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Ferrero fa "colazione" negli Usa con i cereali Kellogg

Con l’acquisizione da 3,1 miliardi di dollari di WK Kellogg Co, il colosso di Alba porta a casa marchi storici come Special K e Froot Loops, entrando nel cuore della cultura americana. Una sfida industriale e identitaria, che parla piemontese ma guarda il mondo

Ferrero fa "colazione" negli Usa con i cereali

Giovanni Ferrero

Il giorno in cui Ferrero ha annunciato al mondo l’acquisizione di WK Kellogg Co per 3,1 miliardi di dollari, Wall Street si è fermata un momento a guardare con curiosità. Non capita spesso che un colosso dolciario italiano, noto soprattutto per Nutella e Kinder, si lanci in un’operazione tanto ambiziosa, puntando tutto su un’icona della colazione americana. Eppure è successo. L’annuncio, arrivato l’11 luglio 2025, ha mandato un segnale forte e chiaro al mercato: Ferrero non è più solo un produttore di dolciumi, ma un player globale del food deciso a conquistare anche il mattino degli americani. Le reazioni sono state immediate. Le azioni di WK Kellogg Co sono balzate del 30% in una sola giornata, sfiorando i 23 dollari per azione, proprio il prezzo offerto dalla famiglia Ferrero per portare a casa l’intero pacchetto azionario. Un’offerta generosa, con un premio del 40% rispetto alla media dei 30 giorni precedenti, che ha convinto non solo il consiglio di amministrazione, ma anche i principali azionisti, tra cui il WK Kellogg Foundation Trust e la famiglia Gund, che detengono insieme oltre il 21% della società.

Ma dietro il clamore dei numeri e dei titoli, si cela una scommessa tutt’altro che semplice. WK Kellogg, scorporata solo due anni fa dalla vecchia Kellogg Company — ora ridenominata Kellanova — porta con sé una valigia pesante di storia, marchi leggendari e stabilimenti iconici. Ma anche una zavorra fatta di fatturati in calo, margini erosi dall’inflazione e una crisi strutturale del comparto cerealicolo. Negli Stati Uniti, il regno indiscusso dei cereali da colazione, le vendite sono in declino da oltre due decenni. Tra il 2021 e il 2022, secondo l’Associated Press, si è registrata una contrazione del 13%. Le nuove generazioni preferiscono colazioni veloci, proteiche, “on the go”: barrette, yogurt, frutta, caffè portato via. I cereali, spesso visti come zuccherati e infantili, perdono terreno.

Ferrero, però, non si è lasciata spaventare. L’amministratore delegato Giovanni Ferrero ha definito l’operazione più di un’acquisizione: un passo verso una nuova dimensione del gruppo. Nelle sue intenzioni, riportate da WWAY-TV e New Food Magazine, l’operazione va letta come parte di una strategia a lungo termine: radicarsi nel Nord America, diversificare l’offerta, presidiare ogni momento della giornata alimentare. Dopo aver già acquisito negli anni scorsi brand statunitensi come Keebler, Famous Amos, Butterfinger e Fannie May, ora si punta alla colazione. E non a una colazione qualsiasi, ma a quella delle famiglie americane, con i loro rituali mattutini, le scatole colorate sulle mensole e i personaggi mascotte che parlano ai bambini. Acquisendo marchi come Frosted Flakes, Froot Loops, Special K, Rice Krispies e Raisin Bran, Ferrero si mette in casa un pezzo di storia americana, fatto di zucchero, nostalgia e cartoni animati.

Certo, non mancano i dubbi. Il Wall Street Journal ha sottolineato che Ferrero eredita una macchina produttiva da riattivare, più che una gallina dalle uova d’oro. Le fabbriche ci sono — sei negli Stati Uniti, una in Canada e una nei Caraibi — ma il motore è ingolfato. Nel primo trimestre del 2025, WK Kellogg ha fatto segnare vendite in flessione e un margine operativo sceso a 18 milioni di dollari, numeri giudicati “deludenti” dagli analisti di Barron’s. Il ritorno sul capitale investito potrebbe essere inferiore al 5%, cioè al di sotto del costo del capitale. In parole povere: è una scommessa, non una passeggiata. A confermare il clima da derby industriale, Reuters ha rivelato che Ferrero ha battuto due competitor di peso: Cerberus Capital Management e Dean Metropoulos, imprenditore noto per aver rilanciato brand come Hostess e Pabst Blue Ribbon. La scelta è ricaduta sull’italiana, probabilmente per il suo profilo familiare, la solidità finanziaria e la visione a lungo termine, qualità che in questi tempi attraggono più di una leva finanziaria aggressiva.

E non è un caso che Ferrero abbia voluto mantenere la sede operativa di WK Kellogg a Battle Creek, Michigan, luogo di nascita dell’impero dei cereali, dove il dottor John Harvey Kellogg fondò la prima clinica e da cui partì l’invenzione dei corn flakes nel 1906. Simbolicamente, è come se la colazione americana fosse tornata nelle mani di chi sa raccontare il cibo come cultura. Perché, se c’è un punto di forza che Ferrero porta in dote, è proprio la narrazione: la capacità di costruire attorno ai prodotti un universo valoriale, emozionale, familiare. In Italia e in Europa, questo ha funzionato alla grande. Resta da vedere se funzionerà anche negli USA, dove i brand sono più fragili, i consumatori più volatili e la concorrenza più spietata.

D’altra parte, Giovanni Ferrero non è nuovo a sfide del genere. Con una fortuna stimata in oltre 40 miliardi di dollari, è oggi l’uomo più ricco d’Italia e uno degli imprenditori più riservati del mondo. Ma dietro la discrezione, coltiva una visione molto chiara: Ferrero deve diventare un gigante mondiale del food, mantenendo il cuore ad Alba ma parlando tutte le lingue del mondo. L’acquisizione di WK Kellogg va letta in questa cornice. È l’ennesimo tassello di un puzzle che mira a trasformare una multinazionale dolciaria in un ecosistema globale dell’alimentazione. Con una nota di romanticismo: portare Nutella sulla tavola dei corn flakes, forse, non è più solo un sogno.

Intanto, il mercato guarda e aspetta. Le autorità antitrust devono ancora approvare l’operazione, anche se nessun ostacolo significativo è previsto. Se tutto filerà liscio, la chiusura dell’acquisizione avverrà nella seconda metà del 2025. A quel punto, inizierà la vera partita: rilanciare i marchi, innovare le ricette, conquistare nuovi pubblici. Per Ferrerosarà la sfida più americana di sempre. E per i consumatori, forse, l’occasione per riscoprire che la colazione, anche quella industriale, può ancora emozionare.

Cos'è Ferrero?

C’è un’Italia che non si fa notare con rumore, che non cerca i riflettori, che non ha bisogno di urlare per affermarsi. Un’Italia che lavora, costruisce, innova. Un’Italia che sa ancora sorprendere il mondo partendo dal silenzio delle sue colline. È l’Italia di Ferrero, ed è un’Italia che oggi — con l’acquisizione di WK Kellogg Co — merita di essere raccontata con orgoglio.

Ad Alba, tutto profuma ancora di nocciole e cioccolato, come sessant’anni fa. Ma quel profumo oggi arriva fino a Battle Creek, Michigan. Là dove sono nati i corn flakes, là dove la colazione è un pezzo d’identità nazionale, ora si parla anche la lingua gentile di Ferrero. È una conquista silenziosa, e proprio per questo ancora più potente. Una conquista che non strappa, ma abbraccia. Che non impone, ma valorizza. Che entra in punta di piedi in uno dei rituali più intimi della cultura americana — la colazione — e lo fa con la competenza di chi non ha mai avuto paura di puntare in alto.

Ferrero Alba

Ci vuole coraggio per sfidare un mercato maturo, in calo, dove molti vedono solo il tramonto di un’abitudine. Ma Ferrero non ha mai ragionato come gli altri. Ha visto una possibilità dove altri vedevano la fine. Ha visto valore nei marchi storici, nei legami affettivi con i consumatori, nei gesti ripetuti ogni mattina da milioni di famiglie. Ha visto quello che gli algoritmi non vedono: la memoria, l’affetto, la fiducia.

E ha scommesso. Ancora una volta. Dopo aver già conquistato gli americani con Nutella, Tic Tac, Butterfinger, Keebler, ora va a toccare il cuore della loro infanzia, portando a casa Froot Loops, Special K, Frosted Flakes. È una dichiarazione d’amore per un mercato che Ferrero ha imparato a conoscere e rispettare. Non si tratta solo di espansione: si tratta di cultura, di visione, di costruzione lenta e solida di un’identità globale che non rinnega le origini, ma anzi le rafforza.

Perché in tutto questo c’è Alba. Sempre. La città che ha visto nascere l’idea geniale della crema alla nocciola diventata mito. La città che ha custodito, difeso, cresciuto il sogno di una famiglia, trasformandolo in un impero gentile. Un’impresa che non ha mai delocalizzato il cuore, neanche quando ha aperto stabilimenti dall’India al Messico. Giovanni Ferrero, con discrezione e coerenza, ha portato avanti tutto questo. Non c’è nessuna foto in posa, nessuna narrazione muscolare. Solo numeri, risultati, coerenza.

Ed è proprio questo che rende grande Ferrero. Non solo le vendite, non solo i miliardi, non solo le acquisizioni. Ma il modo in cui tutto questo accade. Senza clamore, senza proclami, senza retorica. Con lo stile di chi sa dove va, e non ha bisogno di gridarlo. In un tempo in cui le imprese italiane spesso finiscono nei bilanci di gruppi esteri, in un tempo in cui tanti se ne vanno, Ferrero resta. Cresce. Investe. Conquista. E lo fa a modo suo. A modo nostro.

E allora sì, questa acquisizione è anche un po’ nostra. È un po’ dell’Italia che ci crede ancora. Che sa ancora sorprendere. Che fa impresa con eleganza, etica, visione. Oggi Ferrero non ha solo comprato un’azienda americana. Ha dimostrato che si può essere leader globali partendo da un laboratorio tra le Langhe. Che si può andare lontano senza dimenticare da dove si viene.

E questo, in fondo, è il successo più dolce di tutti.

Italia una potenza globale del cioccolato

Nel grande risiko dell’industria alimentare globale, il comparto dolciario si conferma uno dei più vivaci, strategici e culturalmente radicati. A dominare la scena, con fatturati miliardari e una rete di marchi capillare in ogni continente, sono le multinazionali del cioccolato e delle caramelle. E tra queste, l’Italia può guardare il mondo dritta negli occhi. Perché Ferrero, con sede ad Alba, non solo tiene il passo, ma è saldamente sul podio dei big.

Secondo le classifiche aggiornate al 2025, i tre principali gruppi dolciari al mondo sono Mars, Mondelez e appunto Ferrero Group. Mars, il gigante americano proprietario di Snickers, M&M’s, Twix e Skittles, guida la classifica con un fatturato stimato di oltre 23 miliardi di dollari. Poco sotto, con numeri pressoché analoghi, c’è Mondelez International, la holding che controlla brand come Oreo, Toblerone, Milka e Cadbury. E al terzo posto, con oltre 19 miliardi di dollari di ricavi, c’è Ferrero, l’unica europea — a capitale familiare — a competere davvero, alla pari, con i colossi americani.

Il gruppo italiano fondato da Pietro Ferrero e portato al successo da Michele, poi da Giovanni Ferrero, è oggi un marchio planetario. Non più soltanto sinonimo di Nutella e Kinder, ma una potenza industriale che ingloba marchi acquisiti in USA e altrove come Butterfinger, Keebler, Fannie May, e ora anche i cereali americani di WK Kellogg Co. Una crescita continua, silenziosa, fatta di acquisizioni mirate e visione di lungo periodo, che ha proiettato Ferrero in un’orbita del tutto nuova, in cui l’identità italiana diventa valore aggiunto globale.

Dietro Ferrero, nella classifica mondiale, seguono nomi noti: la svizzera Nestlé, con KitKat e Smarties; Hershey, l’icona americana delle tavolette; pladis (UK), proprietaria di Godiva e McVitie’s; Lindt & Sprüngli, simbolo del cioccolato premium svizzero; Meiji, colosso giapponese; e August Storck con Toffifee e Werther’s. Ma nessuno, fatta eccezione per Mars e Mondelez, raggiunge il livello di Ferrero in termini di fatturato, brand awareness e reputazione etica.

Sul fronte italiano, il panorama è dominato proprio da Ferrero, che da sola vale più di tutto il resto del settore messo insieme. Il secondo produttore tricolore, Perfetti Van Melle, con marchi come Mentos, Chupa Chups e Alpenliebe, si attesta attorno ai 2,5 miliardi di euro. Poi, a grande distanza, ci sono nomi storici come Bauli, Balocco, Colussi, con fatturati compresi tra i 200 e i 500 milioni di euro. Grandi brand, importanti sul mercato nazionale, ma con una portata e una struttura che non possono reggere il confronto con la dimensione globale di Ferrero.

Questa classifica non è solo una tabella di numeri. Racconta di come un’azienda italiana, a conduzione familiare, radicata nelle Langhe, abbia saputo trasformarsi in una multinazionale senza rinunciare alla propria anima. Racconta di una strategia industriale che ha puntato non solo sul prodotto, ma sul valore emozionale del marchio, sulla qualità senza compromessi, sulla continuità generazionale e sull’espansione sostenibile. E oggi, in un mercato che vale 619 miliardi di dollari su scala globale (stima 2025), e che cresce del 5,35% annuo, Ferrero non è solo un protagonista: è un esempio.

Mentre il mondo dei dolci cambia pelle — con la crescita della domanda di prodotti premium, con la ricerca di alternative sostenibili al cacao tradizionale, con la rivoluzione delle abitudini alimentari — Ferrero resta saldo, ma al tempo stesso in movimento. In silenzio, senza proclami, ma con la forza della costanza. E con una certezza: se oggi il cioccolato ha un cuore globale, quel cuore parla italiano. E batte, fortissimo, tra le colline di Alba.

Top 20 aziende alimentari nel mondo – Anno 2025

Posizione Azienda Paese Fatturato stimato (USD) Marchi principali / Attività
1 Nestlé Svizzera $101,5 miliardi Nescafé, KitKat, Maggi, Purina, Gerber
2 Ahold Delhaize Paesi Bassi/Belgio $96,2 miliardi Albert Heijn, Food Lion, Stop & Shop
3 PepsiCo USA $91,5 miliardi Pepsi, Lay’s, Quaker, Gatorade, Tropicana
4 ADM (Archer Daniels Midland) USA $85,5 miliardi Ingredienti, farine, cereali, oli industriali
5 Sysco Corporation USA $80,6 miliardi Distribuzione alimentare HoReCa
6 Performance Food Group USA $60,1 miliardi Foodservice, logistica alimentare
7 Anheuser-Busch InBev Belgio $59,8 miliardi Budweiser, Corona, Stella Artois
8 Unilever Regno Unito $58,2 miliardi Knorr, Lipton, Hellmann’s, Ben & Jerry’s
9 Tyson Foods USA $53,6 miliardi Carni, Sara Lee, Hillshire Farm
10 Bunge Limited USA $53,1 miliardi Agribusiness, oli vegetali, ingredienti
11 Cargill USA $51,0 miliardi (solo divisione food) Zuccheri, oli, cereali, proteine
12 The Coca-Cola Company USA $50,5 miliardi Coca-Cola, Fanta, Sprite, Minute Maid
13 JBS S.A. Brasile $49,9 miliardi Carne bovina, pollame, Seara
14 Danone Francia $48,7 miliardi Evian, Activia, Alpro, Nutricia
15 General Mills USA $47,3 miliardi Cheerios, Häagen-Dazs, Yoplait
16 Mondelez International USA $45,8 miliardi Oreo, Milka, Toblerone, Cadbury
17 WH Group (Smithfield Foods) Cina / USA $44,1 miliardi Carni lavorate, salumi, prodotti suini
18 Heineken N.V. Paesi Bassi $42,9 miliardi Heineken, Moretti, Amstel
19 Fonterra Co-operative Nuova Zelanda $39,7 miliardi Latticini, burro, formaggi, latte in polvere
20 Ferrero Group Italia $19,1 miliardi

Nutella, Kinder, Ferrero Rocher, Tic Tac

Classifica dei principali produttori italiani di dolciumi (2025)

Posizione Azienda Fatturato stimato Marchi principali Sede
1 Ferrero Group ~19,1 miliardi € Nutella, Kinder, Tic Tac, Ferrero Rocher Alba (CN)
2 Perfetti Van Melle ~2,5 miliardi € Mentos, Chupa Chups, Alpenliebe Lainate (MI)
3 Bauli S.p.A. ~500 milioni € Bauli, Motta, Alemagna Verona
4 Colussi Group ~400 milioni € Colussi, Misura, Agnesi Perugia
5 Balocco S.p.A. ~200 milioni € Balocco, Novellini, Frollini Fossano (CN)
6 Vicenzi S.p.A. ~170 milioni € Matilde Vicenzi, Grisbì, Millefoglie d’Italia San Giovanni Lupatoto (VR)
7 Elah-Dufour S.p.A. ~60 milioni € Elah, Dufour, Novi Novi Ligure (AL)
8 Fida S.p.A. ~35 milioni € Bonelle, Rossana, Charms Castagnole Lanze (AT)
9 Sperlari S.r.l. ~30 milioni € Sperlari, Galatine, Saila Cremona
10 Maina Panettoni S.p.A. ~28 milioni € Maina (panettoni, pandori) Fossano (CN)

Classifica 2025 dei principali produttori mondiali nel settore dolciario

Posizione Gruppo Paese Fatturato stimato (USD) Marchi principali
1 Mars, Incorporated USA ~23 miliardi M&M’s, Snickers, Twix, Skittles
2 Mondelez International USA ~23 miliardi Oreo, Toblerone, Cadbury, Milka
3 Ferrero Group Italia ~19,1 miliardi Nutella, Kinder, Tic Tac, Ferrero Rocher
4 Nestlé S.A. Svizzera ~11,9 miliardi KitKat, Smarties, After Eight
5 The Hershey Company USA ~11,2 miliardi Hershey’s, Reese’s, Kisses
6 pladis Global Regno Unito ~10,9 miliardi McVitie’s, Godiva, Ulker
7 Lindt & Sprüngli Svizzera ~4,3 miliardi Lindt, Ghirardelli, Russell Stover
8 Meiji Holdings Giappone ~9,6 miliardi Meiji Chocolate, Kinoko no Yama
9 August Storck Germania ~3,2 miliardi Werther’s Original, Toffifee, Merci
10 Ezaki Glico Giappone ~3,2 miliardi Pocky, Pretz, Caplico
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