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02 Luglio 2025 - 17:33
Gerry Mongiovì
C’è chi dice che i giovani di oggi siano distratti, apatici, senza valori. Che non rispettino le regole, che ignorino le istituzioni, che non abbiano idea di cosa significhi mettersi al servizio degli altri. E poi c’è chi, invece di piangersi addosso o puntare il dito, decide di scommettere su di loro. Di crederci ancora. Di spalancare le porte delle caserme, degli ospedali, delle centrali operative e dire: vieni a vedere, entra, vivi quello che noi viviamo ogni giorno.
È esattamente questo lo spirito di “Ragazzi on the Road”, un progetto tanto semplice quanto rivoluzionario: far salire a bordo ragazzi e ragazze dai 16 ai 20 anni e accompagnarli – letteralmente – sul campo, accanto a chi lavora ogni giorno per la sicurezza di tutti noi. Polizia, carabinieri, vigili del fuoco, 118, Croce Rossa, protezione civile. Non una lezione, non un convegno, non una teoria. Ma un’esperienza viva, cruda, reale.
La realtà, appunto. Quella che non concede scorciatoie, che non si può barare, che insegna meglio di qualunque libro. Perché quando ti trovi accanto a un vigile del fuoco che spegne un incendio, a un carabiniere che interviene in una lite familiare, a un soccorritore che cerca di strappare una vita alla morte, capisci davvero cosa vuol dire responsabilità. Cosa vuol dire servizio. Cosa vuol dire, finalmente, essere cittadini.
Il progetto, nato in Lombardia, è già una realtà consolidata in oltre 100 comuni: Bergamo, con ben 79 adesioni, ma anche Sondrio, Brescia, Varese, Milano, Monza Brianza, Cremona, Mantova, e poi fuori regione: Rimini, Venezia, Brindisi, fino a Verbania, unico presidio piemontese. A sostenerlo c’è anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ne ha riconosciuto ufficialmente il valore formativo. E non c’è da stupirsi. Perché “Ragazzi on the Road” non solo educa, ma ricostruisce. Ricuce quello strappo profondo tra giovani e istituzioni, tra regole e libertà, tra sicurezza e fiducia.
E a Settimo Torinese, dove non passa giorno senza che qualcuno segnali vandalismi, prepotenze, aggressioni, dove spesso le forze dell’ordine sono viste come un nemico e non come un presidio di comunità, un progetto del genere sarebbe una vera boccata d’ossigeno. Una rivoluzione culturale. Un’occasione concreta per insegnare, senza retorica, che lo Stato non è un’entità astratta ma un volto, una voce, una mano tesa.
A dirlo non è un pedagogista, ma chi la divisa l’ha indossata per una vita: Gerry Mongiovì, ex luogotenente dei Carabinieri, già comandante della Tenenza di Settimo. Uno che con i ragazzi ci ha lavorato sul serio, non nei salotti.
“Quando mi hai parlato di ‘Ragazzi on the Road’ ho sorriso”, racconta, “non perché non lo conoscessi, ma perché mi è subito venuto in mente il volto di tanti giovani allievi carabinieri che ho accompagnato nella loro crescita. So quanto conti affiancarli davvero, dargli fiducia, farli sentire parte di qualcosa di grande. È lì che avviene la svolta”.
Ma non è solo questione di regole. È questione di vita. “La forza di questo progetto è che i ragazzi non ascoltano soltanto: partecipano. Vivono accanto ai professionisti dell’emergenza, assorbono emozioni, vedono la fatica, l’adrenalina, la paura, la compassione. E scoprono un mondo che spesso gli viene raccontato solo come coercitivo, distante. Invece è fatto di persone, fragilità, scelte quotidiane. È lì che nasce l’empatia, ed è l’empatia il primo passo verso il rispetto”.
Perché rispettare qualcuno che non conosci è difficile. Ma rispettare chi hai visto sudare, soffrire, rischiare per gli altri... quello no. Quello ti cambia.
“Peccato non sia ancora attivo nella nostra provincia”, aggiunge Mongiovì. “Perché sarebbe un grande passo avanti. Per i ragazzi, certo, ma anche per le istituzioni. Accogliere un giovane dentro la propria realtà operativa è un atto di coraggio. Vuol dire esporsi, mostrarsi, fidarsi. Ma vuol dire anche rafforzare quel patto, oggi troppo fragile, tra cittadino e Stato”.
E lancia una proposta concreta: “Io lo porterei anche nelle scuole medie. Magari in forma più leggera, senza affiancamento diretto. Ma servirebbe già lì. Perché l’educazione civica, quella vera, quella fatta di esempi e non di slide, deve cominciare presto”.
Perché, in fondo, “Ragazzi on the Road” è questo: una possibilità. Una strada da percorrere insieme. Dove il giovane non è spettatore, ma protagonista. E dove lo Stato non è più solo l’autorità che punisce, ma la comunità che accompagna.
In tempi in cui sembra impossibile ricucire le fratture, servono iniziative che parlino un altro linguaggio: quello della fiducia. Della responsabilità condivisa. Del coraggio. E magari, proprio partendo da qui, da chi oggi viene etichettato come “problema”, possiamo scoprire che i ragazzi sono invece la nostra più grande risorsa. Basta crederci.
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