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Ombre su Torino

Sindacati e partiti li chiamarono teppisti. Erano operai...

Uno sciopero generale che si tramuta in guerriglia.

La rivolta di Piazza Statuto.
Torino, primi di luglio del 1962.
Alla FIAT si discute dei rinnovi contrattuali, la tensione è ai massimi storici.
CGIL, CISL e UIL proclamano sciopero generale dei metalmeccanici della città per il 7 luglio. La partecipazione è massiccia (si calcolerà che alla FIAT aderiranno in 9 su 10) e già dal mattino iniziano i picchettaggi davanti alle fabbriche e i primi scontri con dirigenti e polizia.
Dopo qualche ora, però, si sparge una voce tra i lavoratori: la UIL e la SIDA (il sindacato “padronale”) già il 5 hanno raggiunto un accordo separato.
La reazione è immediata.

Nelle prime ore del pomeriggio circa 7000 operai si dirigono in Piazza Statuto, dove c’è la sede della UIL. Ad aspettarli i dirigenti sindacali asserragliati e circa 500 poliziotti. Fionde, bastoni, catene e sampietrini da una parte, jeep lanciate a folle velocità tra i manifestanti e gas lacrimogeni dall’altra.
Gli operai se li trovano tutti contro: le forze dell’ordine, la CGIL e il PCI che li definiscono “elementi incontrollati, irresponsabili e giovani scalmanati” e i mezzi di informazione che a destra gli danno dei teppisti e a sinistra dei provocatori fascisti.
Gli scontri andranno avanti per 3 giorni di fila, con addirittura la turnazione dei lavoratori, come in fabbrica: dalle 6 alle 2 del pomeriggio e poi il cambio fino alle 10 di sera.
Il bilancio sarà di 1215 fermati, 90 arrestati, un centinaio denunciati a piede libero e alcune centinaia di feriti tra i manifestanti e le forze dell’ordine. 88 dipendenti della FIAT verranno licenziati in agosto.
E’ a Torino che prima del ’68, quando i manifestanti del ’77 erano forse iscritti all’asilo si ha la prima vera rottura tra le classi più disagiate del proletariato e i partiti politici e i sindacati di riferimento.
Non a caso, al processo emergerà che 2/3 degli imputati sono quelli che verranno poi definiti “operaio-massa” e che saranno il soggetto fondamentale delle rivendicazioni dei lavoratori negli anni ’70. Non dei provocatori fascisti ma degli operai non specializzati, spesso provenienti dal sud Italia, bisognosi più che aumenti salariali di condizioni lavorative dignitose.
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