, che ricostruisce con rigore e partecipazione la vicenda di Matteo Tarizzo, artigiano di Favria vittima dell’eccidio fascista del 1922 a Torino: una pagina di storia locale che si intreccia con le grandi tragedie nazionali. Milo Julini firma invece un pezzo intenso su un incendio doloso al Col San Giovanni, con un titolo che è tutto un programma: “La vicinanza non sempre è mezza parentela”.
Fabrizio Dassano riporta alla luce la figura di Vittorio Pullino, geniale sperimentatore della radiotelegrafia senza fili a fianco di Guglielmo Marconi, riscattandolo dall’oblio in cui troppo spesso cadono i pionieri di provincia. Alessandro Mella ci accompagna tra gli affreschi medievali di San Giulio a Lemie, un’autentica icona d’arte sacra delle Valli di Lanzo.
C’è anche spazio per la storia sociale e commerciale, con Elena Cat Genova che racconta la Corio degli anni Venti: le botteghe, i mestieri, i volti della quotidianità. Andrea Tiloca ricostruisce la vita romanzesca di Flaminia Ricardi di Netro, nota come “la damigella di Meugliano”, mentre Doriano Felletti firma un saggio dettagliato sull’attività dell’illustre architetto barocco Bernardo Vittone in Canavese.
Canavèis è più di una rivista: è un progetto culturale che attraversa le generazioni, una memoria condivisa che si rinnova ad ogni uscita. È un’operazione di resistenza contro l’oblio, contro l’idea che la storia locale sia minore o marginale. È un atto d’amore per un territorio che merita di essere conosciuto e riconosciuto nella sua bellezza e nella sua complessità.
Chi apre Canavèis non trova solo articoli, ma ritrova sé stesso, o almeno un pezzo della propria identità. Per questo, anche oggi, trent’anni dopo, questa rivista continua a essere uno scrigno prezioso. E una promessa mantenuta.
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