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Alberto Cirio vuole "ammazzare" tutti i pesci nei fiumi?

Pro Natura denuncia le nuove regole della Regione Piemonte: troppa acqua tolta ai fiumi, si rischia di rovinarli per sempre. E con loro, anche l’agricoltura

Alberto Cirio vuole "ammazzare" tutti i pesci nei fiumi?

Alberto Cirio

I fiumi del Piemonte sono in pericolo. E con loro anche le falde d’acqua sotto terra, cioè quei grandi “serbatoi naturali” che ci danno l’acqua per bere, per irrigare i campi, per vivere. A lanciare l’allarme è Pro Natura Piemonte, un’associazione ambientalista che da anni difende l’ambiente.

Il motivo? La Regione Piemonte ha deciso che si potrà prelevare ancora più acqua dai fiumi, anche quando sono già quasi in secca. In pratica, anche nei periodi peggiori, come d’estate quando non piove mai, si potrà lasciare nei fiumi solo il 30% dell’acqua che c’è davvero. Il resto potrà essere preso, soprattutto per irrigare i campi.

Ma così, spiegano da Pro Natura, i fiumi rischiano di prosciugarsi del tutto. E se i fiumi restano senz’acqua, muoiono i pesci, spariscono le piante, e si rovina tutto l’ambiente che vive grazie a quei corsi d’acqua. Ma non solo: si rovina anche lo scambio d’acqua con le falde sotterranee, cioè l’acqua che sta nel sottosuolo e che è importantissima per l’agricoltura.

In poche parole, si pensa di aiutare gli agricoltori dandogli più acqua subito, ma così facendo si rischia di togliergli l’acqua per sempre. Perché se si prosciugano i fiumi e le falde, poi non si recupera più. E non c’è più niente da dare a nessuno.

Pro Natura ricorda che già oggi quasi la metà dei fiumi del Piemonte non è in buone condizioni. E che negli ultimi cento anni i consumi d’acqua sono aumentati tantissimo. Si prende troppa acqua, soprattutto per i campi, e i fiumi ne restano sempre meno.

Una volta si parlava di Deflusso Minimo Vitale: cioè una certa quantità d’acqua che doveva sempre restare nel fiume, per non farlo morire. Poi si è passati al Deflusso Ecologico, un sistema più moderno, che tiene conto anche delle stagioni e dei bisogni della natura. Ma con le nuove regole approvate dalla Regione, anche questo principio viene buttato via, perché ora si potrà prelevare quasi tutto, lasciando nei fiumi pochissima acqua, anche nei momenti più delicati.

Secondo Umberto Lorini, presidente di Pro Natura, si tratta di scelte sbagliate e pericolose.

“Stanno cercando di accontentare gli agricoltori con provvedimenti che sembrano popolari, ma che alla lunga li danneggiano. La colpa non è del fiume, ma del cambiamento del clima. E servono soluzioni serie, non scorciatoie”.

Pro Natura propone invece di lavorare in un altro modo: usare meglio l’acqua, fare campi che consumano meno, migliorare i terreni per far trattenere più umidità, cambiare coltivazioni dove serve. Perché, dicono, “non possiamo continuare a svuotare i fiumi come fossero rubinetti. Un giorno potrebbero restare davvero asciutti. E allora sarà troppo tardi, per tutti”.

pesci morti

L’uomo, il fiume e la stupidità

Non servono grandi studi per capire che se togli l’acqua a un fiume, il fiume muore. E se il fiume muore, con lui muore la vita che lo circonda: i pesci, le piante, gli insetti, gli uccelli che si abbeverano, le falde che si alimentano, le campagne che ci nutrono. È così da sempre. Ma all’uomo moderno non basta più l’evidenza. Vuole tutto, subito. E così, mentre piange la siccità, continua a svuotare i fiumi, come se l’acqua fosse infinita. Come se la natura fosse sua.

La Regione Piemonte, con la sua ultima legge, ha deciso che il fiume può aspettare. Che quando l’acqua scarseggia, si può lasciare scorrere anche solo il 30% di quello che resta. Un 30% di niente. Una goccia in un letto secco. Una presa in giro per chi crede ancora che ambiente e agricoltura possano andare a braccetto. È la dimostrazione di una stupidità antica ma aggiornata alla tecnologia: quella dell’uomo che guarda solo il raccolto di quest’anno, il consenso di domani, la resa immediata. Che scambia il rubinetto per una fonte inesauribile. Che si lamenta del cambiamento climatico, ma continua a spalare sabbia nella clessidra.

La verità è che l’uomo ha smesso di ascoltare la terra. E non parliamo di spiritualità, ma di semplice buonsenso. Se impoverisci le falde, prima o poi non avrai più acqua nemmeno per irrigare. Se desertifichi i suoli, anche il mais ti manderà a quel paese. Ma invece di cambiare colture, migliorare i terreni, fare scelte intelligenti, si preferisce la scorciatoia: prendi più acqua. Spremi di più. Finché non rimane niente.

Pro Natura ha ragione da vendere quando dice che le falde sono più preziose dei bacini artificiali. Ma chi lo spiega agli amministratori che vivono di slide e campagne social? Chi lo dice agli agricoltori che aspettano l’ok per aprire il canale anche quando il fiume non ce la fa più?

Ci vorrebbe meno furbizia e più intelligenza. Meno populismo e più lungimiranza. Meno egoismo e più umiltà. Perché non si tratta solo di “salvare i pesci” – come qualcuno banalmente pensa – ma di salvare noi stessi. Di non tagliare il ramo (d’acqua) su cui siamo seduti.

La stupidità dell’uomo sta proprio qui: nel credere di poter sopravvivere a un mondo morto. Nel voler vincere contro la natura, dimenticando che la natura non gioca: semplicemente, agisce. E quando decide che è finita, è finita davvero.

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