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Lo Stiletto di Clio
02 Luglio 2025 - 18:54
Soldati in trincea
Il 24 maggio di centodieci anni or sono, dieci mesi dopo l’inizio delle ostilità in Europa, l’Italia precipitava nella Grande guerra. Allora non si prevedeva quali sacrifici e sofferenze ne sarebbero derivati. Anche se nessuno, per ragioni anagrafiche, ha esperienza diretta di quel lontano conflitto, nelle nostre comunità permangono forti i ricordidelle tribolazioni patite fra il 1915 e il 1918. Le lettere dal fronte, i canti dei soldati, le reminiscenze familiari, i diari, le tavolette ex voto nei santuari e nelle chiesette campestri, i parchi della rimembranza, le lapidi, le steli e i monumenti commemorativi sono simboli di una storia condivisa segnata da disagi, lutti, privazioni, angosce e persino silenzi.
A Settimo Torinese, come altrove, la terribile realtà del conflitto non tardò a manifestarsi in tutta la sua crudezza. L’elenco dei morti al fronte cominciò ad allungarsi inesorabilmente. Dopo pochi mesi dall’inizio delle ostilità, si svolse la prima commemorazione pubblica in onore dei caduti. Nelle chiese si pregava insistentemente per la salvezza dei soldati e per la pace.
Così appariva Settimo negli anni della Grande guerra
Cartolina propagandistica del Regio esercito italiano
In agosto, quale segno di «solidale e fraterno raccoglimento di volontà e di sacrificio» verso i militari «dalla patria chiamati sul confine per la sua maggiore grandezza», la giunta del sindaco Angelo Chiarle proibì il ballo pubblico e i consueti divertimenti in occasione della festa patronale. L’anno successivo il divieto sarà rinnovato solo parzialmente: la giunta riterrà opportuno concedere l’autorizzazione alle giostre meccaniche e alle altalene, ma la tassa di plateaticoverrà devoluta al Comitato di assistenza alle famiglie dei richiamati.
Il territorio comunale era attraversato dalla «rotta aviatoria» Torino-Pordenone. Settimo, infatti, si trovava lungo la direzione di volo seguita dai velivoli militari che dal capoluogo piemontese – dove erano situati gli stabilimenti di produzione – raggiungevano il fronte. Si legge in una carta dell’epoca: «Tale “rotta aviatoria” [...] è costituita da una serie di campi di atterramento distanti fra loro quali dieci quali venti chilometri, con dimensioni di metri trecento per cento, e su cui è tracciata una T di segnalazione mediante scoticamento del terreno e sovrapposizione di ghiaietta, sabbia e calce». Un campetto d’aviazione fu costruito d’urgenza nei terreni della cascina Pellegrina, non lontano dalla strada di Leinì. Una rarissima mappa con la «rotta aviatoria» fu esposta dieci anni or sono a Rovereto (Trento), nell’ambito della bella mostra «La guerra che verrà non è la prima, 1914-2014».
Per l’industria di Settimo Torinese, il conflitto rappresenterà una pesante battuta di arresto. Già nell’agosto 1914, mentre l’economia torinese attraversava una fase di ristagno e le principali aziende riducevano drasticamente l’orario di lavoro, il periodico socialista «Il Grido del Popolo» rilevò che le fabbriche di Settimo erano minacciate dalla crisi. In alcuni stabilimenti, le maestranze avevano ricevuto l’invito «ad aggiustarsi per occuparsi altrove», mentre alle «operaie più giovani» della tessitura Mina era stato suggerito di «fare le lavandaie». In settembre, il prefetto arrivò al punto di sollecitare l’autorità comunale affinché si ponesse mano alla sistemazione del selciato nel centro del paese, al solo scopo di fornire lavoro ai disoccupati.
Fra tutte le fabbriche di Settimo, solo la Schiapparelli (prodotti chimici e farmaceutici) e la Paramatti (vernici, colori e smalti) avranno modo d’incrementare la produzione. Particolarmente pesante sarà la crisi che investirà il settore tessile, al contrario di quanto accadrà in altre località, ad esempio nel Biellese, dove l’industria laniera riceverà lucrose commesse dall’esercito. Specializzate nella sola produzione di stoffe pregiate (velluti, broccati, damaschi, ecc.), le aziende settimesi si trovarono subito in gravi difficoltà. Tale circostanza contribuirà a contenere i sovrapprofitti di guerra degli imprenditori locali. A Settimo, infatti, al di là delle speculazioni politiche e delle voci incontrollate che circolavano allora, il fenomeno dei grandi profittatori di guerra – i cosiddetti «pescecani» – sarà limitatissimo per tutta la durata del conflitto.
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