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A Settimo si gira il film "Bambini alla piastra"

Allaninocosta: il centro di inclusione che si scioglie sotto il sole tra promesse mancate e indifferenza istituzionale

A Settimo si gira il film "Bambini alla piastra"

La sindaca Elena Piastra

Si chiama Allaninocosta. Doveva essere un centro innovativo per l’inclusione. Un luogo sicuro, accogliente, pensato per i bambini più fragili. Quelli con disabilità, con bisogni speciali, con la necessità – sacrosanta – di essere protetti e rispettati. E invece no. È l’ennesimo esempio di cosmesi istituzionale: una bella etichetta incollata su una struttura che si scioglie sotto il sole di luglio, priva di aria condizionata, priva di rispetto, priva di decenza.

Il centro estivo sta per partire, come ogni anno. Le temperature sfioreranno i 35 gradi. I bambini ci andranno perché i genitori lavorano, perché non ci sono alternative, perché non tutti possono permettersi baby sitter e centri privati climatizzati.

Capita tutto questo nella “città del festival dell'innovazione”, dell'inclusione, del Dado, della sindaca visionaria, della città con la biblioteca più bella di tutto l'universo terraqueo... Epperò mentre in Municipio si godono un fresco assicurato, i bambini disabili sudano in aule afose con un ventilatore a stanza. Sì, uno per stanza. Uno. Come nel 1987.

“Dove sono finite le promesse?”, ha chiesto pubblicamente su Facebook, Ileana Margherita, una madre. E con lei, decine di cittadini si sono uniti a un coro che, a Settimo, ormai è diventato un lamento quotidiano.

“Parlavano di centro all’avanguardia, ma qui siamo al livello baracca”, scrive una cittadina. Un’altra aggiunge: “Negli uffici comunali l’aria condizionata c’è. Ma per i bambini fragili? Una ventola. Alla faccia dell’inclusione”.

La risposta del Comune è arrivata, educata, composta, infiocchettata come sempre: “I ventilatori ci sono, uno per aula. Stiamo valutando soluzioni. Il servizio è apprezzato. Si migliora poco per volta”.

Insomma, il solito ritornello. Quello delle “strutture non progettate per l’estate”, delle “priorità da bilanciare”, delle “risorse limitate”. Sarà, ma le foto coi nastri tagliati, le interviste autocelebrative, i post di Piastra su quanto siamo bravi ad accogliere la fragilità, quelli non mancano mai. Il problema è che tra l’annuncio e la realtà, c’è un muro di calore. Letteralmente.

Una madre commenta: “Il Comune ha messo un ventilatore in ogni aula e dice che va bene così. Ma io in quell’aula ci sono entrata. È invivibile. Ma tanto chi deve decidere, lì dentro, non ci sta mai.”

Un’altra denuncia: “Mio figlio è in lista d’attesa dal 2021. Non siamo mai stati chiamati. Paghiamo tutto da privato. E ci dicono che è questione di priorità. Quali? Quelle di chi si fa bello sulla pelle dei nostri figli?”

Ecco la vera faccia dell’inclusione made in Settimo: una lista d’attesa che non scorre, bambini che restano fuori, famiglie che pagano tutto, e chi entra, si becca anche il caldo.

La risposta più assurda?

“Stiamo cercando di ampliare il servizio e allo stesso tempo rendere le strutture più accoglienti”.

Come dire: stiamo costruendo il secondo piano ma non abbiamo ancora messo le fondamenta.

Le famiglie chiedono aria. L’amministrazione dà aria fritta.

C'è chi va oltre...: "Se chi governa questa città dovesse lasciare lì un proprio figlio, la climatizzazione sarebbe installata domani mattina...".

E invece ci si limita a mettere una toppa, anzi una ventola, e a parlare di “progetto raro in Piemonte”.

Raro sì, ma solo per quanto è imbarazzante.

E intanto il problema si allarga: non è più solo il caldo, è il silenzio. È l’indifferenza di chi amministra, di chi si offende se qualcuno alza la voce, di chi risponde con la solita fuffa “in stile istituzionale” a chi denuncia una realtà che grida vergogna. È l’atteggiamento da salotto, da comunicato-stampa, da “noi ascoltiamo tutti”, quando in realtà si ascoltano solo i complimenti.

Una cittadina dice bene tutto in una frase: “È per pochi eletti. Lo è sempre stato. Ma se lo dici, ti danno della pazza”.

E allora si tace. Si tiene dentro la frustrazione. Si sopporta il caldo. Si paga il privato. Si aspetta una chiamata che non arriva mai. E ogni tanto, quando proprio non se ne può più, si scrive un post su Facebook. 

Ma poi arriva la risposta ufficiale, e cala il gelo. Solo nelle intenzioni, ovviamente: il caldo resta. E con lui la sensazione di essere stati presi in giro, ancora una volta. Nessuna scusa, nessuna ammissione, nessun “abbiamo sbagliato, rimediamo subito”. Solo un lungo “bla bla bla” in cui le parole più importanti – rispetto, ascolto, urgenza – non compaiono mai.

A Settimo, i bambini con disabilità non hanno bisogno di promesse. Hanno bisogno di un ambiente vivibile. E mentre il Comune fa finta che basti un ventilatore, il caldo cresce. E anche la rabbia. 

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