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Bocciata la Consulta Giovani: a Settimo i ragazzi vanno bene solo per girare le salamelle

Settimo Torinese dice no alla Consulta Giovanile: i giovani restano fuori dai processi decisionali

Bocciata la Consulta Giovani: a Settimo i ragazzi vanno bene solo per girare le salamelle

Giovani

Nel corso dell’ultimo consiglio comunale di Settimo Torinese, è stata respinta una mozione che chiedeva l’istituzione della Consulta Giovanile Comunale. Una proposta lineare, chiara, sensata, firmata dal gruppo consiliare Lega Salvini Piemonte, che chiedeva di dare spazio ai ragazzi e alle ragazze dai 15 ai 30 anni. Non un rivoluzionario manifesto politico, ma uno strumento consultivo e propositivo – come già avviene in tanti altri Comuni italiani – pensato per favorire il protagonismo giovanile e costruire un ponte tra il Consiglio Comunale dei Ragazzi (che coinvolge i bambini fino ai 14 anni) e la vita adulta.

Ma a Settimo, evidentemente, più che i ponti si preferiscono i muri. La maggioranza ha fatto quadrato e ha detto no. Il motivo? Forse evitare che qualche ventenne possa dire la sua su come vanno le cose in città? Meglio, molto meglio, che i giovani restino confinati a fare i volontari alla festa dell’umidità – pardon, dell’Unità – tra salamelle, costine a 13 euro, spillatori di birra e conferenze stile "quattro amici al bar". Lì sì che sono utili: servono, sorridono, e soprattutto non parlano.

È questa la gioventù che piace all’Amministrazione: operosa, festaiola, silenziosa.

 

Il primo anno si serve ai tavoli, il secondo si passa alla cucina, il terzo ci si mete davanti alla griglia... Alè!

Eppure la mozione era tutt’altro che provocatoria. Chiedeva semplicemente di istituire un organismo formale aperto ai giovani tra i 15 e i 30 anni, con un regolamento, spazi comunali per le attività, e – solo compatibilmente con il bilancio – un piccolo contributo per iniziare. Nessuna spesa folle. Nessun privilegio. Solo partecipazione.

Ma forse è proprio la partecipazione a fare paura. Perché una Consulta Giovanile autonoma, con capacità progettuale, potrebbe diventare un luogo vivo, pulsante, scomodo. Un luogo in cui i giovani non sono più spettatori, ma attori. E allora meglio respingere, archiviare, e lasciar tutto com’è. Con buona pace di chi si riempie la bocca di “futuro”, “inclusione”, “cittadinanza attiva”, salvo poi blindare ogni spazio appena qualcuno chiede davvero di contare qualcosa.

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