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Il cielo di Londra è azzurro: Sinner conquista Wimbledon e scrive la storia

Jannik Sinner: il trionfo gentile che scolpisce l'Italia nella storia di Wimbledon

Il cielo di Londra è azzurro: Sinner conquista Wimbledon e scrive la storia

Dal profilo Instagram di Sinner.

C’è un momento in cui il tempo si ferma. In cui persino il vento smette di muoversi, come per non disturbare. In cui il silenzio del Centre Court si carica di una tensione sacra. Poi, l’ultimo rovescio incrociato, l’urlo che squarcia il cielo grigio di Londra, le mani alzate al cielo e il nome di Jannik Sinner scolpito per sempre tra le colonne d’oro della storia. È il 13 luglio 2025. È il giorno in cui un ragazzo altoatesino ha portato l’Italia sul tetto di Wimbledon.

Non è una semplice vittoria. È un riscatto. È una rivoluzione gentile. È la consacrazione di un talento diventato uomo, di un uomo diventato campione, di un campione che ora è leggenda. Perché mai nessun italiano era riuscito, in oltre un secolo di storia, a vincere il torneo più iconico, elegante, severo e affascinante del tennis mondiale. Il tempio dell’erba, dove si inchinano i principi e si alzano i miti. Ma oggi, tra gli applausi di un pubblico rapito, il principe è lui: silenzioso, sorridente, letale.

Il match perfetto

Dall’altra parte della rete c’era Carlos Alcaraz, il campione uscente, l’uomo dei record, il “nuovo Nadal” per energia e talento. E per un set, il copione sembrava già scritto. Alcaraz vince 6-4, gioca a memoria, corre come una furia, alza la voce. Sinner, invece, tace. Ma chi lo conosce, lo sa: è proprio quando abbassa lo sguardo che inizia la rimonta. Non chiede pietà, non chiede applausi. Chiede solo di giocare. E lo fa, come sa fare lui: col cuore e con il cervello.

Dal secondo set in poi è un crescendo rossiniano: 6-4, 6-4, 6-4. Non sbaglia nulla. Ogni colpo è una pennellata. Ogni smorzata è una carezza. Ogni servizio una dichiarazione d’intenti. Alcaraz crolla piano piano, come un gigante stanco che non trova più l’appiglio. Jannik invece corre, si esalta, non trema. Nemmeno quando ha il match point, nemmeno quando capisce che sta per scrivere la storia.

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Lacrime sull’erba, brividi nel cuore

Quando arriva la stretta di mano, lunga, intensa, carica di rispetto e amicizia, Alcaraz gli sussurra qualcosa all’orecchio. Forse un “bravo”, forse un “ci rivedremo”. Ma negli occhi di entrambi c’è la consapevolezza che sta nascendo una rivalità epica, che il futuro del tennis è già qui, ed è fatto di questi due ragazzi diversi ma uguali, opposti e complementari, così giovani e già così immensi.

Sinner si inginocchia sull’erba, guarda il cielo e sorride. Poi si porta le mani al viso, come a voler trattenere le lacrime. Ma non ci riesce. E fa bene. Perché piangere oggi è un atto di coraggio, non di debolezza. È il pianto di chi ha lavorato in silenzio, lontano dai riflettori, in salita, con una pazienza rara. Il pianto di chi ha rifiutato compromessi, di chi ha scelto il sacrificio, la solitudine, l’etica. Di chi ha preferito mille ore di allenamento in più a un’intervista in più.

Il ragazzo che veniva dallo sci

Ci dimentichiamo spesso da dove sia partito. Perché Jannik Sinner era uno sciatore. Sciava benissimo, da bambino. Vinceva gare, affrontava le discese con un coraggio pazzesco. Ma qualcosa non lo convinceva. Sentiva che il suo destino era altrove. E così, con la benedizione dei genitori, ha cambiato strada. Ha preso la racchetta. E ha cominciato da zero. In un mondo dove tanti vogliono tutto e subito, lui ha scelto la via lunga. La via più difficile. Ma anche la più vera.

Lo hanno deriso per il fisico troppo magro, per i capelli troppo rossi, per il carattere troppo schivo. Gli hanno detto che non era pronto. Che non avrebbe mai avuto il killer instinct. E invece, oggi, ha ucciso ogni dubbio. Con eleganza. Con grazia. Con la forza di chi non ha bisogno di urlare per imporsi. Jannik non ha bisogno di slogan, di colpi di teatro, di atteggiamenti da divo. Gli basta il campo.

Un trionfo per tutti

In tribuna, la Principessa del Galles, Kate Middleton, gli consegna il trofeo. Con un sorriso orgoglioso, come se volesse dire: “Benvenuto tra i grandi.” Intorno a lui, Nicole Kidman, Matthew McConaughey, Idris Elba, e altri volti noti applaudono sinceramente. Ma l’applauso più grande è quello che risuona da ogni casa italiana, da ogni angolo dello Stivale, dove milioni di persone, per una sera, si sono ritrovate unite da una partita di tennis.

Perché la vittoria di Sinner è più di una vittoria sportiva. È un messaggio. È un inno alla gentilezza. Alla tenacia. Alla passione. È un invito a credere nei propri sogni anche quando sembrano troppo grandi. Anche quando nessuno ci crede. È la dimostrazione che si può essere campioni senza diventare personaggi. Che si può vincere senza perdere l’anima.

Il futuro in una mano

Ora Jannik è numero uno, simbolicamente e tecnicamente. Ha vinto Wimbledon. Ha vinto tutto. Ma non smette di guardare avanti. Lo si vede negli occhi, mentre solleva la coppa: non è un punto d’arrivo. È solo una tappa. Il viaggio continua. Con la stessa umiltà, la stessa fame, lo stesso sorriso timido.

"Questo titolo è per l’Italia, per la mia famiglia, per chi mi ha sempre supportato", ha detto con la voce spezzata. E ogni parola ha toccato il cuore.

Perché oggi siamo tutti un po’ Jannik. Siamo quel bambino che lascia gli sci per inseguire un sogno diverso. Siamo quell’adolescente che rinuncia alle vacanze per allenarsi. Siamo quell’uomo che sul campo non urla, non sbatte racchette, ma gioca. Gioca per sé, per la bellezza del gesto, per l’amore di uno sport antico e meraviglioso.

Grazie Jannik. Perché ci hai insegnato che la vera forza non sta nei muscoli, ma nella testa. E nel cuore.

Grazie per averci fatto volare, senza staccare i piedi da terra.

Grazie per averci fatto piangere, ridere, tremare, urlare.

Grazie per questo Wimbledon. Che sarà per sempre tuo. E un po’ anche nostro.

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