Cerca

Ivrea in Azione

Ivrea. Qual è il turismo che vogliamo?

Ivrea: verso un turismo sostenibile che valorizza l'identità locale e coinvolge la comunità

Ivrea. Qual è il turismo che vogliamo?

Ivrea. Qual è il turismo che vogliamo?

Ivrea, città di storia millenaria e cultura vivace, ha oggi davanti a sé un’occasione decisiva: trasformarsi in una destinazione turistica consapevole e sostenibile. Non per rincorrere mode effimere o numeri da record, ma per costruire un’accoglienza che rispetti chi arriva e chi qui vive ogni giorno. Una città che si apre al mondo senza snaturarsi, senza piegarsi al turismo mordi e fuggi, ma che sappia valorizzare la propria identità e custodire il proprio patrimonio.

Per farlo, serve una visione chiara. Serve capire cosa vogliamo diventare — e, con altrettanta lucidità, cosa non vogliamo diventare. L’invasione caotica di visitatori, che affolla le vie solo per scattare una foto, consuma i luoghi senza viverli, e lascia dietro di sé degrado e tensioni. È il contrario di ciò che Ivrea merita. Noi vogliamo che Ivrea continui a essere una “città cartolina”, ma autentica. Vogliamo che sia un luogo da scoprire, non da consumare.

Le politiche pubbliche devono essere anticipatorie, non correttive. Serve progettare prima, non rattoppare dopo. Come per costruire una casa: si parte dalle fondamenta. Le fondamenta di Ivrea turistica devono poggiare sulla sostenibilità, sul decoro urbano, sulla qualità della vita dei residenti. Il castello, il sito UNESCO, la Dora che accarezza la città: sono tesori. Ma non bastano da soli. Bisogna offrire percorsi nuovi, esperienze diversificate, inviti a perdersi e ritrovarsi tra le colline, le acque, le memorie industriali e civili della città.

Una vera città turistica parte da chi la abita. Servono cittadini informati e coinvolti, non spettatori disinteressati. Educare alla cultura dell’accoglienza significa responsabilizzare la comunità e chiedere all’amministrazione di fare la sua parte — senza demagogia, senza ideologie. Illuminazione, sicurezza, pulizia, servizi essenziali: non sono optional. Sono il minimo sindacale per una città che si vuole “turistica”.

Ma oggi basta passare davanti alla scuola Massimo D’Azeglio per vedere rami di due metri abbandonati da settimane. E allora la domanda sorge spontanea: che accoglienza possiamo offrire se non riusciamo neppure a rimuovere i segni dell’incuria? Una città civile si misura anche dalle piccole cose.

il castello

E poi c’è un nodo fondamentale: la ricettività. Mancano strutture, mancano investimenti. Serve agevolare l’apertura di alberghi. Serve incentivare il commercio in centro storico, offrire sgravi, sostenere chi vuole scommettere su Ivrea. E occorre ripensare le piazze e i giardini, con arredi urbani dignitosi, fontane funzionanti, bagni pubblici moderni e puliti — anche a pagamento, anche tecnologici, purché ci siano.

A tutto questo si aggiunge un elemento spesso trascurato ma di straordinaria forza evocativa: l’arte di strada. Ivrea potrebbe e dovrebbe diventare una meta anche per musicisti, giocolieri, attori, danzatori, acrobati e performer che scelgono la strada come palcoscenico. Basta poco: spazi liberi, visibilità, regole semplici. Aprire le piazze e i vicoli alla creatività quotidiana, invogliare gli artisti a venire a Ivrea tutti i giorni, non solo durante i grandi eventi. Farli sentire benvenuti, non tollerati. Sarebbe un gesto piccolo ma potente, capace di trasformare l’ordinario in bellezza diffusa.

Ivrea ha già visto aumentare il flusso turistico da Nord e Sud America, così come da molti Paesi europei. Il passaparola funziona — ma solo se l’esperienza è positiva. Chi viene, deve sentirsi accolto. Chi torna, deve averne un motivo. E se anche solo uno di quei turisti diventa ambasciatore della nostra città nel mondo, avremo già fatto un grande passo.

La sfida è enorme. Ma è anche appassionante. E può essere vinta solo se politica, cittadini, operatori, associazioni culturali e imprenditoriali lavorano insieme. Ivrea ha tutte le carte in regola per diventare un modello: una città che ospita senza perdersi, che si apre senza svendersi, che cresce senza dimenticare le sue radici.

La sfida è aperta. E riguarda tutti. Ciao!!

SE VUOI LEGGERE ALTRI EDITORIALI DI MASSIMILIANO DE STEFANO CLICCA QUI

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori