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09 Luglio 2025 - 00:57
Matteo Salvini
Via libera al rinvio del blocco per i diesel Euro 5. Con l’approvazione dell’emendamento al decreto Infrastrutture, il termine per introdurre il divieto alla circolazione di auto e veicoli commerciali diesel Euro 5 in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna slitta dal primo ottobre 2025 al primo ottobre 2026. Il provvedimento, accolto con entusiasmo dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, introduce anche una modifica significativa: le limitazioni non scatteranno più nei comuni sopra i 30.000 abitanti, ma solo in quelli che superano i 100.000 residenti. È una scelta di buonsenso, ha dichiarato Salvini, che da tempo si batteva per un alleggerimento delle restrizioni, giudicate penalizzanti per milioni di cittadini e lavoratori.
Secondo il Codacons, questa proroga evita che 1,3 milioni di veicoli diventino “fuorilegge” dal prossimo autunno. Lo stop, senza misure alternative, avrebbe imposto un fardello pesante su famiglie e imprese, costringendo molti all’acquisto di una nuova auto senza adeguati incentivi pubblici, osserva l’associazione, che però lancia un monito: le Regioni ora non hanno più scuse e devono usare questo tempo per adottare misure strutturali e realmente efficaci contro lo smog.
In Piemonte la notizia è stata accolta con grande favore da tutto il centrodestra. Il presidente della Regione Alberto Cirio ha parlato di una buona notizia che tutela l’ambiente senza bloccare le auto e senza colpire famiglie e imprese, mentre l’assessore all’Ambiente Matteo Marnati ha rivendicato la serietà dell’approccio piemontese, sottolineando che il nuovo quadro normativo consente di evitare il blocco anche nelle città con oltre 100.000 abitanti, grazie a misure compensative già previste nel piano regionale della qualità dell’aria.
Gli fa eco Sergio Bartoli, presidente della V Commissione Ambiente in Consiglio Regionale, che invita a investire il tempo ottenuto con il rinvio in soluzioni concrete, sostenibili, non punitive, che mettano al centro il benessere dei cittadini e la competitività del territorio. Il gruppo consiliare di Forza Italia ha calcolato che in Piemonte il blocco avrebbe coinvolto 250mila vetture, pari all’8% del parco circolante, molte delle quali immatricolate nel 2015: è impensabile fermare auto di appena dieci anni, significherebbe colpire le fasce più fragili, dichiarano i consiglieri Paolo Ruzzola, Annalisa Beccaria, Franco Graglia, Debora Biglia, Davide Buzzi Langhi e Mauro Fava, secondo cui le misure alternative al blocco stanno già dando risultati concreti.
Anche Fratelli d’Italia esprime soddisfazione con una nota congiunta dei consiglieri Carlo Riva Vercellotti, Roberto Ravello e Daniela Cameroni: questa decisione dà respiro a famiglie e imprese, contro una deriva ideologica che rischiava di penalizzare l’economia reale e le fasce più deboli. Secondo loro, il rinvio è un passo avanti verso una transizione sostenibile, responsabile e compatibile con le esigenze dei territori.
Totalmente diversa la posizione di Alice Ravinale, presidente del gruppo regionale di Alleanza Verdi Sinistra, che definisce trionfalistici e ipocriti i toni della Lega: sono stati proprio loro, nel 2021, a introdurre la norma, e ora la rinviano per la seconda volta al photofinish, limitandola ai soli comuni sopra i 100.000 abitanti, come se l’aria inquinata si fermasse ai confini di Torino. Ravinale ricorda che AVS aveva già presentato un’interrogazione urgente sul tema a inizio maggio e chiede chiarimenti sulle misure compensative: delle due l’una: o la norma è inutile, e allora molti hanno cambiato l’auto inutilmente, oppure non si sta affrontando con serietà un problema gravissimo per la salute pubblica.
Intanto, la nuova normativa prevede che le Regioni possano comunque introdurre il blocco prima del 2026, aggiornando i propri piani per la qualità dell’aria. E dopo quella data, potranno evitare del tutto il divieto se adotteranno misure compensative ritenute idonee dall’Unione Europea.
Resta da capire se, nei prossimi dodici mesi, le promesse si tradurranno in atti concreti. Perché l’aria non aspetta. E nemmeno l’Europa.
Il Governatore del Piemonte Alberto Cirio
Avete presente quando uno fa un errore, lo riconosce, torna indietro... e si aspetta pure un applauso? Ecco. È quello che sta facendo il governo con il rinvio del blocco ai diesel Euro 5. Una letterale retromarcia, con tanto di indicatori accesi e mano fuori dal finestrino, che cerca gli applausi del pubblico. E magari pure una standing ovation.
Perché è questo che abbiamo visto negli ultimi giorni: il vicepremier Matteo Salvini, visibilmente soddisfatto, che annuncia il rinvio del blocco alla circolazione dei diesel Euro 5 nei grandi centri urbani del Nord Italia. Il divieto scatterà — forse — nell’ottobre 2026, anziché nel 2025. Per ora lo congeliamo. E se siamo bravi, magari ce lo scordiamo del tutto. Ma attenzione: è “una scelta di buonsenso”. Applausi, grazie. “Una grande vittoria per famiglie e lavoratori”. Applausi, ancora. “Abbiamo evitato l’ennesimo danno all’economia reale”. Lacrime, magari. Di commozione.
Peccato che quella norma — la stessa che oggi viene rinviata — sia stata voluta proprio dalle Regioni a trazione centrodestra. Piemonte in testa, con Alberto Cirio che ora si complimenta con se stesso per aver contribuito a frenare… quello che aveva contribuito a far partire. Come in una recita scolastica: “Abbiamo trovato una soluzione equilibrata”, dice Cirio, mentre l’assessore Marnati spiega che il Piemonte ha già pronto un piano di misure compensative che dovrebbero ottenere gli stessi risultati di un blocco che, a questo punto, nessuno sa se verrà mai davvero applicato. Ovazione in sala.
Ma il premio per la coerenza va alla destra tutta, che un giorno firma le limitazioni per evitare le sanzioni dell’Unione Europea e il giorno dopo le rinvia per non perdere voti. Una politica ambientale a singhiozzo, gestita con l’affidabilità di un tergicristallo rotto.
E intanto? Intanto l’aria si continua a respirare. Con dentro quello che c’era anche ieri: NOx, PM10, polveri sottili. L’Alleanza Verdi Sinistra — per una volta — dice qualcosa di sensato: se questa misura era necessaria per tutelare la salute pubblica, allora oggi la si sta svuotando di senso. Se invece non serviva, allora perché si è fatta credere a milioni di cittadini che fosse indispensabile cambiare auto?
Sarebbe bastato un po’ di chiarezza, un minimo di programmazione. Invece ci ritroviamo davanti all’ennesimo pasticcio istituzionale, dove le decisioni vengono prese sull’onda delle proteste, delle pressioni e dei sondaggi. Dove si fa marcia indietro, ma ci si gira verso il pubblico in cerca di consensi, dicendo: “Avete visto che bravi? Ce la siamo cavata anche stavolta”.
E allora sì, battiamo le mani. Non per il provvedimento, non per l’inquinamento ridotto, non per la qualità dell’aria migliorata. Battiamo le mani per la sceneggiata. Per la messinscena. Per l’ennesimo dietrofront trasformato in trionfo.
Il governo fa retromarcia. E vuole pure gli applausi. Ma la realtà non cambia: a respirare, ci pensa chi vive nelle città. E non può certo farlo a giorni alterni, come le scelte di chi ci governa.
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