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11 Luglio 2025 - 15:43
la sindaca Elena Piastra. Sullo sfondo il "campo" della Croce Rossa
Mentre il centro storico si svuota, i negozi chiudono, i mercati arrancano e i commercianti aspettano ancora un piano che non arriva, la sindaca Elena Piastra sa benissimo cosa fare: accogliere. Non i clienti che non ci sono più, ma i migranti, quelli sì. Con convinzione, con precisione burocratica, con tutto il corredo di codici progetto, piani triennali e piattaforme ministeriali.
È stata infatti approvata l’ennesima delibera sul progetto SAI – Sistema di Accoglienza e Integrazione, che Settimo porterà avanti fino al 2028. La giunta ha detto sì, senza battere ciglio, alla gestione di 110 posti di accoglienza, confermando la partecipazione al bando ministeriale per altri tre anni. Il commercio locale? I bandi per le botteghe? Le agevolazioni per chi prova a non arrendersi alla desertificazione urbana? Non pervenuti. O, più onestamente, rinviati a data da destinarsi.
Eppure, sull’accoglienza la macchina comunale è un orologio svizzero. Tutto perfettamente pianificato: 70 posti al Centro Fenoglio, struttura di proprietà pubblica, e 40 posti in alloggi diffusi, gestiti da enti del terzo settore con nomi ormai noti in città: Fondazione Comunità Solidale, CISV Solidarietà, Casa dei Popoli, Croce Rossa Italiana ODV. Ogni incarico già assegnato, ogni atto formalizzato. Il piano funziona e si rinnova, perché — e va detto chiaramente — il SAI a Settimo è un progetto serio, stabile, efficace. E, di questi tempi, non è poco.
Ma è anche un segnale politico inequivocabile. Elena Piastra non si è mai interessata davvero al commercio. Lo ha detto, promesso, vagheggiato, ma poi nulla. Viceversa, sull’accoglienza non sbaglia un colpo. Da oltre dieci anni Settimo aderisce con entusiasmo ai progetti SPRAR, SIPROIMI, oggi SAI. Non una scelta neutra, ma una precisa linea identitaria. Settimo è una città che accoglie. Il resto — lo sviluppo economico, le attività produttive, il centro cittadino che muore, la manutenzione del verde, le strade tutte scassate — può attendere.
La sindaca, come si legge nella delibera approvata il 1° luglio, firma in prima persona la richiesta al Ministero dell’Interno, assumendosi la piena responsabilità di un progetto che, a detta della giunta, “ha generato proficue sinergie tra istituzioni, terzo settore e territorio”. Una frase da manuale, certo, ma che in questo caso ha una base concreta. Il progetto SAI non è un’iniziativa improvvisata: ha numeri, operatori, referenti, una direzione amministrativa solida, affidata a Stefano Maggio e Luna Brusasco. Non ci sono ombre né conflitti di interesse. Anzi, c’è una competenza rara, che sarebbe bello vedere impiegata anche per sostenere il tessuto economico cittadino.
E invece no. Perché il destino delle botteghe settimesi non appassiona questa amministrazione, che ha fatto della cultura progressista dell’accoglienza un fiore all’occhiello, e della politica economica un vaso vuoto. Nessun piano per la rivitalizzazione delle vie commerciali, nessuna misura urgente per contenere l’emorragia di attività, nessun confronto reale con le associazioni di categoria.
Ma guai a dire che tutto ciò è sbagliato. Occuparsi di migranti non è solo legittimo. È giusto. È umano. È civile. E le fa onore. Perché nel disinteresse generale di tanti Comuni, Settimo Torinese ha mantenuto il proprio impegno con dignità. Ha accolto, integrato, garantito tutele. Ha fatto quello che si dovrebbe fare, senza urlare, senza slogan. Con metodo.
Il punto, semmai, è l’altro. Che si è scelto di farlo a scapito di tutto il resto. E questo, in politica, si chiama priorità. L’accoglienza è una priorità assoluta per Piastra. L’economia no. Le manutenzioni ancora meno. Il verde peggio ancora considerando i soldi che spendono. I migranti sono una responsabilità pubblica, i commercianti no.
Dunque sì, onore alla sindaca per la coerenza e per la determinazione con cui porta avanti questa linea. Ma non ci si lamenti se poi la città è stanca. Perché accogliere i migranti è un merito, ma abbandonare i cittadini al loro destino economico è una colpa. E Settimo non può più permettersi di vivere solo di progetti ministeriali, mentre i centri storici muoiono e le insegne si spengono.
Insomma: migranti sì, botteghe no. A Settimo è questa la linea. E chi sperava in un’attenzione diversa, può mettersi il cuore in pace. Almeno fino al 2028.
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