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04 Luglio 2025 - 22:30
Anna Maria Ingrosso
C’è un silenzio diverso da tutti gli altri che da giorni abita l’Istituto “Aldo Moro” di Rivarolo Canavese. Non è il silenzio della fine delle lezioni, né quello di un’aula vuota. È un silenzio che pesa, che ferisce, che lascia senza fiato. È il silenzio che rimane quando se ne va una persona come Anna Maria Ingrosso.
È il silenzio della mancanza.
Se n’è andata il 1° luglio 2025, e chi l’ha amata, stimata, seguita tra i corridoi della scuola o semplicemente incrociata in un gesto gentile, fatica ancora a crederci. La notizia ha attraversato Cuorgnè, Rivarolo, le stanze del “Moro” e le aule della scuola media “Giovanni Cena”, dove aveva insegnato. Ha colpito tutti al cuore, perché nessuno era pronto a dirle addio. E, in fondo, non lo si è mai davvero.
Anna Maria era Puglia negli occhi e Canavese nel cuore. Era nata nel 1979, aveva studiato Armenistica – una scelta che già racconta la sua anima curiosa, sensibile, profonda – e poi aveva scelto la scuola come casa, come missione, come luogo in cui donare sé stessa senza mai chiedere nulla in cambio. Insegnava Lettere nella sezione tecnica dell’Aldo Moro da oltre cinque anni. Ma chi la conosceva sapeva che non era solo una professoressa. Era una presenza che curava.
Mai una parola di troppo, mai un gesto invadente. Anna Maria era riservata, lieve nei modi ma fortissima nello spirito. La si riconosceva dal sorriso timido, dallo sguardo attento, dalla capacità rara di ascoltare davvero. C’era sempre, anche quando non si vedeva. Bastava un’occhiata per sapere che c’era. Che capiva. Che custodiva.
Aveva vissuto in silenzio anche il dolore degli ultimi mesi. Una discrezione che oggi ci commuove ancora di più. Perché non ha mai voluto gravare su nessuno, nemmeno quando la vita chiedeva troppo. E allora questa sua morte improvvisa, che improvvisa non è, ma che ci ha colto come un fulmine, ci lacera con la sua dolcezza. Perché ci mostra tutto il coraggio silenzioso che aveva. Quella forza gentile che solo poche persone sanno coltivare.
“Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono dovunque noi siamo”, ha scritto la dirigente Cosetta Borelli, citando Sant’Agostino. Ed è vero. Perché Anna Maria è lì, tra i banchi, negli occhi degli allievi che ha saputo accogliere. Nelle colleghe a cui ha sussurrato parole giuste nei momenti sbagliati. Nei corridoi che profumano ancora di umanità.
Il suo modo di insegnare era lo stesso con cui viveva: con grazia, con pudore, con una cura rara. Ogni lezione era una piccola opera d’arte fatta di ascolto e rispetto. Ogni giorno era un dono ai suoi studenti, anche a quelli più difficili, anche quando la stanchezza si faceva sentire. E i suoi studenti lo sapevano. Lo sentivano. Lo ricorderanno.
Giovedì 3 luglio, nella chiesa di San Francesco a Rivarolo, la comunità scolastica si è stretta attorno a lei un’ultima volta, con la recita del Santo Rosario. C’erano insegnanti, studenti, genitori, amici. C’era chi crede e chi non crede. Ma tutti, davvero tutti, avevano negli occhi la stessa cosa: la gratitudine. Quella che si deve alle persone che lasciano segni veri. Quella che non si spegne con le stagioni.
E allora oggi non resta che prometterlo, tutti insieme: non lasceremo che il suo passaggio venga dimenticato. Continueremo a nominarla, a raccontarla, a imparare da lei. Perché la scuola non è solo un luogo dove si insegna, ma dove si custodiscono le anime belle. E Anna Maria Ingrosso era una di quelle anime che fanno bene al mondo, anche adesso che non c’è più.
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