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03 Luglio 2025 - 01:24
foto archivio
Non si sono fermati sotto le piogge battenti. Hanno continuato a consegnare sotto le nevicate, con il vento che taglia il volto e l’acqua che invade le strade. Non si sono arresi davanti al gelo, all’umidità, alle raffiche di tramontana. E oggi, nel cuore di un’estate che sa di deserti africani, continuano a pedalare. Schiene curve, occhi stretti dalla luce accecante, gambe che sprofondano sull’asfalto liquido, il sudore che cola a fiumi mentre le temperature toccano i 38, i 40, i 42 gradi. Lavorano così i rider delle piattaforme di food delivery. Invisibili ma indispensabili.
E proprio mentre il Piemonte, prima regione italiana, allarga l’ordinanza per la protezione dei lavoratori dal caldo anche a loro – a quei ragazzi e ragazze in bici o in scooter che consegnano cibo ogni giorno nelle nostre città – arriva la notizia che indigna. La Nidil-Cgil alza la voce: secondo il sindacato, Glovo avrebbe introdotto un sistema di “bonus” legato alle temperature. Più caldo fa, più si guadagna. Ma a quale prezzo?
La segnalazione è chiara. In questi giorni ai ciclofattorini sarebbe arrivata una comunicazione dell’azienda che promette incentivi in base ai gradi registrati: 2% in più tra i 32 e i 36 gradi, 4% tra i 36 e i 40, 8% sopra i 40. Peccato che questo significhi pochi centesimi a consegna. E soprattutto, dice il sindacato, trasmette un messaggio subdolo, pericoloso, quasi disumano: metti a rischio la tua salute e ti daremo qualche spicciolo in più. Ma nulla può valere più della vita, del benessere, della dignità.
La Nidil-Cgil ha scritto all’azienda, chiedendo di ritirare immediatamente quella comunicazione e chiarendo un principio che dovrebbe essere scolpito nella coscienza di ogni datore di lavoro: nessun compenso può giustificare il lavoro in condizioni di rischio estremo. In presenza di ondate di calore come quelle che stanno devastando il Paese, il servizio dovrebbe essere sospeso, non incentivato. Perché non si può barattare la sopravvivenza con una manciata di monete.
Dal fronte politico si levano prese di posizione decise. Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra hanno espresso la loro indignazione, parlando di una pratica inaccettabile, che va contro ogni principio di tutela del lavoro. I rider, ricordano, non sono automi. Sono persone. Sono vite.
Glovo ha replicato in serata, con una nota ufficiale. “Il modello di collaborazione garantisce la libertà di scelta ai rider, anche in condizioni climatiche difficili. Il bonus non è un incentivo ma una misura compensativa”, si legge. L’azienda dice di voler tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, confermando “la disponibilità a proseguire il dialogo all’interno del tavolo sindacale già attivo”. Ma basteranno queste parole? Basterà chiamare “libertà” una scelta tra il sudare e il non mangiare?
Intanto, in Piemonte, qualcosa si muove. Il presidente Alberto Cirio rivendica un primato: “Un anno fa siamo stati i primi a regolare le attività lavorative in caso di esposizione prolungata al sole e alle alte temperature. Ora siamo i primi a includere anche i rider”. Un passo in avanti, certamente. Ma il passo non è ancora abbastanza lungo.
“È un lavoro che si svolge nelle ore più calde – dice Cirio – soprattutto a pranzo, quando il sole picchia più forte. Per questo all’ordinanza si affiancano indicazioni operative: fornire acqua e sali minerali, abiti adeguati, turni flessibili, pause all’ombra”. Ma a chi tocca fornire tutto questo? E chi controlla che accada davvero? La realtà, racconta la Nidil-Cgil, è ben diversa.
Il sindacato chiede che l’ordinanza venga modificata ancora, che vengano inseriti esplicitamente anche i rider tra i soggetti tutelati, e soprattutto che in caso di caldo estremo il servizio venga sospeso, senza se e senza ma. Non si può più giocare sulla pelle di chi lavora.
E mentre in Piemonte si discute e si denuncia, a Firenze i rider hanno trovato un piccolo rifugio: si chiama Casa Ridered è molto più di uno spazio fisico. È un simbolo. Un luogo dove riposare, rinfrescarsi, sfuggire al caldo assassino. In via Palmieri, in pieno centro, c’è un posto climatizzato dove chi pedala tutto il giorno può sedersi, respirare, bere un bicchiere d’acqua, sentirsi, per una volta, accolto. È un esperimento di civiltà. Un gesto di rispetto.
Quello che serve oggi è proprio questo: rispetto. Per chi ogni giorno, senza tutele, senza contratto, senza ferie, senza malattia, porta il pranzo e la cena a casa nostra. Pedalano sotto il sole per pochi euro, e mentre noi mangiamo, loro sudano. Mentre noi ci lamentiamo del caldo, loro non hanno scelta.
Serve una legge. Serve un cambio di mentalità. Serve guardare in faccia questi lavoratori e dire loro che non sono soli, che non sono numeri. Che nessun bonus può valere il rischio di un colpo di calore. Che ogni vita ha un valore. Che ogni pedalata sotto 40 gradi è un atto estremo che non dovrebbe mai essere necessario.
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